C’è uno che dice le cose sbagliate e le fa; e c’è uno che dice le cose giuste, ma poi non le fa. Evoca ricordi e suscita paure, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, che, nelle sue prime battute, propone i discorsi dei presidenti americano Donald Trump e francese Emmanuel Macron.

Provocatoriamente, Donald Trump sceglie il tempio del multilateralismo per diffondere il suo “manifesto del sovranismo”: Sovranisti di tutto il mondo (dis)unitevi!, chiusi dentro i muri eretti a protezione delle Nazioni, determinati a dire no a globalismo e a integrazioni regionali o trasversali. Ciascuno per sé e gli Stati Uniti, che sono i più forti, su tutti.

Macron gli risponde facendo l’elogio del multilateralismo, della cooperazione, dell’integrazione: roba da alzarsi dallo scranno da delegato per andare ad abbracciarlo, non fosse che, in quelle stesse ore, la Francia traccheggia con i migranti dell’Aquarius nel Mediterraneo. L’americano parla con un distacco affettato, dove c’è tutta la sua spocchia. Il francese ci mette foga e passione: gli applausi dell’Assemblea lo gratificano.

Invece, come se tutti i delegati fossero indiani metropolitani degli anni Settanta, Trump viene beffardamente sommerso da una contagiosa risata, proprio in apertura, quando sta incensandosi d’elogi iperbolici. Il presidente parlava per la seconda volta al Palazzo di vetro: l’anno scorso, furono strali e minacce; quest’anno, pure – contro l’Iran, soprattutto, ma ce n’è per Venezuela, Cina, Germania, mentre Europa e Russia non sono neppure degne di citazione.

Il motivo conduttore di questa sessione si delinea subito essere il confronto fra sovranismi ed autoritarismi, da una parte – Trump, Erdogan, al-Sisi e compagnia bella – e multilateralismi e democrazie vecchio stampo. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte cerca di collocare, educatamente, l’Italia in mezzo, dove, in questo caso, non sta la virtù, ma inclina a strizzare l’occhio alle fanfaronate populiste.

La risata che diventa la colonna sonora del discorso di Trump, mai interrotto da applausi, ricorda, agli italiani, i sorrisini di compatimento complici di Nicolas Sarkozy e Angela Merkel nei confronti di Silvio Berlusconi, poco prima della spallata al governo del novembre 2011. Ma lì erano i potenti che irridevano il partner in difficoltà. All’Onu, sono stati i paria del mondo a ridere del potente.

La contrapposizione dei discorsi di Trump e Macron ha piuttosto evocato un’altra scena: febbraio 2003, il segretario di Stato Usa Colin Powell presenta al Consiglio di Sicurezza in seduta allargata le prove che l’Iraq possiede armi di distruzione di massa e va fermato prima che le usi – Powell parla in un silenzio di gelo -; poi, il ministro degli Esteri francese Dominique de Villepin interviene in difesa della pace e il suo discorso è ritmato da applausi scroscianti. Un mese dopo, l’invasione dell’Iraq sprofondava il mondo in un conflitto ingiusto – le armi di distruzione di massa non c’erano – le cui conseguenze stiamo ancora subendo. Speriamo che l’esito, questa volta, sia diverso.

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