Un recente studio della Chiesa cattolica australiana – gravemente ferita dalla vicenda dei preti pedofili e del Cardinale George Pell, loro protettore – sostiene che l’obbligo del celibato per i preti cattolici fa sì che fra loro il numero di pedofili sia più alto che nelle religioni che consentono il matrimonio dei pastori. Un divieto, quello di prender moglie e avere figli, che non era previsto da Cristo e dai suoi seguaci, che avevano chiaro il valore dell’amore fra uomo e donna, e che venne introdotto gradualmente solo a partire dal XII secolo ed ebbe come motivazione pratica la volontà di impedire che con il matrimonio (e la conseguente esistenza di eredi) i beni della Chiesa si andassero frazionando ed assottigliando.

L’incapacità di annullare questo assurdo e anacronistico divieto, oltre a rendere più difficile il reperimento di nuovi sacerdoti ed a provocare i problemi denunciati dalla Chiesa australiana, contribuisce a mio parere a rendere la Chiesa ed i suoi pastori più freddi e lontani da un mondo in cui l’amore coniugale, fatto anche di sesso, resta fra i pochi valori solidi e le poche oasi di pulizia morale.

Per non dire del danno incalcolabile che il divieto di ricorrere ai metodi di contraccezione ha provocato in termini di sovrappopolazione anche da noi ai tempi dei nostri nonni e che continua a provocare nei paesi in cui le idee della modernità tardano ad affermarsi. Ed è assurdo che la Chiesa cattolica, mentre meritoriamente si batte in favore dei migranti, non trovi il coraggio per fare una eccezione, almeno nei paesi più poveri e arretrati, per partecipare con le sue missioni al controllo delle nascite, o quanto meno non ostacolarlo. Lo studio della Chiesa australiana mi ha portato a riflettere sull’atteggiamento della Chiesa sul sesso, che mi ha indignato fin da ragazzo.

Venendo io da una famiglia di non credenti (con un nonno paterno decisamente anticlericale) non avevo mai provato alcun tipo di attrazione religiosa fino a quando, fra i 13 e i 15 anni, vivendo a Milano a due passi dalla Chiesa di San Carlo, fui invitato da un amico a seguire una delle lezioni che padre Davide Maria Turoldo impartiva ai giovani in quella chiesa. Rimasi incantato dal fascino di Turoldo, dalla profondità della sua fede e dalla modernità delle sue idee, che me lo facevano apparire simile a quei socialisti umanitari di cui mio padre era stato allievo.

Ebbi così una fase “mistica”, che però finì presto perché – avendo deciso di tornare a confessarmi diversi anni dopo la Prima comunione – capitai nel confessionale di un frate barbuto e sinistro, che mi trattò come uno degli assassini di Cristo solo perché gli avevo confessato i peccatucci sessuali tipici di quella età. Uscii dalla Chiesa inferocito e non vi entrai mai più, se non rarissimamente, per le nozze o i funerali delle persone a me più care. Poco dopo, cominciò la guerra delle gerarchie ecclesiastiche a Turoldo, non a caso finito ai margini della Chiesa come anni dopo il cardinale Martini (mentre a Milano è stato beatificato il cardinale Shuster, amico dei fascisti, che arrivò a decretare la scomunica per i milioni di italiani iscritti al Partito comunista).
L’elenco delle nefandezze della Chiesa Cattolica è lungo e pesante (dalle Crociate alla Inquisizione) e lo do per scontato, oltre che più che sufficiente per tenersene alla larga.

Ma quel che mi ha particolarmente disgustato nel tempo in cui mi è stato dato di vivere è l’atteggiamento della Chiesa sui rapporti sessuali. Ho sempre considerato il rapporto sessuale (che è comunque una delle cose più belle – e piacevoli – della vita) come la più alta espressione dell’amore, il suo coronamento. Perciò trovo disgustoso l’atteggiamento della Chiesa che considera il rapporto sessuale nel migliore dei casi come remedium concupiscientiae e lo ammette solo se finalizzato al concepimento dei figli, con tutta la sequela di divieti e di viscidi “metodi” per aggirare il divieto dopo averlo proclamato (penso per tutti ai tanti “figli di Ogino e Knaus” ed alle disgustose pratiche connesse a questo “metodo”).

P. s.: Trovo vergognoso il fatto che Papa Bergoglio – che pure gira il mondo promettendo di colpire i preti pedofili – abbia posto a capo delle finanze vaticane il cardinal Pell, pur essendo note le sue vicende giudiziarie di protettore di preti pedofili in Australia (il cardinale Law fu portato a Roma nel 2004 da Giovanni Paolo II, che lo nominò arciprete della basilica di Santa Maria Maggiore a Roma). Lo ricordo perché i giornali non lo hanno fatto, con l’atteggiamento “papalino” che ormai distingue la stragrande maggioranza della stampa italiana, benché le vicende dei due alti prelati fossero state rese note nei dettagli dal giornalista de L’Espresso Emiliano Fittipaldi nel suo libro “Lussuria”. Law si è sottratto alla giustizia americana morendo (ma i suoi solenni funerali sono stati celebrati in San Pietro, presente il Pontefice). Per Pell, alla fine, il Vaticano ha dovuto cedere alla insistenza del governo e della magistratura australiana, consentendone l’estradizione (anche perché di recente due uomini hanno accusato il Cardinale di averli violentati da bambini: dunque, di essere non sono protettore di preti pedofili ma pedofilo egli stesso).

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