La candidatura dell'ex inviato del "Giornale" passa con i voti di Lega, M5s, Fratelli d'Italia e quelli decisivi di Forza Italia (anche se nel voto segreto si perdono tre preferenze). Il Pd: "Così Fi entra in maggioranza". Liberi e Uguali: "Ancora le mani di Berlusconi sulla tv di Stato con silenzio-assenso di chi voleva liberarla dal conflitto d'interesse". L'Usigrai: "Dice di avere un mandato dal governo? E' contro la legge"
Marcello Foa è il nuovo presidente della Rai. La commissione parlamentare di Vigilanza ha dato parere favorevole alla nomina dell’inviato del Giornale. I voti favorevoli sono stati 27, 3 i contrari, una scheda nulla e una bianca (che come da prassi è del presidente della commissione Alberto Barachini di Forza Italia). Hanno votato 32 componenti della bicamerale su 40, perché il gruppo del Pd non ha partecipato per protesta. Alla maggioranza qualificata sono mancati 3 voti, ma è stato raggiunto lo stesso il quorum di due terzi previsto dalla legge per rendere efficace la nomina indicata dal consiglio d’amministrazione di viale Mazzini. A favore hanno votato Lega, Movimento Cinque Stelle, Forza Italia e Fratelli d’Italia. Contrari i parlamentari di Liberi e Uguali. Il nome di Foa era stato bocciato in un primo tempo, il primo d’agosto: in quel caso era stato decisivo proprio il no di Forza Italia che aveva lamentato soprattutto il metodo “impositivo” del nome di Foa. Ora la posizione degli azzurri è cambiata. Ufficialmente grazie all’audizione di Foa in commissione, avvenuta oggi, durante la quale il giornalista ha assicurato di voler assolvere il compito come “garante del pluralismo dell’informazione”. Ma naturalmente a pesare è stato anche il nuovo patto di Arcore tra Matteo Salvini e Silvio Berlusconi che, assicurano i parlamentari berlusconiani, “non c’entra niente”. D’altra parte, anche se non ha avuto un significato diretto sulla tenuta dell’accordo, si può ricordare che tre protagonisti della giornata sono tutti ex dipendenti delle aziende di Silvio Berlusconi. Foa è stato ai vertici del Giornale, il capogruppo di Forza Italia Giorgio Mulè ha diretto sia Panorama sia Studio Aperto, mentre il presidente della commissione Alberto Barachini è stato caporedattore del Tg4 e del TgCom. Esulta il ministro per lo Sviluppo Luigi Di Maio: “Tanti auguri al nuovo presidente della Rai Marcello Foa! – twitta – Lo aspetta un compito non facile, ma sono sicuro che sarà all’altezza. Anche in Rai tornerà la meritocrazia! Sembrava impossibile, ma siamo già sulla buona strada”. Più sintetico l’altro vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini: “Buon lavoro presidente!”.
Buon lavoro Presidente! pic.twitter.com/X9WG3vslbe
— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) September 26, 2018
Tanti auguri al nuovo presidente della RAI @MarcelloFoa! Lo aspetta un compito non facile, ma sono sicuro che sarà all’altezza. Anche in RAI tornerà la meritocrazia! Sembrava impossibile, ma siamo già sulla buona strada.
— Luigi Di Maio (@luigidimaio) September 26, 2018
L’ombra lunga di Berlusconi sull’elezione di Foa alza la palla alle opposizioni di centrosinistra. “Al di là delle chiacchiere il voto di oggi su Foa sancisce sostanzialmente per Forza Italia, in una sola mossa, l’ingresso nella maggioranza, la definitiva subalternità a Salvini e la complicità politica con il M5s” twitta Roberto Giachetti, Pd. “Hanno trovato l’accordo, dopo la cena fra Salvini e Berlusconi – afferma Nicola Fratoianni, di Liberi e Uguali – Forza Italia ha votato con M5s e Lega per Foa presidente della Rai, ovvero le mani di Berlusconi sulla tv di Stato. Nessuna novità. La vera novità è il silenzio-assenso di quelli che dovevano liberare la Rai dalle lottizzazioni e dai conflitti di interesse…”.
