Cinema

Museo, l’imperdibile rapina del secolo a Città del Messico con Gael Garcia Bernal in stato di grazia

Cuore pulsante del discorso la rapina macigno, sacralità della storia e inevitabilità delle regole, casuale incrocio di destini per due risoluti e sgangherati ladri alla “soliti ignoti” con padri ingombranti. Fondali naturalistici mozzafiato, sia dentro che fuori città

di Davide Turrini

Segnatevi sul calendario 31 ottobre 2018. È il giorno in cui nei cinema italiani esce Museo – Folle rapina a Città del Messico. Un film diretto dal promettente quarantenne Alonso Ruizpalacios (Gueros nel 2014 fu una felicissima sorpresa) e interpretato in chiave volontariamente antidivistica da Gael Garcia Bernal. Museo non è altro che un giocoso buddy movie con una serissima (e storicamente verissima) rapina del secolo a fluttuare come spettro autoritario al centro dello schermo.

Vigilia di Natale 1985 , distretto di Satelite a Città del Messico. Juan Nuñez (Bernal) e Benjamín Wilson, ragazzotti over 30, scuola veterinaria ancora da finire, Space Invaders in tv, e un attaccamento fin troppo eccessivo agli agi del vivere in famiglia, decidono definitivamente di agire. Approfittando della scarsa vigilanza e attenzione museale durante la chiusura per le feste, progettano la più incredibile rapina di reperti archeologici della storia museale del Centro America. 145 statue e statuine dell’era precolombiana rubate nottetempo dal Museo Nazionale di Antropologia del Messico. Piano riuscito ma bislacco. Darsi alla fuga è d’obbligo. Juan e Benjamin per smerciare tesori preziosissimi che nessuno vuole acquistare si ritroveranno ai piedi delle rovine del tempio maya di Palenque e ancora ad Acapulco Bay. Non possiamo raccontarvi il finale, ma il film di Ruizpalacios è così maturo e godibile che arrivare in fondo alle due ore e cinque di durata è semplicemente un piacere. Influenzato da tanto cinema messicano contemporaneo (i campi lunghi e le “sospensioni” temporali da voce fuori campo alla Reygadas ci sono tutte), Museo – premiato al Festival di Berlino – ha un andamento lento e soffuso, tra profondità di campo e dettagli infinitesimali, frontalità dei primi piani e ralenti del tempo che fu, sintetizzati da una sintassi cinematografica eloquente.

Cuore pulsante del discorso la rapina macigno, sacralità della storia e inevitabilità delle regole, casuale incrocio di destini per due risoluti e sgangherati ladri alla “soliti ignoti” con padri ingombranti. Fondali naturalistici mozzafiato, sia dentro che fuori città. Bernal in stato di grazia si fa dare dieci anni di meno e conquista il cuore dello spettatore. Girato in 35mm. Ruizpalacios, che ha detto di ispirarsi a Truffaut ha affermato: “Non possiamo capire le motivazioni delle persone nella storia. Possiamo solo immaginarle dalle loro azioni”.

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