Cinema

Il Bene Mio, il terremoto la solitudine e un segreto: Sergio Rubini resiliente e diversamente eroico

Senza rivelare il finale, tra i più commoventi e riusciti delle opere viste in Mostra ma degli ultimi titoli italiani tout court, il film del regista Pippo Mezzapesa riesce a portare l’attualità (ogni situazione post emergenziale di cui l’Italia è ferita..) dentro la poesia e viceversa, innalzando la capacità del Bene come valore contro ogni indifferenza

di Anna Maria Pasetti

C’era una volta Provvidenza. Che ora non c’è più, spazzata via dal terremoto, sostituita a valle da “Nuova Provvidenza”, ma non è la stessa cosa. Lo sa bene Elia, l’ultimo abitante del vecchio borgo, un resistente al di là della vita e della morte, oltre l’apocalisse e la fantascienza che celebra quel “the last man on Earth”. Elia sopravvive e si nutre della Memoria di Provvidenza, perché questo è Il Bene Mio. Ecco il titolo perfetto al secondo lungometraggio di finzione di Pippo Mezzapesa, cineasta pugliese capace di leggere nelle pieghe della solitudine dei suoi personaggi resilienti e diversamente eroici. Se ci aveva incantato con il documentario creativo in dittico sul becchino “per vocazione” Pinuccio Lovero sulle stesse atmosfere decadenti ma umanissime torna a commuoverci con un personaggio ancora più estremo, un Elia marziano, reso ancor più alienato da Sergio Rubini.

Il racconto, su soggetto originale di Mezzapesa, Antonella Gaeta e Massimo De Angelis, è semplice: Elia ha perso la moglie maestra nella scuola locale sotto le macerie del sisma al quale lui è sopravvissuto. Per il senso di colpa ma anche per la determinazione a mantenere il ricordo di Provvidenza e di tutti coloro che sono scomparsi sceglie di non abbandonare il paese, continuando ad abitare la propria dimora in solitudine e accogliendo unicamente l’aiuto dell’amica Rita (Teresa Saponangelo) che costantemente gli porta la spesa e l’amicizia del sodale Gesualdo (Dino Abbrescia) con cui condivideva un piccolo tour operator. Ma per il sindaco è tempo che Elia lasci il borgo, troppo pericoloso troppo fatiscente. All’opposizione dell’uomo inizia una doppia resistenza per il “sopravvissuto” anche a causa di un nuovo segreto che custodisce nelle stanze di casa.

Quello confezionato dal regista di Bitonto e presentato fuori concorso alle veneziane Giornate degli Autori, è un film politico nel senso più antico del termine: il bene “mio” è di fatto un bene “nostro”, un patrimonio condiviso della memoria che il singolo si incarica di garantire oltre la consapevolezza dei suo compaesani. Senza rivelare il finale, tra i più commoventi e riusciti delle opere viste in Mostra ma degli ultimi titoli italiani tout court, Il Bene Mio riesce a portare l’attualità (ogni situazione post emergenziale di cui l’Italia è ferita..) dentro la poesia e viceversa, innalzando la capacità del Bene come valore contro ogni indifferenza. Da proteggere infatti, sono i luoghi dell’anima, portatori di una memoria che ci parla del passato quale imprescindibile punto di partenza per costruire nuovi futuri, magari più stabili. Il film sarà nelle sale italiane dal 4 ottobre.

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