Povertà e condizioni occupazionali peggiorano, restiamo fermi per quanto riguarda il sistema energetico e la giustizia, miglioriamo, invece, nell’educazione e nella cooperazione internazionale. Sono solo alcuni dei dati che emergono dal rapporto ASviS (Associazione sviluppo sostenibile) 2018, presentato giovedì 4 ottobre alla Camera. Numeri che non portano a niente di buono perché, a meno di immediate azioni concrete e coordinate, l’Italia non riuscirà a rispettare gli impegni presi con l’Onu il 25 settembre del 2015, con la firma dell’Agenda 2030.

Le macroaree di intervento su cui punta l’Associazione sono 17. E l’Italia tra il 2010 e il 2016 è peggiorata in cinque: povertà, condizione economica e occupazionale, disuguaglianze, condizioni delle città ed ecosistema terrestre. Il Paese è invece rimasto al palo in acqua e strutture igienico-sanitarie, sistema energetico, condizione dei mari e qualità della governance, pace, giustizia e istituzioni solide. Timidi segnali di miglioramento si sono registrati solo in 8 obiettivi in alimentazione e agricoltura sostenibile, salute, educazione, uguaglianza di genere, innovazione, modelli sostenibili di produzione e di consumo, lotta al cambiamento climatico, cooperazione internazionale.

In particolare sono peggiorati i tassi di povertà assoluta e relativa e aumentate le persone che vivono in famiglie dove si lavora poco. Scende, ma è un segnale positivo, anche il numero di persone che non ha usufruito di cure mediche per motivi economici. Sotto il profilo del lavoro, invece, continuiamo ad avere un record di Neet, giovani che non lavorano e non studiano. Cresce inoltre il divario tra ricchi e poveri. Sul piano ambientale, invece, con la crisi economica, sono diminuite le emissioni inquinanti pur aumentando la percentuale di raccolta riciclata. Inoltre è aumentata la percentuale di suolo dedicata all’agricoltura biologica. Un segnale, secondo l’ASviS, che la popolazione italiana è sempre più interessata e coinvolta dallo sviluppo sostenibile.

Altrettanta attenzione però non verrebbe dalle istituzioni. Principale motivo di questa lentezza, infatti, secondo il rapporto, sono i ritardi accumulati dalla politica. Necessario quindi cambiare passo se si vuole rispondere positivamente alla sfida intrapresa nel 2015. “Si sono già persi tre anni per dotarsi di una governance che orienti le politiche allo sviluppo sostenibile. Il 2030 è dietro l’angolo e molti obiettivi vanno raggiunti entro il 2020”, ha sottolineato alla presentazione il portavoce dell’Asvis, Enrico Giovannini, ricordando l’impegno preso dall’ex presidente del Consiglio Paolo Gentiloni in una direttiva firmata il 16 marzo 2018.”Oltre all’immediata adozione di interventi specifici in grado di farci recuperare il tempo perduto sul piano delle politiche economiche, sociali e ambientali, chiediamo al presidente del Consiglio di attivare subito la Commissione nazionale per l’attuazione della strategia per lo Sviluppo Sostenibile e di avviare il dibattito parlamentare per proporre una legge per l’introduzione nella Costituzione dello del principio dello sviluppo sostenibile”, ha proseguito il portavoce.

Uno sguardo poi è andato anche all’imminente Legge di Bilancio: “Dovrà cogliere le enormi opportunità, anche economiche, che possono derivare dalla transizione allo sviluppo sostenibile. Il fattore tempo è cruciale, ma manca una visione coordinata”. L’idea è di inserire all’interno della Legge di Bilancio i 12 indicatori Bes (Benessere equo e sostenibile) entrati nella programmazione finanziaria. In particolare, passando in rassegna le recenti politiche adottate in Italia, Giovannini ha sottolineato: “Abbiamo avuto importanti avanzamenti, come l’introduzione del Reddito di Inclusione per ridurre la povertà, ma anche ritardi e occasioni sprecate, come nel caso della mancata approvazione, entro la fine della scorsa legislatura, dei provvedimenti in tema di riduzione del consumo del suolo, diritto all’acqua o commercio equo”.

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