La ministra Trenta ha ritirato nei giorni scorsi la richiesta di parere parlamentare sul programma Camm-Er inviata alle Camere all’inizio di settembre. La decisione, del tutto inusuale, conferma l’esistenza di forti contrasti nel governo e in particolare all’interno della componente M5s. A fine settembre il Corriere della Sera aveva rivelato uno scazzo (pardonné mua le fransesism) tra il vicepremier Di Maio e la titolare per modo di dire della Difesa. Scontro conclusosi con perdite per la Trenta che avrebbe lasciato turbata (il Corriere dice in lacrime) la riunione. Tutto prontamente smentito con una punta di doverosa indignazione dai guardaspalle mediatici della ministra. “Presunte lacrime, urla o altro ancora – come scritto da alcuni giornali – rappresentano il falso o, nel peggiore dei casi, le fantasie di qualcuno poco informato” dice una nota del M5s.

Ma le smentite, lo sanno anche i militari, hanno di solito l’effetto contrario, quello cioè di confermare l’oggetto della denegazione. Conferma arrivata puntuale due o tre giorni dopo quando il programma (cioè l’Atto di governo 45 nella terminologia parlamentare) è opportunamente scomparso dai radar (trattandosi di missile l’espressione è pregnante). Non appare infatti più nell’ordine del giorno del Senato, mentre sul sito della Camera il documento c’è ancora ma con un “ritirato” tra parentesi.

Con il ritiro, la ministra ha anche cambiato la sua strategia comunicativa. Superata l’annuncite – malattia infantile del grillismo (le categorie leniniste conservano la loro validità) – è subentrato un sobrio silenzio. “Un bel tacer/mai scritto fu”. Nessun annuncio, non su Facebook, tantomeno in video. Di Twitter non ne parliamo. Nessuna rivendicazione di promessa mantenuta. Uno strategico silenzio secondo la tecnica sovietica del maskirovka sperando evidentemente che nessuno se ne accorgesse o ricordasse. Cosa che sarebbe probabilmente successa se non ci fosse stata quella sfortunata baruffa finita sui giornali. Come disse Ed Hutcheson/Humphrey Bogart: That’s the press, baby. The press! And there’s nothing you can do about it. Nothing!” (vedi Nota 1 alla fine).

Certo è che la crisi intramoenia dei Cinque stelle ha gettato nello sconforto le aziende che avrebbero dovuto lavorare al progetto, cioè principalmente Mbda Italia (partecipata da Leonardo) e la sua consociata britannica, Mbda Uk. La firma del contratto con Mbda era in programma per il 29 ottobre, cioè una settimana dopo il parere parlamentare previsto il 21 del mese. Tempi stretti, nelle intenzioni di stato maggiore, Difesa e industria, anche perché il lavoro sul Camm-Er è già iniziato da quasi due anni e l’avviso di gara venne pubblicato a giugno 2017.

Il Camm-Er è un missile antiaereo a medio raggio che dovrebbe sostituire i missili Aspide utilizzati nei sistemi Spada destinati alla difesa delle basi aeree e negli Skyguard-Aspide con cui sono equipaggiati due reggimenti antiaerei dell’esercito, il 17° di Sabaudia e il 121° diviso tra Bologna e Rimini. Missili entrati in servizio alcuni decenni fa, dunque giunti alla fine della loro vita tecnica.

Il programma, nella articolazione sottoposta al voto delle Camere, prevedeva sostanzialmente due fasi: una prima di sviluppo e integrazione nei futuri sistemi antiaerei di Am ed Ei da concludersi nel 2021 e una successiva di acquisizione che sarebbe iniziata solo nel 2027. Impegno finanziario per la prima fase 95 milioni di euro ai quali si aggiungono 450 milioni per la seconda. Una frammentazione, diciamocelo, demenziale. Perché prevedere l’avvio dell’acquisizione ben sei anni dopo la conclusione dello sviluppo in tempi di progressi tecnologici impetuosi significa condannare l’arma all’obsolescenza anticipata. Dopo la planned obsolescence, l’obsolescence by programme. La scelta è d’altronde quasi inevitabile perché il programma sarebbe stato finanziato dagli stanziamenti straordinari previsti dalla legge di bilancio 2017, spalmati fino al 2032.

Attenti però, quei 545 milioni di cui si parla nel programma mandato in Parlamento (e poi prontamente sfilato) sono solo una parte, non so quanto grande, di un programma più complesso. Perché i missili da soli non servono a nulla. Bisogna metterci i radar, i centri di comando, i mezzi di trasporto delle batterie. Nella relazione spedita al Parlamento si parla di Medium advanced air defence systemMaads per l’aeronautica e Posto comando modulo d’ingaggio Pcmi per l’esercito. Insomma un bel po’ di cose che costano a loro volta schei, palanche, fiorini, scudi o euri. Scegliete voi la moneta in base al vostro orizzonte sovranista. Certo, alla fine molti più dindi di quanti richiesti adesso. Senza parlare poi dei soldi necessari per i Camm-Er da imbarcare sulle navi della Marina, non ricompresi nel programma ma di cui si fa cenno nella relazione di accompagnamento.

Non sono ovviamente io a decidere (vedo lo sganasciarsi dei miei fidati hater pronti a scatenare una gragnola di parole in libertà) ma ho l’impressione che il Camm-Er abbia tutto sommato un senso concreto. Prima o dopo i sistemi di difesa aerea dovranno essere sostituiti. E anche per quanto riguarda l’esportazione un missile antiaereo può dare meno mal di pancia delle bombe costruite in Sardegna e che finiscono in testa, tra gli altri, ai bambini yemeniti. Una considerazione che, per una volta, mi mette in sintonia con la ministra quando ha chiesto ai colleghi di governo di rivedere le politiche di export delle armi.

Visto che stiamo parlando di risparmi perché non guardare alle spese veramente inutili? So che scatenerò il solito psicodramma nazionale. Esempio – chi ha il cuore debole non legga per favore – le Frecce Tricolori: dei trapezisti volanti che ci costano decine dei milioni l’anno. Senza contare il miliardo e più per i 15 aerei che l’Italia sta comprando per sostituire quelli oggi in servizio. A cosa servono? A chi servono? Ma forse è un’idea troppo im-popolare/populista.

(Nota 1) La frase mi piace ancora di più da quando mi sono ricordato che il gangster che minaccia Bogart si chiama Rienzi. Dice nulla?

 

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