Il differenziale di rendimento tra Btp e Bund ha chiuso a 301,2 punti base. Contenuta la reazione alle parole di Borghi sulla necessità di una valuta indipendente. Scarso l'impatto della presa di posizione di Conte sull'euro "irrinunciabile"
Non è stata una giornata facile sui mercati finanziari. Nella seduta successiva al confronto sulla manovra del ministro Giovanni Tria a Bruxelles lo spread ha chiuso in peggioramento a quota 301,2 punti base, con il rendimento del decennale italiano al 3,44 per cento. Inoltre, poco prima del finale, il differenziale fra Bund e Btp ha toccato i 303,7 punti, livello che non si vedeva dal febbraio 2014. Ferma invece Piazza Affari (-0,24%) che ha recuperato una seduta avviata in negativo con i bancari in sofferenza. Sullo sfondo, il dimezzamento a partire dall’1 ottobre degli acquisti di titoli di Stato da parte della Banca centrale europea. A dominare la scena è stata però la politica nazionale ed europea che, con le sue dichiarazioni, ha generato sui mercati reazioni di non facile interpretazione.
Alle 9,30, ad esempio, quando lo spread aveva già sfondato quota 300, il presidente della commissione bilancio della Camera Claudio Borghi (Lega) ha sfoderato il mantra dei sovranisti: una valuta indipendente per essere liberi di svalutare e risolvere così tutti i problemi del Paese. “Sono convinto che l’Italia con una propria moneta risolverebbe gran parte dei propri problemi”, ha spiegato Borghi in un’intervista rilasciata a Radio anch’io. Da manuale di economia, la frase avrebbe dovuto far drizzare i capelli in testa ad ogni investitore internazionale. Con tanto di riflessi sullo spread, che ha un impatto diretto sulle tasche degli italiani via finanziamenti e mutui. E, invece, la reazione è rimasta contenuta all’interno del trend di giornata. Anzi, in contemporanea alle parole di Borghi, lo spread, ha ritracciato a 295 punti, tornando quasi al livello di apertura (294).
La discesa è continuata fino alle 10 quando il differenziale ha toccato quota 292 in scia a un rendimento dei Btp decennali al 3,35%. Una tendenza che è continuata anche a dispetto delle dichiarazioni dell’ex premier Matteo Renzi che ha allertato gli investitori via Twitter spiegando che “La #ManovraDelPopolo ci farà fare testacoda. Fermatevi, prima che sia troppo tardi #ResistenzaCivile”. Su questo punto, in contemporanea, è intervenuto anche il vicepresidente della Commissione Europea, Valdis Dombrovskis, che ha puntualizzato come le anticipazioni sulla Nota di aggiornamento al Def non siano “in linea con il patto di stabilità, ma siamo aperti al dialogo con le autorità italiane e speriamo che il bilancio sia riportato in linea con il patto di stabilità”. Al pari delle parole di Borghi, che Dombrovskis preferisce non commentare per evitare di “addentrarsi in questo tipo di speculazioni”.
Intanto, lungo tutta la seduta di Borsa, la speculazione è ripartita con la politica che ha continuato ad esprimersi a mercati aperti. Per mettere una pezza alle dichiarazioni di Borghi è poi intervenuto il premier Giuseppe Conte. Alle 14,42, il presidente del consiglio ha ribadito che “per noi l’euro non è in discussione” rivendicando la necessità di una manovra che rilanci l’economia. Senza necessariamente incidere sullo spread, che, proprio mentre Conte parlava, era già tornato a quota 292. Una manciata di minuti dopo, alle 15, sulla questione è intervenuto anche il vicepremier Matteo Salvini che ha minacciato di chiedere i danni a Bruxelles. “Equiparando l’Italia alla Grecia, il presidente della Commissione europea fa impazzire lo spread. Questa poteva risparmiarsela”, ha precisato Salvini, a Napoli al termine della riunione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica. “Prima di aprire bocca dovrebbe bere due bicchieri d’acqua e smetterla di spargere minacce inesistenti, oppure gli chiederemo i danni“. Danni, in quel momento, tecnicamente inesistenti visto che lo spread era a quota 289, cioè sotto il livello di apertura. Ciononostante da Forza Italia sono fioccate richieste “urgenti” di “imbavagliare Borghi” come ha suggerito l’eurodeputato Stefano Maullu.
Nel primo pomeriggio, sulla questione Def ha messo poi una parola definitiva Bruxelles: rispondendo ai giornalisti dopo la riunione settimanale dei commissari europei, il portavoce della Commissione Margaritis Schinas ha spiegato che la manovra italiana “non è stata discussa in seno al collegio dei commissari europei di oggi perché Moscovici e Dombrovskis non erano presenti”. E poi ha aggiunto che “la commissione valuterà le leggi finanziarie dei Paesi tra metà ottobre e fine novembre, seguendo il solito processo del semestre europeo“. A quel punto, il mercato finanziario si avviava verso la chiusura. Non senza un ultimo appello degli eurodeputati Pd al parlamento europeo che hanno chiesto le dimissioni di Borghi e la conferma che non esiste un piano B. “Nel mezzo di una crisi di sfiducia dei mercati, l’affermazione che ‘l’Italia starebbe meglio con la sua moneta nel mezzo di una crisi di sfiducia dei mercati non può essere considerata soltanto una gaffe”, ha dichiarato alle 16.54 Patrizia Toia, capodelegazione degli eurodeputati Pd al Parlamento europeo. Trascurando, al pari del resto della politica, come il trend rialzista dello spread potrebbe essere legato a doppio filo con il dimezzamento dell’acquisto di titoli da parte della Bce (Quantitative easing) più che a un affrettato giudizio sulle indiscrezioni relative alla manovra o al complotto ordito dai commissari Ue contro l’Italia con dichiarazioni che, secondo il vicepremier Luigi Di Maio, sono finalizzate a “creare tensioni” sui mercati.