Niente privacy per chi finanzia i partiti politici con più di 500 euro. Neanche quando si tratta di soldi donati alle fondazioni che poi li girano agli stessi partiti. Lo prevede il ddl Anticorruzione approvato dal Consiglio dei ministri il 6 settembre scorso e che inizierà ad essere discusso alla Camera il 4 ottobre. Atteso soprattutto per il daspo ai corrotti e l’utilizzo dell’agente sotto copertura per indagare sui reati di tipo corruttivo, il ddl contiene anche nuove norme sul finanziamento dei partiti politici. Si tratta di una sorta di “evoluzione” della proposta avanzata durante l’estate dal senatore Gianluigi Paragone e votata dagli iscritti del Movimento 5 stelle sulla piattaforma Rousseau.
Diverse le novità che andrebbero a modificare – in caso di approvazione da parte del Parlamento – la legge sul finanziamento ai partiti approvata nel 2014 dal governo di Enrico Letta. Entrata a regime nel 2017, con l’azzeramento totale dei vecchi rimborsi elettorali, la norma è stata più volte criticata per la sua opacità: è vero infatti che le donazioni superiori ai 5mila euro devono essere dichiarate insieme al bilancio. Ma la normativa sulla privacy consente di omettere i nomi dei finanziatori che non hanno rilasciato il consenso alla pubblicazione dei dati personali. Fino ad oggi, dunque, le donazioni fino a 100mila euro potevano rimanere “orfane“. Il ddl promosso dal guardasigilli Alfonso Bonafede, invece, va in direzione opposta. “È fatto divieto ai partiti o movimenti politici di ricevere contributi, prestazioni gratuite o altre forme di sostegno a carattere patrimoniale, in qualsiasi modo erogati, ivi compresa la messa a disposizione con carattere di stabilità di servizi a titolo gratuito, da parte di persone fisiche o enti che si dichiarino contrari alla pubblicità dei relativi dati“, è scritto nell’articolo 7 del disegno di legge Anticorruzione. Che alle nuove norme in materia di trasparenza dei partiti e delle fondazioni dedica cinque articoli in totale.
Il registro col bollo del notaio – Prima novità: “I contributi, le prestazioni o altre forme di sostegno di cui al secondo periodo sono annotati, entro il mese solare successivo a quello di percezione, in apposito registro numerato progressivamente in ogni pagina e bollato in ogni foglio da un notaio, custodito presso la sede legale del partito o movimento politico l’identità dell’erogante, l’entità del contributo o il valore della prestazione o della diversa forma di sostegno e la data dell’erogazione”. Nelle sedi dei partiti, insomma, dovrà esserci traccia di ogni forma di donazione superiore ai 500 euro, e non più 5mila, come in precedenza. In più “in caso di scioglimento anche di una sola Camera, il predetto termine è ridotto a 15 giorni decorrenti dalla data di scioglimento e in ogni caso entro il mese solare successivo a quello di percezione”. Un modo per documentare in tempo reale eventuali finanziatori dei partiti durante la campagna elettorale. Alle forze politiche, poi, è vietato ricevere contributi “provenienti da governi o enti pubblici di Stati esteri, da persone giuridiche con sede in un altro Stato, da persone fisiche maggiorenni non iscritte alle liste elettorali o private del diritto di voto”.
“Pubblicare certificato penale candidati” – Viene poi inserito un nuovo obbligo per i partiti: a tutti i tipi di elezioni – a parte quelle nei comuni con meno di 15mila abitanti – bisognerà “pubblicare sul proprio sito istituzionale il curriculum vitae dei loro candidati ed il relativo certificato penale rilasciato dal casellario giudiziario”. E per pubblicare la fedina penale “non è richiesto il rilascio del consenso espresso degli interessati”. Il via libera alla pubblicazione del proprio nome da parte dei donatori come requisito fondamentale alla diffusione delle identità dei finanziatori viene cancellato anche dalla legge 13 del 21 febbraio 2014, in cui viene inserita una disposizione specifica: “Ai fini dell’ottemperanza agli obblighi di pubblicazione nei siti internet di cui al quarto e quinto periodo del presente comma non è richiesto il rilascio del consenso espresso degli interessati”.
Fondazioni e sanzioni – Il ddl interviene anche sulle fondazioni che vengono “equiparate” ai partiti sugli obblighi e sulla trasparenza. Diverse le tipologie di fondazioni colpite: si va da quelle la cui attività “sia determinata in tutto o in parte da deliberazioni di partiti o movimenti politici”, fino a quelle che i cui organi direttivi “siano stati nei dieci anni precedenti membri del Parlamento nazionale o europeo o di assemblee elettive regionali o locali”. Passando dalle fondazioni o dalle associazioni che abbiano donato ai partiti o ai politici più di 5mila euro. A questo proposito “un partito o movimento politico può essere collegato ad una sola fondazione o ad una associazione o ad un comitato”. Mentre “tra i partiti o movimenti politici e le fondazioni, associazioni o comitati ad essi collegati deve essere garantita la separazione e la reciproca indipendenza tra le strutture direttive e di gestione corrente”. Cosa succede, però, se le norme previste dal disegno di legge vengono violate? Per i casi più gravi la riforma “applica la sanzione amministrativa pecuniaria non inferiore al triplo e non superiore al quintuplo del valore dei contributi, delle prestazioni o della altre forme di sostegno a carattere patrimoniale ricevuti”.