Chissà se questa volta i “tecnici” diranno la verità a Di Maio &Co. Perché se davvero si vuole fare la lotta alla “grande evasione fiscale”, così come dichiarato dal governo, allora togliamoci la maschera e diciamo una volta per tutte dove si trovano i grandi patrimoni delle categorie “protette” tra cui, così come denunciato nel libro Io vi accuso (Chiarelettere), ci sono anche i rappresentanti del clero e la potente lobby dei commercianti cinesi. E soprattutto, senza filtri, chiariamo chi sono i complici! L’evasione fiscale sta nelle banche (anche) italiane ma non si vede.

Caro ministro Di Maio, chieda quindi ai suoi amatissimi (eufemismo) tecnici come fa una banca a coprire la grande evasione fiscale delle categorie “protette”? Offrendo un servizio chiamato «società fiduciaria», anche conosciuto come “intestazione fiduciaria”. Che cosa sono di preciso? Sono delle società, appunto, che ogni gruppo bancario ha al suo interno, che garantiscono l’anonimato nei confronti di terzi e quindi anche del fisco. Tu cliente puoi cedere il patrimonio e scomparire facendo perdere le tracce. Un conto «fantasma» intestato alla fiduciaria con un numero segreto inaccessibile a tutti.

«È quello che desiderano i nostri clienti. E noi siamo lo schermo tra il loro patrimonio e terzi. La prudenza con cui rilasciamo a nascondere a parenti, fornitori, Stato e quindi al fisco. Queste società di solito sono di diritto estero ma ne esistono anche di diritto italiano.

Ovviamente anche le “intestazioni fiduciarie” vengono vendute dagli istituti manipolando le informazioni (esattamente come per tutti gli altri prodotti spazzatura bancari): al cliente spesso si dice che questi siano inattaccabili. Ma è vero solo in parte perché un’indagine della magistratura può obbligare la banca a svelare i conti nascosti. Ai risparmiatori più facoltosi e con grossi capitali da far “sparire” vengono forniti dettagli parziali e fuorvianti, nello stile consolidato del sistema del credito. Anche questo ha alimentato un meccanismo malato in cui i capitali sommersi si sono moltiplicati.

Certo, perché le banche stesse vivono dei patrimoni delle evasioni e vi assicuro che nella mia precedente (e ventennale) esperienza di manager bancario non ho mai visto un conto di una fiduciaria essere attaccato da un magistrato o dalla Guardia di finanza. Ho visto bloccare conti corrente ufficiali, quelli visibili, quelli la cui identità del legittimo proprietario è palese, ma una fiduciaria mai. Perché? Partiamo da un assunto: se lo Stato attaccasse quei capitali con più costanza e decisione, essi migrerebbero all’estero. Si impoverirebbe, dunque, un assett determinante per la banca quale è quello della “raccolta”, un meccanismo di accumulo di denaro grazie al quale gli stessi istituti si reggono in piedi.

Forse sono proprio questi ultimi, la più potente lobby del paese, a impedire che si indaghi; forse sono le banche, che in Italia manovrano il sistema politico e quello dei controlli, a mettere il veto sulle fiduciarie. E finché persiste questa situazione sarà molto difficile fare chiarezza su certe falle che hanno contribuito al dissesto economico dello Stato. Nei conti fiduciari ci sono milioni e milioni di euro sommersi. Soldi che non si possono distrarre comprando una polizza assicurativa o un diamante (altri prodotti su cui far atterrare l’evasione fiscale e di cui ho ampiamente parlato in Io so e ho le prove).

La banca, mettendo a disposizione una intestazione fiduciaria, sicura e legale, guadagna assai di più che con i “normali” junk products: un buon motivo per non mutare il sistema e favorire i privilegiati. Una prova? Se il capitale è di cinque milioni, l’istituto prende una media di 15 mila euro all’anno per la sola gestione (quindi senza alcuna movimentazione delle disponibilità presenti).
Eurispes stima che in Italia ci siano 250-270 miliardi di euro frutto di evasione fiscale. È così difficile capire dove siano?

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