Hamil Mehdi era stato arrestato dalla Dda nel gennaio 2016 a Luzzi, in provincia di Cosenza, dove viveva con la famiglia. Stando alle indagini del procuratore Gratteri e del pm Paolo Petrolo, l’imputato era in procinto di unirsi alle milizie del Califfato
È stato condannato anche in secondo grado Hamil Mehdi, il ventisettenne marocchino accusato di autoaddestramento ai fini di terrorismo internazionale. La Corte d’Appello di Catanzaro ha così confermato la decisione del gup che l’anno scorso in primo grado lo aveva condannato a 4 anni e 6 mesi di carcere.
Mehdi era stato arrestato dalla Dda nel gennaio 2016 a Luzzi, in provincia di Cosenza, dove viveva con la famiglia. In realtà, stando alle indagini del procuratore Gratteri e del pm Paolo Petrolo, l’imputato era un aspirante foreign fighter, in procinto di unirsi alle milizie del Califfato. Il marocchino, infatti, voleva andare in Siria e in Iraq ma prima era solito autoaddestrarsi per il combattimento e mantenere contatti telefonici con esponenti dell’organizzazione terroristica dello Stato islamico.
Nella sentenza del Tribunale del Riesame, che poche settimane dopo l’arresto aveva confermato la misura cautelare, c’è scritto che Mehdi era “entrato in Italia dalla frontiera di Fiumicino, aveva chiesto ed ottenuto un permesso di soggiorno, rilasciato il 17 giugno 2005 per ricongiungimento ai propri familiari residenti a Luzzi. Concreti elementi deponevano per la concreta possibilità che Hamil Mehdi potesse essere partito alla volta della Siria con l’intenzione di combattere a fianco dei guerriglieri dell’Is”.
Prima di essere fermato, Mehdi era finito già da sei mesi nel mirino della Digos e del Servizio centrale antiterrorismo. Erano stati allertati nel luglio 2015, quando il marocchino era stato bloccato a Istanbul con uno zaino in cui le autorità turche avevano trovato un paio di pantaloni militari, un tappetino per la preghiera e un libro sui comportamenti del buon musulmano che vuole rispettare il Corano. Oltre a questo, il giovane marocchino aveva 800 euro in contanti e due telefoni cellulari.
Nonostante avesse un biglietto di sola andata e il classico “bagaglio leggero” del presunto jihadista, la sua versione era stata che voleva raggiungere la capitale turca per 10 giorni a pregare in una moschea più grande. Rispedito a Fiumicino, analizzando il contenuto dei suoi due telefoni, la Dda di Catanzaro ha trovato gli elementi che poi hanno portato all’accusa di terrorismo. Dalla cronologia dei siti frequentati, gli inquirenti hanno verificato che Hamil Mehdi aveva visitato siti e pagine che riconducevano a siti e materiali di propaganda riferibili all’organizzazione terroristica del Califfato. Ma non solo: dai tabulati dei cellulari gli inquirenti hanno ricostruito i contatti di Hamil con soggetti vicini al terrorismo alcuni dei quali sentiti nelle ore in cui è stato fermato a Istanbul. Ricostruendo la rete delle utenze collegate, infine, è spuntato anche un numero belga che, a sua volta, era stata in contatto con Ayoub El Khazzani, l’attentatore arrestato sul treno Amsterdam-Parigi nell’agosto 2015.