Da quando un ‘bimbino’ che conosco bene (ha 2 anni e 8 mesi) va nella scuola d’infanzia (da una settimana scarsa), se la tira così tanto che è diventato pure permaloso: se, al ritorno, lo incrocio e gli chiedo “Com’è andata all’asilo?” ringhia “Non è asilo, è scuola!”. Rifiuta comunque di dirmi come sia andata, per ripicca. Eppure glielo chiedo anche come giornalista, rivendicando la sacralità costituzionale del diritto all’informazione. Niente, manco fosse un Rocco Casalino… E pensare che il piccolo sta ancora facendo l’inserimento (cioè, il periodo di rodaggio), figurarsi dopo.
Però mi aspetto che un domani il neoalunno si stufi e mi spieghi: “Basta con la macchina del fango usata contro noi bimbi del cambiamento. Ormai si è passati dal concetto di scuola materna a quello di scuola dell’infanzia. Non si tratta più di una scuola fondata sull’assistenzialismo e sui principi della casta, bensì di un luogo educativo, dove vengo seguito passo per passo dal docente omologato allo scopo, per potere sviluppare le mie abilità cognitive, affettive e sociali. Così potrò, un giorno, esprimere democraticamente il mio parere online grazie al sistema Rousseau, sempre che ne sarò degno”.
Di certo, se dovesse sentirlo il vicepremier, bisministro e leader pentastellino Gigio, lo trasformerebbe subito in ministro dell’Istruzione, apprezzando il tono saccente ma da bravo ragazzo incravattato; così magari ne potrà approfittare per farsi spiegare che minchia vuol dire “cognitive”. Se invece il bimbo dovesse virare più sul prepotente felpato, potrebbe attirare l’attenzione del ministro al Bullismo, vicepremier e leader nazionaleghista Matteo, per essere candidato seduta stante come ministro della Difesa dai migranti kattivi.
D’altra parte, il bimbino, Gigino e Matteino hanno la stessa posizione granitica anche sul fronte macroeconomico. Quando il futuro ministrino pentaleghista vuole l’ennesima “sorpresa” (cioè, esige la realizzazione di un capriccio estemporaneo) e i genitori gli rispondono (per evitare di dover comprare un altro appartamento come deposito di macchinine) “Ora non ci sono i soldi”, intima “Andiamo al bancomat e li prendi”. Facile, no? Più o meno quello che Gigio e Matteo pretendono da Tria, il “loro” ministro dell’Economia, allorché non riescono a togliersi lo sfizio del giorno.
Al piccolo futuro ministro per ora si può cercare di replicare dicendo “Ho perso il bancomat” oppure “Non mi ricordo il pin”. Tria con i suoi nipotini scalpitanti ci sta provando. Ma quanto durerà? D’altra pure i due monelli al governo non hanno alcuna ragione per rischiare di fare venire un infarto finanziario a lui, all’Italia e agli italiani. Eppure con i loro capricci (ogni giorno uno diverso, come da copione montessoriano) stanno facendo già pagare un prezzo a tutti: alla credibilità del sistema-Italia (già non floridissima ma almeno da qualche tempo passabile) e ai nostri conti familiari.
Certo, chi è stato votato (in coalizioni diverse e rivali) da poco più del 50% del 73% degli elettori (gli altri non hanno votato, quindi in realtà può contare sul 37% scarso del consenso degli italiani maggiorenni) e ha firmato un contrattino di governo, ha diritto di stare al timone del Paese e di fare scelte anche in campo economico. Però non può fare le suddette scelte con il cu…. pardon, a spese degli altri.
Quando i nostri risparmi (ammesso e non concesso che ci siano) varranno molto meno, quando lo Stato non avrà più soldi per finanziare i servizi pubblici perché gli stranieri (e gli italiani) non comprano più i suoi titoli (necessari per sostenere i debiti), quando i mutui a tasso variabile costeranno un bel tot % in più, quando lasceremo (volenti o nolenti) l’euro e torneremo ai sesterzi o al baratto, quando il reddito di cittadinanza non varrà nulla (sempre che decolli) perché la nostra moneta sarà svalutata… non ci sarà capriccio pentaleghista che risolverà i problemi. E la scusa del bancomat smarrito sarà accolta da una bordata di pernacchie o peggio. Probabilmente Gigino e Matteino daranno la colpa ai migranti. Ma quanto potrà durare ancora questa triste recita scolastica?