In Romania le coppie omosessuali non possono sposarsi. Ma alcuni vogliono essere sicuri che non possano farlo nemmeno in futuro. I 19 milioni di elettori del Paese sono chiamati alle urne tra oggi e domani, in un referendum d’iniziativa popolare che si propone di cambiare la norma costituzionale sul matrimonio, abolendo il riferimento ai “coniugi” e sostituendolo con “uomo e donna”, così da sbarrare la strada a ogni ipotesi di legalizzazione delle unioni gay.  Nel Paese l’omosessualità è stata depenalizzata soltanto nel 2001. Un referendum simile si è tenuto alla fine del 2013 in Croazia, con esito positivo.

Il “sì” alla consultazione – dato a oltre il 90%, secondo i sondaggi – è appoggiato da quasi tutte le forze politiche, incluso il partito socialdemocratico al governo: una posizione che è quasi un unicum tra i socialisti europei. Per la modifica spingono la Chiesa ortodossa e la Coalizione per la famiglia, un movimento composto da più di 40 gruppi religiosi e conservatori. Perché il voto sia valido occorre un quorum di almeno il 30% degli elettori: i contrari al quesito punteranno sul boicottaggio delle urne.

Le comunità Lgbt della Romania protestano da mesi contro il referendum, sostenute da Amnesty International e dalle istituzioni Ue. Il vicepresidente della Commissione europea, Franz Timmermans, ha espresso la preoccupazione che ” i valori della famiglia siano trasformati in argomenti che incoraggiano i demoni più oscuri e l’odio contro le minoranze sessuali”. Anche il gruppo dei socialisti e democratici all’Europarlamento – di cui fanno parte i socialdemocratici romeni – si è opposto alla consultazione, sostenendo che il referendum è contrario ai valori della famiglia politica.

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