I moltiplicatori di spese e investimenti – Nel documento che disegna la cornice della prossima legge di Bilancio il Tesoro premette che “l’ambizioso programma di politica economica” del governo darà una spinta alla crescita che stando alle stime precedenti si sarebbe fermata a +0,9% nel 2019 e +1,1% nel 2020 e 2021. L’impulso passa attraverso i cosiddetti “moltiplicatori“, che misurano di quanti euro sale il pil come effetto di un euro di spesa o investimenti aggiuntivi. Le tabelle della Nota, basate su simulazioni fatte con il modello econometrico del Tesoro, stimano che lo 0,2% di investimenti pubblici aggiuntivi, il reddito di cittadinanza e la flat tax faranno aumentare la crescita dello 0,7%.
Un altro 0,2% dovrebbe arrivare dalla “rimodulazione delle imposte indirette“, cioè dal solo fatto che il prossimo anno l‘Iva non salirà perché le clausole di salvaguardia sono state disinnescate aumentando il deficit di 1,2 punti di pil, al 2,4% dall’1,2 tendenziale. Considerato l’impatto negativo (-0,4%) dei tagli da cui dovrà arrivare parte delle coperture e un +0,1% attribuito alle “politiche invariate”, l’impatto complessivo delle misure che saranno dettagliate nella manovra è stimato in 0,6 punti.
Il deflatore fa crescere il pil nominale – L’altra scommessa implicita nel documento firmato dal ministro dell’Economia Giovanni Tria riguarda il deflatore del pil, misura che consente di “depurare” la crescita dall’aumento dei prezzi e, sommata al pil reale, fornisce quello nominale che è il denominatore dei rapporti deficit/pil e debito/pil su cui si concentrerà l’attenzione della Commissione europea chiamata a valutare la manovra. Le tabelle programmatiche stimano che salga dall’1,3% di quest’anno all’1,6%, per poi raggiungere l’1,9% nel 2020.
Spesa per interessi in salita di un solo decimale – L’intero piano del governo si inserisce in un quadro di peggioramento dell’economia mondiale: “Si rileva un rallentamento del commercio mondiale”, ricorda la stessa Nota, “una variazione sfavorevole delle prospettive del prezzo del petrolio (al rialzo), un apprezzamento del tasso di cambio effettivo nominale e si osserva, soprattutto negli ultimi mesi, una maggiore volatilità dei rendimenti dei titoli di Stato”. Nonostante questa “volatilità”, che negli ultimi giorni ha portato i tassi sui Btp oltre il 3% contro l’1,8% di aprile e lo spread fino a 300 punti contro i 122 di cinque mesi fa, gli interessi sul debito sono però previsti solo in lievissimo aumento nel 2019. Quando, al netto di un eventuale nuovo piano di aiuti su cui circolando indiscrezioni, finirà il programma di acquisto di titoli di Stato della Bce. L’aggiornamento del Def cifra la spesa da sostenere l’anno prossimo in 3,6 punti di pil, circa 63 miliardi, in aumento di un solo decimale rispetto ai 3,5 punti del documento varato in aprile.
Secondo uno studio dell’Ufficio parlamentare di bilancio, che la prossima settimana dovrà validare le stime del governo, un aumento dello spread di 100 punti comporta una spesa aggiuntiva di 4,5 miliardi che sono destinati a raddoppiare se il differenziale si allargherà stabilmente oltre quota 300 punti.