Il voto (a scrutinio segreto) ha anche avuto una piccola coda polemica sulle procedure. “Se è vero, come mi è stato riferito da alcuni colleghi presenti, che la votazione per Foa è stata taroccata con due voti nulli trasformati in voti favorevoli, saremmo di fronte ad un caso gravissimo” denuncia Michele Anzaldi che chiede una verifica. “Foa – chiarisce Anzaldi – per essere eletto deve aver ricevuto 27 schede che riportano ‘Sì’ e non altro”. Il presidente Barachini, tuttavia, risponde che “l’indicazione di voto era chiara”. Secondo quanto si è potuto ricostruire infatti sulle schede segnalate da Anzaldi ci sarebbe stato scritto il nome di Foa, ma ci sarebbe stata anche la croce sul “Sì“. Il Pd – con il capogruppo Andrea Marcucci – ha comunque chiesto “formalmente al presidente della Vigilanza Barachini l’accesso agli atti. Ci risulterebbero 27 voti a favore di Marcello Foa, ovvero il quorum minimo per confermare il presidente della Rai, ma con due schede riconoscibili e quindi nullo. In questo caso, il voto della Vigilanza andrebbe considerato privo di effetti “.
Foa in commissione ha letto una relazione e ha risposto alle domande dei parlamentari, in particolare quelli del centrosinistra. Il presidente in pectore per certi versi ha chiarito di assumere l’incarico con un mandato “non politico ma professionale” e per altri ha rivendicato la sua formazione da “liberale di cultura antica, della scuola di Montanelli” e quindi ha assicurato che sarà “garante del pluralismo“. “Sui vari temi Foa mi ha rassicurato rispetto a una funzione che sarà di garanzia del pluralismo informativo – ha spiegato subito il capogruppo azzurro in commissione Giorgio Mulè – e quindi del compito che spetta al presidente della Rai. Forte di questo, l’orientamento è quindi di votare la sua nomina”. Rispetto al primo voto della commissione “è cambiato moltissimo, sono cambiati il metodo e il merito. Nel metodo c’è stato un percorso condiviso rispetto all’indicazione di Foa. Nel merito l’audizione ha permesso ai commissari di formarsi un’opinione autentica e vera” sottolinea Mulè.
“Il mandato che ho ricevuto dal governo – ha detto Foa durante l’audizione – non è politico, ma professionale“, “fa appello al mio percorso professionale, e io intendo onorarlo in nome dei valori del giornalismo”. Ma proprio questa frase ha suscitato più di una critica e di una polemica. A partire dal sindacato interno della Rai. Il problema è la parola “mandato” legata a quella del governo, laddove la nomina formalmente dovrebbe essere indipendente dall’esecutivo e infatti è espressa dal cda (che però a sua volta è espresso da forze politiche si esprimono in dinamiche di maggioranza e opposizione. Per l’Usigrai, però, quella di Foa è “una dichiarazione grave che chiarisce in maniera ufficiale e definitiva che la sua indicazione alla presidenza della Rai arriva direttamente dal governo. Un fatto che è palesemente contro la legge“. “Il governo – afferma il sindacato dei giornalisti Rai in una nota – non deve avere alcun ruolo nella scelta del presidente, non deve interferire in alcun modo. Perché è una scelta nella esclusiva titolarità del consiglio di amministrazione, con la vigilanza parlamentare attraverso il voto con quorum qualificato”.
Il Pd, scontato il risultato, ha deciso di non partecipare al voto. “Foa – scrivono in una nota i senatori Davide Faraone, Salvatore Margiotta e Francesco Verducci – uno che ha insultato il presidente della Repubblica, è la figura più lontana da quei criteri di equilibrio, credibilità e professionalità che servono a guidare il servizio pubblico, la più grande azienda culturale del Paese”. Cosa c’entra Mattarella? Lo spiegano i commissari di Liberi e Uguali, che voterà contro Foa: “Non possiamo dare la nostra fiducia a chi ha rilanciato tweet del leader di CasaPound, Simone di Stefano, in cui il Presidente della Repubblica viene definito blasfemo, ignobile, anticostituzionale. Foa non è un presidente di garanzia“.
