Lunedi 24 settembre il Consiglio dei ministri ha approvato all’unanimità il “Decreto Salvini”, un provvedimento che accorpa i due decreti su immigrazione e sicurezza. E’ stato presentato nel corso di una conferenza stampa, a margine della quale il ministro dell’Interno ha affermato: «L’obiettivo è chiudere tutti i campi rom entro la fine della legislatura». Dichiarazione apparentemente poco pertinente perché nulla viene scritto nel decreto ministeriale sui rom e sui campi rom. Probabilmente la dichiarazione va letta come un fissare una scala temporale di priorità: ora è toccato ai migranti, a breve sarà la volta dei rom.
In realtà esiste un trait d’union che lega il provvedimento salviniano e la “questione rom”, che si chiama: protezione umanitaria. Secondo quanto riportato nel decreto, scompare infatti dal Testo Unico del 1998 il termine “motivi umanitari” e, insieme ad esso, viene abrogato l’istituto del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Sino ad ora tale permesso era concesso a persone che avevano lasciato il loro Paese di origine per ragioni di carattere umanitario, perché vittime di situazioni di grave instabilità politica, di episodi di violenza e di mancato rispetto dei diritti umani. A norma di legge, veniva rilasciato dalla Questura senza tener conto della situazione politica o economica del Paese, quanto della storia personale dell’individuo e del suo livello di vulnerabilità. Per questo, in sempre più casi, potevano rientrare nei motivi di protezione umanitaria anche il diritto alla salute o il diritto all’istruzione.
Nella città di Roma centinaia di rom presenti nei sei “villaggi attrezzati” della Capitale hanno, come unico documento un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Avevamo registrato un’impennata della sua concessione quando nel Viminale sedeva Roberto Maroni: circa cinquemila rom furono censiti e portati in Questura di Roma. Qui, a molti di loro, venne concesso tale soggiorno che, rinnovato, resta negli anni l’unica carta che consente a centinaia di persone di non essere considerati “invisibili” e di avvalersi dei diritti minimi riconosciuti dalla Costituzione.
Cosa accadrà quindi negli insediamenti rom regolamentati dal Comune di Roma come diretta conseguenza del “Decreto Salvini”? Che un’importante fetta delle comunità rom presente nei “villaggi” perderà il diritto a permanervi perché in situazione di irregolarità amministrativa, vedendosi costretta ad allargare la fetta di popolazione considerata “senza fissa dimora”. Si assisterà anche ad una brusca interruzione di quei processi inclusivi che nel mondo del privato sociale vengono portati avanti per sostenere la fuoriuscita dal “campi”. Nel “campo” La Barbuta”, ad esempio, sono almeno una cinquantina le persone oggi provviste del documento per protezione umanitaria che, in mancanza di un rinnovo, verranno escluse dalle azioni inclusive organizzate dalla Croce Rossa per il superamento dell’insediamento come voluto dalla Giunta Raggi.
E’ lampante come il ministro Salvini non stia lavorando sull’emergenza – che i numeri ci confermano non esserci – ma sulla creazione di una condizione emergenziale dove continuare a pompare consenso. Sanno tutti che comprimere i diritti, arrivando a strappare di mano un documento, l’unico documento, significa far cadere una persona nell’invisibilità, nella precarietà, nella necessità di organizzare strategie di sopravvivenza che probabilmente andranno oltre i confini della legalità.
Dai centri di accoglienza e dai campi rom, nei prossimi mesi, usciranno persone che avranno cessato di esistere agli occhi dello Stato, per finire sulla strada, alimentare l’insicurezza e soprattutto la nostra percezione che gli stranieri e i rom sono tanti, troppi e che occorrano misure emergenziali. E’ questo l’obiettivo del leader leghista e il decreto che porta la sua firma è il primo passo per realizzarlo. Del resto, se i problemi legati al tema dei flussi migratori e la “questione rom” venissero risolti o almeno contenuti, come giustificare l’esistenza politica di un partito xenofobo come la Lega?
Forse entro la fine della legislatura alcuni campi rom verranno eliminati. Ma non chi li abita. Si allungherà invece la fila dei senza fissa dimora, degli sbandati, dei disperati. E’ questo lo scenario che, con lucida volontà e spavaldo cinismo, si sta prefigurando nelle nostre periferie urbane. L’emergenza resterà allora per tutti l’unica via di uscita. Un’emergenza che calpesterà i diritti di alcuni e toglierà soldi dai portafogli di altri. In mezzo le percentuali dei punti in crescita della Lega.