“Nel momento in cui si dice ai cittadini che, siccome si alza lo spread, bisogna tagliare i servizi sociali e ridurre i diritti dei lavoratori, allora lo si usa come strumento politico per favorire determinati centri d’interesse anziché altri. Insomma, l’antichissima lotta di classe”. Così a Dimartedì (La7) l’economista Lidia Undiemi si pronuncia sull’andamento dello spread, che ieri ha sfondato quota 300 punti, chiudendo ai massimi da aprile 2013 a 303. E spiega: “Dobbiamo partire dal presupposto che lo spread è entrato nelle nostre vite con una missione politica: salvaguardare gli interessi finanziari della zona Euro, togliendo risorse alla collettività. Quando con l’ultimo governo Berlusconi lo spread aumentò al punto da mettere in crisi l’esecutivo, le riforme richieste dalla Bce furono riforme contro il popolo: riforma del sistema pensionistico, riforma della contrattazione collettiva per poter ridurre meglio i salari, riforma sulla licenziabilità (art.18). Eppure” – continua – “in tutti questi anni, da un lato, abbiamo attuato le politiche di austerità, dall’altro abbiamo impegnato decine di miliardi per salvare la zona Euro con il famoso fondo salva-Stati. La questione, insomma, è prettamente politica”. Carlo Cottarelli, ex Fmi oggi a capo dell’Osservatorio conti pubblici, obietta: “Se ci fosse un complotto, quando, qualche settimana fa, lo spread è sceso, cosa era? Era finito il complotto? No, è che sembrava che il governo desse indicazioni su una moderazione del livello del deficit. E i mercati hanno risposto positivamente. Quindi, non mi sembra che i mercati ce l’abbiano, a prescindere, con questo governo”. Undiemi puntualizza: “Evidentemente sono stata fraintesa. Non c’è nessun complotto, si tratta di politica”