I deputati e i senatori delle forze d’opposizione di centrosinistra (oltre a quelli del Pd anche quelli di Liberi e Uguali) in commissione si sono scagliati frontalmente contro il presidente in pectore. “Foa – ha detto tra gli altri Faraone – lei non può dirigere la Rai perché ha dimostrato di non essere imparziale. In tutte le sedi faremo valere la legge che lei ha dimostrato di non saper rispettare”. “Lei – ha continuato Faraone, rivolto a Foa – ha omesso il fatto di aver spacciato come vere delle bufale. Lei ha diffuso un articolo contro il nepotismo: suo figlio lavora per Salvini, questo è un altro fatto per cui lei non può fare il presidente della Rai”.
Dal canto suo durante nella sua relazione Foa ha ribadito a più riprese che il suo profilo non è di natura politica, ma solo professionale. “Non ho mai militato in un partito, né prese tessere – assicura Foa – né cercato appoggi politici per fare carriera. Sono stato sempre coerente con me stesso, cercando di fare con umiltà il mio mestiere in base agli insegnamenti dei maestri, da Montanelli e Cervi“. Montanelli sarà un nome che tornerà presto durante la sua audizione. Nella sua relazione in commissione, in cui ha ripercorso tutta la sua carriera professionale, Foa si è definito “un liberale di cultura antica, della scuola di Montanelli. Ritengo molto importante difendere la qualità dell’informazione”. A questo proposito ha citato “il caso di Ferruccio de Bortoli: quando lasciò il Corriere della Sera, in circostanze non facili, con la clausola che gli impediva di collaborare con altre testate italiane per un anno, non esitai a offrirgli una collaborazione con il Corriere del Ticino“.
L’obiettivo da presidente, dice Foa, è “far crescere la Rai, sviluppare un’informazione corretta, oggettiva, premiare la professionalità e la meritocrazia, promuovere e ampliare la straordinaria missione culturale della Rai: obiettivo che condivido con l’ad Fabrizio Salini che ho avuto modo di apprezzare per rigore morale, professionalità e serietà”. “So bene – aggiunge Foa – che il ruolo di presidente è diverso da quello di ad: non mi permetterò di andare oltre le mie competenze, al mandato di presidente mi atterrò scrupolosamente”. Quanto al futuro, “la Rai è memoria storica, ma dispone delle risorse, della professionalità e consapevolezza per contribuire da protagonista all’alfabetizzazione digitale del paese”. “Io sogno una Rai che venga apprezzata dal grande pubblico, quello sopra i 50 anni – ha aggiunto – ma anche dai più giovani. Voglio una Rai di cui essere fieri, per indipendenza, oggettività, trasparenza, ricchezza dell’offerta informativa e culturale. Una Rai che sia di tutti i cittadini italiani”. Che recuperi, ha sottolineato, il terreno perso sul web.
Un’audizione che ha convinto ancora di più il M5s. Le opinioni, ha spiegato il senatore Primo Di Nicola, “restano tali e la libertà di opinione è un bene prezioso che ci dobbiamo riconoscere in ogni sede. Pur non essendo d’accordo con tutto quello che Foa ha scritto e divulgato negli anni, voglio ricordare a tutti che Foa non è venuto in commissione per essere ascoltato o giudicato come giornalista o operatore culturale, ma come presidente della Rai, un ruolo apicale per cui il suo profilo di indipendenza non potrà che giovare al servizio pubblico”. Gli fa eco Gianluigi Paragone, che in commissione è capogruppo: “Dopo le domande bizzarre che hanno rivolto a Foa – dice riferendosi al Pd – mi verrebbe da chiedere se abolirà i sommari dai tg, se metterà lo sport in apertura e se pensa di scambiare la fascia serale con quella pomeridiana e viceversa… Domande assurde come alcune tra quelle che abbiamo ascoltato oggi perché Foa non sarà né un direttore di testata né di rete. M avrebbe messo in imbarazzo se come Campo Dall’Orto avesse presentato alla Leopolda o in altre kermesse politiche la sua visione della Rai o se come la Maggioni diventasse componente e poi presidente del Trilateral Italia. Cosa che mi pare non abbia imbarazzato nessuno pur essendoci un palese conflitto di interessi”.