Nervosismo alle stelle nel giorno dell'Eurogruppo e così Piazza Affari manca il rimbalzo chiudendo a -0,49% mentre i Buoni del Tesoro vedono si ampliarsi le distanze con il Bund con il differenziale che dopo una pausa torna a salire e arriva fino a 282 punti
La tensione era nell’aria fin dal mattino ed è bastato un cortocircuito di eventi e notizie a pochi minuti dal via dell’Eurogruppo a dare il colpo di grazia ai già esangui titoli di Stato italiani, spingendo ancora più in alto – 3,29% la chiusura – il tasso d’interesse pagato dai Btp a 10 anni e, di conseguenza, lo spread, che a fine giornata è arrivato a 282 punti. La sedazione del famigerato differenziale di rendimento tra i Btp a 10 anni e gli omologhi tedeschi non è infatti durata più di 2 ore in tarda mattinata, quando, complice anche l’andamento febbrile degli altri titoli di Stato europei, Bund inclusi, si è registrata una riduzione della forbice degli interessi pagati da Berlino e da Roma che in apertura si era invece allargata a quota 276 punti dai 267 della chiusura di venerdì, per riaffievolirsi sotto quota 270 nel giro di un’ora in attesa del meeting di Lussemburgo.
La corsa è lentamente ripresa poco dopo mezzogiorno, proprio mentre il ministro del Tesoro si accomiatava da Palazzo Chigi prima di prendere il volo per Lussemburgo. Più o meno nello stesso momento in cui anche la Borsa, che viaggiava in gran spolvero prima in Europa, ha iniziato a invertire la rotta. Fino alle 12 Piazza Affari infatti ha registrato un andamento più che brillante sostenuta da Moncler, Fiat, Tenaris e Stm, anche se sotto le ceneri i titoli bancari (in testa il Banco Bpm che ha chiuso la giornata a -5,75%) hanno continuato a bruciare, registrando vistose perdite. Probabilmente riconducibili al consistente portafoglio di Btp da loro detenuto e a un certo punto hanno avuto la meglio imprimendo una curva all’ingiù a tutta la piazza. Intorno alle 13 la tensione è salita ancora quando è emerso che martedì il collegio dei commissari a Strasburgo, tra l’altro, “discuterà gli attuali sviluppi economici e politici in vista del semestre europeo” e, con ogni probabilità il commissario agli Affari Economici e Finanziari Pierre Moscovici e il vicepresidente Valdis Dombrovskis informeranno il collegio dei colloqui avuti il giorno prima con Tria.
L’inversione di rotta decisiva è però arrivata tra le 15 e le 15.30, nel momento stesso in cui si è realizzato l’evento più atteso, con la sequenza – in ordine sparso – delle informazioni che sono arrivate dall’Eurogruppo che ha impresso la spinta letale ai titoli del debito pubblico italiano. Non a caso le agenzie di stampa e i quotidiani online hanno via via additato l’una e l’altra cosa singolarmente come l’origine della caduta. Da una parte le critiche di Dombrovskis e di Moscovici, ai piani governativi per la manovra. Dall’altra la voce secondo cui Tria sarebbe rientrato in anticipo a Roma saltando a piè pari la riunione dei ministri dell’Economia dei Paesi Ue, l’Ecofin, che si è sparsa pochi minuti dopo che lo stesso ministro, all’ingresso, aveva dichiarato ai giornalisti: “Adesso cercherò di spiegare quello che sta accadendo e come è formulata la manovra”, invitando a mezzo stampa i partner europei a stare “tranquilli” e rassicurato sul fatto che “il debito/pil scenderà” nel 2019. Sullo sfondo la consapevolezza che Roma, come gli altri Paesi della zona euro, proprio da lunedì primo ottobre, può contare sempre meno sul paracadute della Bce, visto che con il nuovo mese è partito lo smantellamento del Quantitative easing, il piano di acquisti dei titoli di Stato dell’Eurozona che in ottobre sarà dimezzato.
Roma quindi ha un intermediario di meno sui mercati. I quali, dopo le 16 anche in giornate ordinarie avrebbero bisogno di un segnale davvero forte e deciso per cambiare di nuovo rotta. A poco è valsa, quindi, la replica del vicepremier Luigi Di Maio che dopo le 17 da una parte ha contrattaccato Bruxelles, dall’altra ha chiarito che “non c’è nessuna ragione di emergenza sul rientro anticipato in Italia del ministro Tria” e che il governo sta “mettendo a punto gli ultimi dettagli del Def”: ormai la Borsa viaggiava verso la chiusura in negativo (-0,49%), mentre sull’ultima ora di spread stava infierendo l’andamento deciso del Bund che, con l’ultimo di tre colpi secchi, ha azzerato la febbriciattola di giornata, rimarcando le distanze da Roma e chiudendo praticamente in parità rispetto a venerdì. Ma la partita è ben lontana dall’essere chiusa.