Si fermano a 13 secondi, con la quinta posizione di Gianni Moscon, le speranze italiane di interrompere un digiuno iridato che dura ormai da un decennio. Il titolo mondiale di ciclismo va al 38enne spagnolo Alejandro Valverde che sulle salite austriache di Innsbruck corona una carriera da campione con il suo successo più prestigioso. Valverde ha battuto nella ristretta volata finale il francese Romain Bardet e il canadese Michael Woods, la vera sorpresa di questo mondiale, oltre all’olandese Tom Dumoulin. Poi sul traguardo è arrivato anche Moscon, l’ultimo a cedere sulla terribile rampa di Gramartboden con punte del 28%: due colpi di pedale in più e il 24enne trentino si sarebbe potuto giocare la vittoria insieme agli altri quattro.
I 258 km del percorso di Innsbruck, da molti considerato uno dei più duri della storia, con un circuito che per sette volte ha visto i ciclisti affrontare i 7.9 km al 5,7% di pendenza media del monte Igls, hanno rispettato le aspettative. E’ stata una gara ad eliminazione, in cui ha resistito chi aveva più benzina nelle gambe. Non era il caso di Vincenzo Nibali, ancora troppo lontano da una condizione eccellente dopo la caduta sull’Alpe d’Huez al Tour de France e la conseguente frattura vertebrale.
Oltre al 33enne messinese, in molti hanno alzato bandiera bianca, dai gemelli Yates al grande favorito, il francese Julian Alaphilippe, mancato proprio sul muro finale in cui avrebbe dovuto fare la differenza. La corsa perfetta l’ha fatta invece la Spagna e il suo capitano Valverde, rimasto coperto fino al momento decisivo e poi abile a tenere il ritmo di Woods nei 2,8 km all’11% di media. Una volta arrivato a Innsbruck in compagnia di tre corridori, il 38enne sapeva che gli sarebbe bastata la solita zampata sul traguardo per indossare la maglia iridata. L’Italia alla fine esce con le ossa rotte, per una gara condotta da protagonista, con grandi sforzi e abnegazione, senza però poi finalizzare nelle due ascese più importanti, le ultime. Con Nibali non in gran forma, forse era più opportuno restare nascosti. Il mondiale di Innsbruck regala però al ct Davide Cassani e agli azzurri la consacrazione del giovane Moscon. Dopo la squalifica al mondiale dello scorso anno e l’espulsione dal Tour de France 2018, il 24enne trentino si è ritrovato in questo mese con due successi e ha dimostrato sulle strade austriache di avere i numeri del campione. Una buona notizia per il futuro, a 10 anni dall’ultima vittoria italiana di Ballan nel 2008.
L’avvicinamento alle fasi salienti della corsa iridata viene caratterizzato dalla più classica delle fughe bidone, composta inizialmente da ciclisti di dieci diverse nazionalità, nessuna con velleità di vittoria finale. Dietro l’Italia rimane copertissima. Il ct Cassani lo aveva detto: “Non tireremo un metro. Dovremo farci trovare pronti per le fughe”. Quelle decisive però non partiranno mai. Il primo colpo di scena, ancora a 90 km dall’arrivo, è la resa di Peter Sagan: per il tre volte iridato un percorso troppo duro. A mietere le altre vittime illustri, metro dopo metro di salita, dal britannico Simon Yates al polacco Michał Kwiatkowski, è proprio la tattica dell’Italia, attiva con i suoi scudieri, da Caruso e Cataldo a De Marchi e Brambilla, nel rintuzzare il ritmo a suon di scatti. Quel grande “centrocampo”, così lo ha definito Davide Cassani, da utilizzare per prepare al meglio la strada a Nibali e Moscon.
L’ultima ascesa a Igls, la settima, comincia con ancora 28 km da percorrere e due soli superstiti della fuga iniziale: il norvegese Stake Laengen ed il danese Asgreen. E sono di nuovo gli azzurri a sollecitare l’andatura, questa volta in blocco. Il forcing vero lo fa però Steven Kruijswijk e tra quelli che saltano c’è anche Nibali: per l’Italia diventa un autogol. Allo scollinamento, è già chiaro che l’unico azzurro rimasto con delle chance da giocare è Moscon, seppur accompagnato da De Marchi e Pozzovivo. Il danese Valgren è il primo ad affrontare il muro che porta a Gramartboden: 2,8 km all’11,5% di pendenza media e con una punta del 28% dove si decide il Mondiale. Comincia l’”inferno”, così lo chiamano dalle parti di Innsbruck, e sulle rampe restano solo in quattro: Bardet, Moscon, Woods e Valverde. L’italiano cede nel tratto più duro e quando cominciano gli ultimo 8 km di picchiata verso il traguardo, in sua compagnia arriva l’olandese Tom Dumoulin, che però lo saluta e vola alla caccia dei primi tre. E’ questo il momento in cui Moscon perde anche le ultime chance di salire sul podio. La volata ha poi l’epilogo noto: Valverde trionfa davanti a Bardet, Woods e il beffato Dumoulin.