Per anni il medico ha militato nel centrodestra nel comune di Reggio Calabria (ai tempi del sindaco Giuseppe Scopelliti) e nel 2014 transitato nel centrosinistra che lo ha candidato nella lista "Oliverio Presidente": la Direzione distrettuale antimafia lo accusa di corruzione elettorale
Non è il sindaco di Delinunova Francesco Rossi l’unico politico coinvolto nell’inchiesta “Iris” che ieri ha portato all’arresto di 18 persone ritenute vicine alla cosca Alvaro di Sinopoli. Con l’accusa di corruzione elettorale, la Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria ha iscritto nel registro degli indagati Vincenzo Nociti, un medico che per anni ha militato nel centrodestra da consigliere comunale a Reggio Calabria (ai tempi del sindaco Giuseppe Scopelliti) e nel 2014 transitato nel centrosinistra che lo ha candidato alle regionali nella lista “Oliverio Presidente”.
All’epoca, ai microfoni de IlFattoquotidiano.it, Nociti aveva spiegato il suo cambio di casacca sostenendo che “la sua storia politica parte dalle radici della Democrazia Cristiana. Sono passato con Mario Oliverio (e quindi con il centrosinistra targato Pd, ndr) per fare politica. Non vedi che qua non c’è più niente? Sono tutte bande. Io sono stato con me stesso sempre. Dimmi tu la differenza tra Ncd e Forza Italia? La differenza tra il Pd e un altro Pd che vanno a fare? Squadre di calcio sono. Sono delle magliette che uno si mette e si toglie. Si è perso il senso etico della politica”.
La storia, rileggendo le carte dell’inchiesta Iris, sarebbe andata diversamente. La maglietta che Vincenzo Nociti stava indossando in quella campagna elettorale non sarebbe stata solo quella della lista “Oliverio Presidente” ma anche quella della famiglia di ‘ndrangheta di Sinopoli.
Nel decreto di fermo, notificato agli indagati arrestati nell’operazione “Iris”, infatti, i pm scrivono che “la cosca Alvaro sostenne alle elezioni regionali del 2014 la candidatura di Vincenzo Nociti”.
Gli inquirenti parlano di un “incontro segreto” avvenuto prima delle consultazioni elettorali tra i maggiorenti “della famiglia mafiosa Alvaro” e il candidato Nociti presso l’abitazione di Rocco Surace, il suo “gancio” con la cosca.
“In quella sede – si legge nel fermo – si concretizzò un accordo elettorale con cui gli Alvaro ottennero la promessa di vantaggi da parte del candidato alla carica di consigliere regionale, in cambio dell’impegno a procurare voti e consensi elettorali. Fu stilato infatti tra i Nociti e gli Alvaro un accordo illecito funzionale lo scambio tra utilità corrisposte dei candidati e sostegno offerto dalla famiglia mafiosa nella specifica campagna elettorale del 2014”.
Per il procuratore Giovanni Bombardieri, l’aggiunto Gaetano Paci e il sostituto Giulia Pantano, alla base del sostegno elettorale concordato c’era “un accordo del tipo ‘do ut des’ tra politico e cosca”. Questo emerge chiaramente da una frase di Raffaele Alvaro registrata dai carabinieri: “Però tu devi capire pure a me, io capisco a te e tu mi devi capire a me”.
Dalle intercettazioni registrate dai carabinieri, inoltre, è emerso “un incredibile spaccato delle macchinazioni che erano state messe in atto delle elezioni regionali del 2014. È evidente come già in periodo delle pre-elettorale i vari candidati avessero definito la spartizione dei ruoli ancora prima di essere eletti e quindi garantivano agli ‘elettori’ appoggi nei vari settori di interesse”. Ecco perché la cosca Alvaro “non concentrava i propri voti su un unico candidato, ma spartiva in modo omogeneo i voti per avere maggiori agganci con politici”.
Nociti era a disposizione della cosca ancora prima di essere eletto. Si era dimostrato disponibile, infatti, già durante la campagna elettorale in occasione del ricovero per una grave malattia che proprio in quelle settimane era stata diagnosticata ad Antonio Alvaro detto ‘Catella’. Il suo contatto con la cosca gli chiese di informarsi, “nella qualità di medico, con altri colleghi che si occupavano del caso clinico”. E lui lo fece senza battere ciglio telefonando nel reparto dove il parente dei boss era ricoverato. Per i pm, “escluse regioni amichevoli o legate a pregressa conoscenza in relazione alla sua attività di lavoro, il candidato Nociti mostrava un’attenzione ingiustificata e ingiustificabile verso un componente degli Alvaro. L’unica finalità del gesto era quella di fare sapere al sodalizio mafioso che ancor prima del voto era già in atto la ‘sua vicinanza’ e disponibilità verso la ’ndrangheta”.
Le elezioni per Nociti andarono male perché non fu eletto. Nel comprensorio sotto l’egida degli Alvaro ha incassato 88 voti su un totale di quasi 1900 in tutta la provincia. “Comunque – scrivono i pm – un buon risultato per un soggetto non originario della zona”.
Il suo gancio con la cosca Alvaro ha cercato di consolarlo addossando la colpa all’astensionismo e alla concorrenza degli altri candidati che sono riusciti anche loro a rastrellare voti a Sinopoli. “Vedi pure le persone che ti dovevano portare che non ti hanno votato neanche nelle sezioni dove sono… bello mio purtroppo c’è stato oltre all’astensionismo, ci sono stati un casino che sono entrati tutti, tutti… Qua c’è guarda Pedà (attuale consigliere regionale, ndr) che ha preso quattrocento voti ma questo qua praticamente ha messo in campo più di ventimila euro a Palmi Pedà… eee tutti se li sono comprati, Stocco e Stocco (D’Agostino Francesco che è un altro consigliere regionale, ndr) i voti se li sono comprati, Enzo”.