Il tribunale del Riesame ha disposto gli arresti domiciliari per Maurizio Zamparini, l’ex patron del Palermo calcio. I giudici hanno accolto il ricorso della procura, che in prima istanza si era vista respingere la richiesta di misure cautelari. L’inchiesta è coordinata dai pm Dario Scaletta e Francesca Dessì, dall’aggiunto Salvo de Luca e dal procuratore Francesco Lo Voi. Il provvedimento non è esecutivo fino alla pronuncia della Cassazione.

Per i giudici del Riesame esistono a carico dell’imprenditore friulano, che nei mesi scorsi aveva lasciato tutte le cariche ricoperte nella società rosanero, sia i gravi indizi di colpevolezza che le esigenze cautelari. Le indagini, avviate oltre un anno fa dai pm, coinvolgono, oltre al patron friulano, il figlio, la segretaria Alessandra Bonometti, cinque professionisti e l’ex presidente della società calcistica Giovanni Giammarva accusati, a vario titolo, di false comunicazioni sociali, ostacolo alle funzioni di vigilanza della Co.Vi.So.C., sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.

Il Palermo fino al 2018 avrebbe ottenuto le certificazioni sui bilanci grazie a comunicazioni inesatte. Di questo risponderebbe Giammarva, che, per la procura, avrebbe ostacolato l’esercizio delle funzioni dell’autorità pubblica di vigilanza. Ipotesi che il Riesame sembra accogliere.  Alla U.s. Città di Palermo, persona giuridica, è stato contestato l’illecito amministrativo che deriva dal reato di autoriciclaggio che sarebbe stato commesso da Zamparini.

Secondo la procura, Zamparini si sarebbe sistematicamente servito della Mepal., società nata per la commercializzazione dei prodotti rosanero di cui era l’ amministratore di fatto, come di una sorte di ‘cassaforte‘, per mettere al riparo le disponibilità correnti della società dalle procedure esecutive dell’Erario, nei cui confronti il club era esposto per milioni di euro fino al 2017. Per rendere possibili tali spostamenti di denaro, sarebbero stati simulati dei finanziamenti verso la Mepal.

La Mepal è stata ceduta per 40 milioni a una società con sede in Lussemburgo, la Alyssa, che, per i pm, sarebbe comunque sempre riconducibile a Zamparini. Secondo la Procura il valore del marchio sarebbe stato nettamente inferiore e la sopravvalutazione avrebbe consentito di creare una sorta di riserva monetaria poi reimpiegata per ripianare il bilancio in rosso di 27 milioni di euro della Us Città di Palermo. Secondo l’accusa, peraltro, l’operazione di cessione sarebbe stata fittizia visto che la Alyssa di fatto era della famiglia Zamparini. Contestualmente all’indagine penale, la Procura ha chiesto il fallimento della società Us Città di Palermo. L’ istanza è stata respinta dai giudici fallimentari. Come era stata respinta dal gip, per insussistenza delle esigenze cautelari, avendo l’indagato rimesso le cariche, la richiesta di arresto avanzata nei confronti dell’ex patron. Nel contesto dell’inchiesta sulla società il gip aveva disposto il sequestro finalizzato alla confisca di oltre un milione di euro, somma trovata sul conto corrente della società. Il provvedimento, però, era stato annullato dal Riesame.

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