Marcello Dell’Utri non torna in carcere, almeno per il momento. Il tribunale di sorveglianza di Roma ha prorogato la detenzione domiciliare per motivi di salute. I giudici in pratica hanno dato ragione ai suoi legali, gli avvocati Simona Filippi e Alessandro De Federicis. Il caso sarà nuovamente esaminato dal tribunale di sorveglianza tra cinque mesi. Dell’Utri, condannato nel 2014 a 7 anni di carcere per concorso esterno a Cosa nostra, oltre ad essere dà anni cardiopatico, è diabetico e affetto da tumore alla prostata per il quale, tra marzo e aprile scorsi, è stato ricoverato, in regime di detenzione, nelle sale del Campus Biomedico della capitale.
Secondo quanto riportava una consulenza dell’ex presidente della Società italiana di psichiatria, Claudio Mencacci, depositata dai difensori, le condizioni in cui era ricoverato Dell’Utri e la detenzione, rappresentavano un pericolo ulteriore per la sua salute: “Il rischio – sottolineava Mencacci – è di applicare ad una persona anziana e gravemente malata una limitazione non comprensibile ed eccessiva che sta cominciando a produrre una reazione di sfinimento emotivo che potrebbe sollecitare risposte di tipo depressivo ed ansioso ancora più marcate di quelle attuali”.
L’ex senatore era tornato libero nel luglio scorso. Era detenuto dal 2014, quando era diventata definitiva la sua condanna a sette anni per concorso esterno a Cosa nostra. Il 20 aprile scorso aveva ricevuto un’altra condanna, questa volta a dodici anni di carcere al processo sulla trattativa Stato-Mafia con l’accusa di minaccia a corpo politico dello Stato. Proprio la possibilità di una nuova pena aveva portato, nel febbraio scorso, lo stesso tribunale di Sorveglianza a negare la liberazione del fondatore di Forza Italia. La condanna per concorso esterno a Cosa nostra, però, riguarda solo per i fatti commessi fino al 1992. Fino a quando, cioè, Berlusconi non era ancora un esponente di un partito politico. Lo sarebbe diventato formalmente solo alla fine del 1993. E infatti la pena inflitta a Dell’Utri al processo Trattativa è per i fatti commessi nel 1994. Quando Berlusconi è già presidente del consiglio. “La sentenza dice che l’ex senatore ha fatto da cinghia di trasmissione tra le richieste di Cosa nostra e l’allora governo Berlusconi che si era da poco insediato. La corte ritiene provato questo”, aveva spiegato il pm Nino Di Matteo dopo la sentenza della corte d’assise di Palermo. Dell’Utri, in pratica, è colpevole di essersi fatto portatore del ricatto di Cosa nostra: o si attenuava la lotta alla mafia, o la piovra avrebbe continuato a colpire il Paese a colpi di tritolo. Adesso, però, Dell’Utri sta male: per altri cinque mesi potrà rimanere a casa di suo figlio nella Capitale.