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Notte dei ricercatori, perché è così difficile fare divulgazione scientifica in Italia

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Il 28 settembre scorso si è tenuta la manifestazione europea della Notte dei ricercatori. Molti laboratori di ricerca in 116 città italiane sono stati aperti al pubblico e sono state organizzate dimostrazioni guidate e semplici esperimenti. In un Paese come l’Italia – che ha il secondo più basso numero di laureati in Europa e tra questi una bassa percentuale di laureati in materie scientifiche -, la notte dei ricercatori ha una valenza importante e rappresenta uno dei pochi momenti in cui la scienza comunica con la popolazione.

La manifestazione purtroppo ha dei limiti: divulgare la scienza non è facile e un vero laboratorio di ricerca non si presta molto allo scopo, perché di solito contiene strumenti di non ovvia funzionalità ed è attrezzato per svolgere esperimenti troppo complessi per essere spiegati a persone digiune della materia nel corso di una breve visita. In molti Paesi d’Europa la Notte dei ricercatori si affianca a veri e propri parchi della scienza, spesso associati a laboratori di altissimo livello, nei quali i visitatori hanno accesso a esperimenti e dimostrazioni semplici, pensati per stimolare la curiosità e per essere spiegati e capiti nel corso di una breve visita. Questa estate, ad esempio, ho visitato il parco associato al radiotelescopio dell’Università di Manchester, che è organizzato in un modo molto efficace. Ovviamente i visitatori non hanno accesso alle sale dove si fanno le rilevazioni scientifiche o al radiotelescopio: queste strutture non sono adatte alla divulgazione.

La divulgazione scientifica costa e in Italia è carente: quanto è importante? Noi viviamo immersi in una società ad alta tecnologia e ogni giorno utilizziamo strumenti complessi, che risultano dall’applicazione di scoperte scientifiche, dai telefoni cellulari ai vaccini e ai farmaci. Questi strumenti, oltre a esserci utili nella vita quotidiana, sono prodotti, venduti e comprati e contribuiscono quindi all’economia. Un Paese come l’Italia, che non capisce la scienza e spesso ne diffida, è condannato a perdere terreno in campo tecnologico ed economico rispetto a Paesi più consapevoli.

Purtroppo ci sono forze sociali che spingono in direzione opposta alla diffusione della cultura scientifica. In primo luogo la politica preferisce cittadini meno informati, che è più facile raggirare e convincere: alla fine si raccolgono più voti denigrando i vaccini che raccomandandoli. In secondo luogo la cultura richiede più investimenti dell’ignoranza, sia a livello pubblico che privato, sia in termini economici che di fatica e di impegno personali. D’altra parte il ritorno economico e di civiltà garantito dalla cultura è incommensurabilmente superiore a quello dell’ignoranza: quindi, in mancanza di iniziative più stabili, teniamoci strette le notti dei ricercatori!

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