Decine di suicidi ogni anno sono il termometro della salute di una organizzazione.
Se eventi così drammatici si susseguono in un contesto insospettabile, la situazione non può rimanere sottaciuta.
Parliamo di una realtà i cui successi quotidianamente riportati dalla stampa lasciano immaginare uno straboccante senso di soddisfazione, una forte motivazione, un infinito spirito di squadra: è l’abbacinazione di cui finisce preda chi osserva la Guardia di Finanza con gli occhi incantati dello spettatore distante.
Oggi l’ennesimo episodio. Per me qualcosa di troppo diverso dall’esclamare uno sbigottito ma semplice “di nuovo?!?!?”.
Hanno trovato esanime un mio amico. Un buon amico e non un semplice collega, che domenica mattina alle 12.52 mi salutava via WhatsApp dalla Piazza Garibaldi di Orbetello. Hanno rinvenuto il suo corpo nei pressi dei ripetitori televisivi di Monte Argentario. Si è sparato con la pistola d’ordinanza.
Mentre mi chiedo perché non l’ho chiamato invece di rispondere con il solito smile e mi dispero per non aver fatto nulla che cambiasse il corso della sua giornata e della sua vita, sono assalito da mille perché. Gli stessi perché che si sono domandati altri in tante e troppe occasioni del genere.
Impossibile trovare una risposta. Non mi chiedo il perché del gesto, evidente frutto di una disperazione irreversibile, ma le ragioni per le quali chi gli era attorno nello strano pianeta delle fiamme gialle non si sia accorto del suo profondo stato di disagio.
Quando mi sono arruolato la GdF aveva i dolci connotati di una famiglia, in cui non mancavano figure burbere ma nemmeno persone affettuose. Ho vissuto con dolore la sclerotizzazione dei rapporti interpersonali, ho visto negare la solidarietà negli immancabili momenti difficili, ho constatato la sadica indifferenza prendere il sopravvento sui più naturali istinti umani.
Massimiliano è stato ucciso dall’insensibilità e dalla noncuranza prima ancora che del proiettile della pistola portata alla testa.
Non so quanti abbiano avuto la medesima sorte nei mesi scorsi, ma il problema è fin troppo noto. Ognuno di loro avrà avuto motivi diversi, ma tutti trascorrevano la loro esistenza nel medesimo ambito poco importa se geograficamente in sedi diverse. Proprio l’estensione territoriale è elemento di preoccupazione, perché vuol dire che la sensazione di malessere è capillare.
Non ci sono analogie in altre organizzazioni pubbliche o private. Qualcuno dovrebbe cominciare a rifletterci. Le responsabilità morali non fanno finire nessuno davanti ad un giudice, ma probabilmente esiste un dovere sociale di intervenire.
Non c’è bisogno dell’ennesima commissione di inchiesta: sarebbe sufficiente occuparsi della questione per garantire una brusca sterzata.
Nel frattempo, secondo spietate tradizioni, qualche ufficiale avrà messo mano all’Annuario e inforcato la biro. Raggiunta la pagina dell’Annuario in cui era posizionato lo scomparso, avrà tracciato una linea sul nome del colonnello magari con l’aggiunta di una croce, come tante volte sono inorridito nel veder fare dai carrieristi di turno. Uno di meno nella fratricida lotta per l’avanzamento.
A dispetto di quella striscia di inchiostro – ultimo sfregio – Massimiliano (e come lui tutti gli altri accomunati dalla triste sorte) rimarrà nel cuore di chi gli ha voluto bene e ne ha apprezzato professionalità, dedizione, lealtà che nessuna pallottola potrà mai portarci via.
Ciao Max.
Umberto Rapetto
Giornalista, scrittore e docente universitario
Cronaca - 1 Ottobre 2018
Suicidi in Guardia di Finanza, il malessere è diffuso. Perché?
Decine di suicidi ogni anno sono il termometro della salute di una organizzazione.
Se eventi così drammatici si susseguono in un contesto insospettabile, la situazione non può rimanere sottaciuta.
Parliamo di una realtà i cui successi quotidianamente riportati dalla stampa lasciano immaginare uno straboccante senso di soddisfazione, una forte motivazione, un infinito spirito di squadra: è l’abbacinazione di cui finisce preda chi osserva la Guardia di Finanza con gli occhi incantati dello spettatore distante.
Oggi l’ennesimo episodio. Per me qualcosa di troppo diverso dall’esclamare uno sbigottito ma semplice “di nuovo?!?!?”.
Hanno trovato esanime un mio amico. Un buon amico e non un semplice collega, che domenica mattina alle 12.52 mi salutava via WhatsApp dalla Piazza Garibaldi di Orbetello. Hanno rinvenuto il suo corpo nei pressi dei ripetitori televisivi di Monte Argentario. Si è sparato con la pistola d’ordinanza.
Mentre mi chiedo perché non l’ho chiamato invece di rispondere con il solito smile e mi dispero per non aver fatto nulla che cambiasse il corso della sua giornata e della sua vita, sono assalito da mille perché. Gli stessi perché che si sono domandati altri in tante e troppe occasioni del genere.
Impossibile trovare una risposta. Non mi chiedo il perché del gesto, evidente frutto di una disperazione irreversibile, ma le ragioni per le quali chi gli era attorno nello strano pianeta delle fiamme gialle non si sia accorto del suo profondo stato di disagio.
Quando mi sono arruolato la GdF aveva i dolci connotati di una famiglia, in cui non mancavano figure burbere ma nemmeno persone affettuose. Ho vissuto con dolore la sclerotizzazione dei rapporti interpersonali, ho visto negare la solidarietà negli immancabili momenti difficili, ho constatato la sadica indifferenza prendere il sopravvento sui più naturali istinti umani.
Massimiliano è stato ucciso dall’insensibilità e dalla noncuranza prima ancora che del proiettile della pistola portata alla testa.
Non so quanti abbiano avuto la medesima sorte nei mesi scorsi, ma il problema è fin troppo noto. Ognuno di loro avrà avuto motivi diversi, ma tutti trascorrevano la loro esistenza nel medesimo ambito poco importa se geograficamente in sedi diverse. Proprio l’estensione territoriale è elemento di preoccupazione, perché vuol dire che la sensazione di malessere è capillare.
Non ci sono analogie in altre organizzazioni pubbliche o private. Qualcuno dovrebbe cominciare a rifletterci. Le responsabilità morali non fanno finire nessuno davanti ad un giudice, ma probabilmente esiste un dovere sociale di intervenire.
Non c’è bisogno dell’ennesima commissione di inchiesta: sarebbe sufficiente occuparsi della questione per garantire una brusca sterzata.
Nel frattempo, secondo spietate tradizioni, qualche ufficiale avrà messo mano all’Annuario e inforcato la biro. Raggiunta la pagina dell’Annuario in cui era posizionato lo scomparso, avrà tracciato una linea sul nome del colonnello magari con l’aggiunta di una croce, come tante volte sono inorridito nel veder fare dai carrieristi di turno. Uno di meno nella fratricida lotta per l’avanzamento.
A dispetto di quella striscia di inchiostro – ultimo sfregio – Massimiliano (e come lui tutti gli altri accomunati dalla triste sorte) rimarrà nel cuore di chi gli ha voluto bene e ne ha apprezzato professionalità, dedizione, lealtà che nessuna pallottola potrà mai portarci via.
Ciao Max.
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‘In Ucraina è guerra per procura’: a dirlo è il segretario di Stato Usa Marco Rubio. E il Cremlino plaude
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.