Il congedo di paternità a quattro giorni ha i giorni contati. Perché mentre Legge di Bilancio 2017 ha esteso per l’anno in corso il congedo obbligatorio remunerato, se l’attuale governo non deciderà di confermarla, la sperimentazione si concluderà entro la fine del 2018. Decretando l’annullamento di quel passo in avanti (anche se timido) compiuto in direzione di un riequilibrio dei compiti tra entrambi i genitori e di una conciliazione vita-lavoro, specialmente per le donne. Ecco perché nei giorni scorsi alcuni docenti e professionisti che da tempo si occupano di questo tema hanno promosso una petizione online chiedendo che il congedo di paternità obbligatorio sia reso strutturale.

La sperimentazione del 2018 – Il congedo (inizialmente di un giorno, poi di due), è stato introdotto nel 2013. La legge di Stabilità 2018 ha infine raddoppiato da 2 a 4 i giorni di congedo obbligatorio remunerato al 100 per cento. Si tratta, però, di una misura sperimentale. Quindi, in assenza di interventi normativi, si concluderà il prossimo 31 dicembre. Per evitare di fare passi indietro, un gruppo di docenti e professionisti che si occupano di politiche di famiglia ha lanciato una petizione online, che ha già raccolto oltre duemila firme.

La petizione online – Tra i primi firmatari Titti Di Salvo (presidente di Libertà e Diritti), Emmanuele Pavolini (Università di Macerata), Alessandro Rosina (Università Cattolica di Milano) e Riccarda Zezza (presidente di ‘Piano C’ e fondatrice della piattaforma digitale di apprendimento Maam – Maternity as a master). Chiedono al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ai presidenti di Camera e Senato, Roberto Fico e Maria Elisabetta Alberti Casellati e ai parlamentari di attivarsi affinché il congedo di paternità obbligatorio sia reso strutturale e venga aumentato a 10 giorni, così come previsto in molti altri Paesi europei.

L’appello – “In Italia nascono meno bambini di quanto le persone desiderino e meno di quanto sarebbe auspicabile per dare basi solide al futuro del nostro Paese, ormai in accentuato invecchiamento” scrivono i firmatari della petizione. Sono diverse le misure che sarebbe opportuno adottare per invertire questa tendenza “in modo che maternità e paternità siano scelte libere, né destino né rinuncia”. “Servono investimenti pubblici coerenti e a lungo termine – spiegano i firmatari – e serve l’effetto moltiplicatore dell’aumento della partecipazione delle donne al mercato del lavoro”. Non solo. “Serve destinare più risorse alla cura e alla crescita dei bambini – aggiungono – promuovere il lavoro dei giovani e delle giovani e, soprattutto, incentivare e sostenere la condivisione delle responsabilità familiari tra madri e padri”.

I numeri del congedo di paternità in Italia – Anche l’Ocse ha lanciato un messaggio chiaro in questa direzione: “Bisogna incoraggiare i padri a richiedere più permessi retribuiti per i figli”. Stando ai dati dell’Inps nel 2016, gli ultimi completi disponibili, i lavoratori tra i dipendenti del settore privato che sono stati almeno un giorno in congedo parentale sono 308.682 (+3,24%). Una crescita da attribuire principalmente proprio ai padri dato che la percentuale di uomini sul totale dei beneficiari è passata dall’11% del 2012 al 18,4% del 2016%. Nel 2016, infatti, i beneficiari di congedo obbligatorio di paternità sono stati 92.858 (+27,6%). Un valore ancora troppo basso, nonostante la crescita. Ed è proprio il mancato sfruttamento dei congedi parentali, insieme ad altri fattori (come la carenza di asili nido) – evidenzia annualmente l’Ispettorato nazionale del lavoro – tra le cause delle dimissioni di molte lavoratrici, che lasciano il lavoro per motivi legati alla cura della famiglia.

Il quadro europeo – Un problema che l’Italia condivide con altri Paesi europei. Ad aprile 2017 la Commissione Europea ha avanzato una proposta di direttiva in materia, proponendo una soglia minima pari a 10 giorni per il congedo di paternità, remunerato almeno al livello dell’indennità di malattia. Il tema non ha incontrato particolari resistenze in seno al Parlamento europeo, che a luglio scorso si è espresso in modo favorevole rispetto alla direttiva, pur avanzando richieste di modifica inerenti i congedi genitoriali e di cura. A proporre modifiche in relazione al congedo di paternità è stato, invece, il Consiglio che chiede di lasciare piena flessibilità agli stati membri nel definire sia la durata sia la compensazione economica. Le consultazioni tra Commissione, Consiglio e Parlamento sono iniziate nelle scorse settimane, mentre il voto è atteso per il 14 gennaio. C’è da sottolineare, però, che la direttiva segnerebbe una svolta nei Paesi (tra cui l’Italia) dove le regole sui congedi sono molto ristrette, mentre avrebbe un effetto limitato in altri Paesi dove le norme sono già oggi più vantaggiose di quanto non sia stato proposto a livello europeo. Una eterogeneità di sistemi che finora ha reso difficile un percorso normativo comune per i Paesi dell’Unione.

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