Partiti in cerca di un lavoro. Gli emigranti esistono anche in Italia. Vanno verso il nord del Paese, verso l’Europa, verso l’America. Lasciano la famiglia come a inizio Novecento, con una ideale “valigia di cartone”. Ecco alcune delle loro storie raccontate a valigiadicartone.ilfatto@gmail.com

Ho fatto la valigia, ho preso il necessario e sono partita. Oltre tredici ore di viaggio e cambiamenti vari per arrivare dalla mia Catanzaro a Milano, con la promessa della nuova vita, del nuovo mondo, della felicità. Delle grandi cose.

Ho lasciato mio marito dopo sei anni di matrimonio, lui era tutto, ma ho creduto che quel tutto non fosse abbastanza. Mi ero illusa che quei settecento euro in più in busta paga fossero la chiave della felicità, del successo.

Oggi vivo in centro, non molto lontano dal Duomo. Se fossi credente invocherei le mie suppliche alla Madonna, di farmi tornare indietro, di ridarmi quello che non è più. Una mia amica mi dice di non essere triste, dice che sono realizzata. Ho appena letto il libro di Fiore su Cioran, a quanto pare quest’ultimo scriveva: “Ho orrore di tutte le persone che si sono realizzate”.

E io oggi ho orrore di me stessa.

Lettera firmata

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