Il Novecento: un secolo contraddittorio e problematico. Non ha lesinato guerre né barbarie; ma ha prodotto scoperte scientifiche e mediche inaudite, e creazioni artistiche e intellettuali altissime – filosofia, letteratura, musica, arti visive – nonché, ovviamente, il cinema, arte squisitamente novecentesca. Nel secolo scorso, insomma, come sempre avviene, il genere umano ha toccato abissi terrificanti e vette celesti. Quanto alla musica – non solo la classica – la produzione è stata tanto copiosa quanto multiforme, e a conti fatti di una qualità media assai alta. È dunque un’impresa difficile tracciarne la storia, data la grande varietà di forme generi ambienti.
È uscito da poco un libro coraggioso, rifacimento di una versione più contenuta risalente al 2006, che tratta uno spicchio abbondante della produzione musicale novecentesca. Autore è Piero Mioli, già docente di Storia della musica nel Conservatorio “G.B. Martini” di Bologna, presidente della Cappella dei Servi e collaboratore dell’Istituto di Studi verdiani di Parma. Il volume ha per titolo L’Opera italiana del Novecento (Merone, Manzoni 2018): ripercorre la storia e analizza i tanti aspetti di un genere – il melodramma – che continua ad affascinare le platee, a tutte le età. Nella “premessa” Mioli dettaglia gli avvenimenti che nel corso del secolo passato hanno mutato tanto la produzione quanto la recezione del melodramma, in primis i mezzi di comunicazione di massa. Passa in rassegna i teatri di tradizione, ne illustra l’organizzazione, la trasformazione in Enti lirici – con i tratti positivi e negativi – e infine in Fondazioni di diritto privato. Beninteso contempla i cantieri creativi del Maggio musicale fiorentino, del Teatro delle novità di Bergamo, della Biennale di Venezia, del Festival dei Due mondi di Spoleto. Sull’apporto della Rai (come radio e come televisione) offre squarci critici di natura politica e inquadra le situazioni che si sono via via succedute.
Il seguito del ricco volume (765 pp.) è dedicato ai compositori, da Puccini a Mascagni ad Alfano, giù giù fino a Malipiero, Casella, Petrassi, Dallapiccola, Maderna, Togni, Berio, Bussotti, Sciarrino, Battistelli, Guarnieri. È una carrellata lodevole: sono infatti piuttosto poche le opere del secolo scorso entrate stabilmente in repertorio e collocabili in quadri d’insieme coerenti. Occorre perciò riferirsi ai singoli artisti, e osservarne le molte e diversissime composizioni. Il quadro, assai articolato, dedica uno sguardo attento a librettistica, discografia, esecutori, carteggi. Libro d’orientamento, molto utile per studiosi e melomani.
Da molti anni gli italianisti manifestano interesse per il libretto d’opera, campo abbondantemente arato anche dai musicologi, che ne indagano, tra l’altro, le implicazioni filologiche e il rapporto con le fonti letterarie. Nel manuale La lingua dell’opera lirica (Bologna, il Mulino 2017) due egregi storici della lingua, Ilaria Bonomi ed Edoardo Buroni, docenti nell’Università di Milano, affrontano le problematiche di questo genere di letteratura “di consumo” dal Sei al Novecento, tanto sul piano della drammaturgia quanto su quello, spinoso ma rivelatore, dell’assetto linguistico.
Il capitolo introduttivo tratta in termini generali il rapporto che intercorre fra musica e poesia, due sistemi strettamente congiunti che, unitamente alla scena, concorrono alla creazione di un’opera lirica (Bonomi e Buroni considerano anche la vicenda dei termini ‘opera’ e ‘melodramma’). Gli autori sottolineano il cambiamento cui il libretto va incontro nell’arco dei secoli: testo letterario di qualità, da apprezzare anche autonomamente nel Sei e nel Settecento; testo, magari di buona fattura, nell’Ottocento, ma da leggere prima o durante lo spettacolo, e la cui funzione primaria è di distribuire in maniera teatralmente efficace la materia drammatica trattata. Su questo sfondo esaminano per campioni le creazioni di librettisti di peso: Ottavio Rinuccini, Giovan Francesco Busenello e Giacinto Andrea Cicognini nel Seicento; Metastasio, Goldoni e Da Ponte nel Sette; Felice Romani, Francesco Maria Piave, Salvadore Cammarano, Arrigo Boito, Luigi Illica, Giuseppe Giacosa nell’Ottocento, fino all’eclettismo imperante nel teatro musicale del Novecento.
Nella seconda parte il volume offre un’antologia di stralci librettistici commentati, utilissima per accostarsi ad un dettato talvolta ostico e per cogliere l’evoluzione della lingua: la quale, va ricordato, non è mai disgiunta dall’evoluzione del pensiero e dai mutamenti sociali. Dotto e ben documentato, questo libro è importante anche ai fini della didattica, e non soltanto universitaria.