L’uragano Jair Bolsonaro alla fine ha travolto il Brasile, superando le aspettative della vigilia. Il candidato di estrema destra brasiliano ha sfiorato il passaggio al primo turno raggiungendo il 46,03% dei voti, e mettendo una seria ipoteca sull’elezione al secondo turno che si disputerà il prossimo 28 ottobre. Lo sfidante sarà Fernando Haddad del Partito dei lavoratori che ha raccolto al 29,28% dei consensi. E sarà la sfida tra due visioni diametralmente opposte della politica, dell’economia e della società brasiliana.
Nelle ultime settimane, la sensazione che Jair Messiah Bolsonaro guadagnasse terreno era forte, ben oltre le stime dei sondaggi che poco prima del voto lo collocavano al di sopra del 30%. Dopo l’attentato subito da parte di uno squilibrato che il 6 settembre lo ha accoltellato durante un comizio e la mancata presenza ai dibattiti televisivi con gli altri candidati, le crescita è stata costante. Le campagne mediatiche intense ma tardive, anche da parte della stampa internazionale, e le mobilitazioni organizzate dalle donne in tutte le città brasiliane non hanno avuto effetto sulla sua affermazione. E alla fine, tra l’incredulità di molti, gli è mancata solo una manciata di voti per raggiungere la vittoria al primo turno, raggiungendo un risultato fino a poco fa impensabile: 46,03%.
Come da previsioni, il ballottaggio sarà tra Bolsonaro e Fernando Haddad del Partito dei lavoratori (Pt), che ha raggiunto il 29,28% dei voti. Quest’ultimo, è entrato in corsa per le presidenziali appena a fine agosto, quando anche l’ultima speranza di vedere candidato l’ex presidente e leader del Pt Luiz Ignacio Lula da Silva, in carcere per corruzione e riciclaggio, erano sfumate. E senza Lula, il partito è crollato. Il simbolo del declino è tutto nella mancata elezione di Dilma Rousseff al Senato. L’ex presidentessa destituita due anni fa, non è andata oltre il terzo posto nel suo Stato. Molti voti del Pt sono transitati verso Ciro Gomes del Partito democratico laburista che aveva sin dal primo momento puntato a raccogliere il dissenso tra gli elettori di sinistra che non si identificavano nel Pt: alla fine ha ottenuto solo il 12,47%. Anche insieme, Fernando Haddad e Gomes non superano il 40% e non è detto che, in caso di alleanza al secondo turno, i loro voti possano sommarsi. Sfiducia e soprattutto un forte sentimento anti-Pt potrebbero portare molti a disertare le urne o comunque a non votare per Haddad. Mentre gli elettori di Bolsonaro saranno ancor più motivati ad appoggiare il proprio uomo forte.
Alla fine l’outsider ha avuto la meglio. Appena un paio di anni fa, quando le prime voci sulla possibile candidatura a presidente di quello che all’epoca era solo il pittoresco deputato Bolsonaro cominciavano a circolare, la possibilità di vederlo correre per il Planalto strappava un sorriso a molti. E invece Bolsonaro ha iniziato a insinuarsi nelle pieghe del caos istituzionale, dell’incertezza politica, della crisi economica, della violenza fuori controllo e della corruzione, trovando sempre più spazio. La crescita è stata lenta ma costante, lontana dai riflettori e poco seguita dai media tradizionali. Mentre la stampa era impegnata a riportare in maniera maniacale ogni passo della telenovela politico-giudiziaria di Lula, gli arresti di un numero sempre crescente di politici coinvolti nell’inchiesta Lava Jato e le notizie della crisi economica sempre più pesante, Jair bolsonaro raggiungeva i suoi elettori via Whatsapp, su Twitter e su Facebook. Proponendosi come l’uomo nuovo, fuori dall’establishment corrotto, il militare salvatore della patria in grado di usare il pugno duro per ridare forza al Paese. E tra qualche battuta omofoba e qualche offesa misogina, tra la costante apologia alla dittatura e alla tortura, qualche minaccia di morte ai criminali, la sistematica offesa ai neri, ai poveri e ai lavoratori, da solo ha portato il suo messaggio di politico anti-sistema nei cuori di tanti esasperati, confusi, arrabbiati e stanchi brasiliani, che si sono affidati a lui: quasi 50 milioni.
La costante polarizzazione favorita dai media e il fatto che tutti gli altri candidati lo abbiano additato come il nemico hanno solo motivato il suo “esercito”, consolidando sempre più il suo sostegno tra le persone comuni, raccogliendo poi alcuni settori delle chiese evangeliche più radicali, la cui visione ultra conservatrice della vita non è molto dissimile dalle posizioni di Bolsonaro, soprattutto su donne e gay.
L’affermazione di Bolsonaro è il risultato di diversi fattori politici. Certo la crisi a sinistra e l’opposizione alla forzata narrazione lulista, ma anche il tracollo sui partiti di centrodestra, sui quali pure tanti cittadini avevano fatto affidamento, appoggiando in massa l’impeachment della presidentessa Dilma Rousseff. Il fatto che i grandi accusatori del Movimento democratico brasiliano (Mdb) e del Partito Social democratico brasiliano (Psdb) si siano rivelati più corrotti degli accusati il popolo non l’ha perdonato. Il candidato del partito del presidente uscente Michel Temer, il ministro Enrique Meirelles, ha raggiunto appena l’1,20%. Il Psdb, che con Aecio Neves candidato presidente alle scorse elezioni aveva ottenuto il 33% dei voti al primo turno e il 49 al ballottaggio, ieri con il candidato Geraldo Alckimin non ha superato il 4,76%. L’eterna outsider Marina Silva, che nelle ultime due tornate elettorali nel 2010 e 2014 aveva ottenuto rispettivamente il 19 e il 21,32% dei voi, ieri ha raccolto un misero l’1%.
Vista la sfiducia verso i partiti tradizionali, per molti elettori non c’è stato nessuno nel quale confidare. Nessun oltre Bolsonaro. Il candidato non ha fatto altro che veicolare il messaggio di sempre, senza aggiungere grandi programmi elettorali, puntando su quello che gli aveva portato sempre successo: un qualunquismo fatto di slogan, un ostentato autoritarismo militaresco e un’intolleranza verso le minoranze, tanto arrogante e offensivo da sembrare spesso iperbole. E invece quelle slabbrate parole d’odio hanno fatto breccia. L’intolleranza latente dentro molti brasiliani sentitisi negli ultimi anni abusati in qualche modo ha generato una forte identificazione. L’immagine di un cittadino che si è filmato mentre premeva i tasti delle urne elettroniche con la pistola è forse il massimo della rappresentazione di identificazione degli elettori con chi, come soluzione alla criminalità, propone il porto d’armi libero per tutti e la licenza di uccidere per i poliziotti. Violenza verbale e fisica ora al potere.
In attesa di sapere se il prossimo 28 ottobre il Brasile eleggerà il presidente più di destra della sua storia dopo la fine della dittatura nel 1985, molti estremisti di destra, militari radicali prestati alla politica ed evangelici ultra conservatori sono stati già eletti in Parlamento. In caso di vittoria al secondo turno, molte delle leggi che prima potevano suonare come delle irrealizzabili uscite teatrali, slogan elettorali o dichiarazioni per ottenere qualche click in più potrebbero diventare realtà. La giovane e incerta democrazia brasiliana è messa ancora una volta alla prova. Nel momento in cui il paese avrebbe maggiore bisogno di pacificarsi e di affrontare con competenza le necessarie riforme per tornare a crescere e uscire dal pantano dal quale da anni non riesce a tirarsi fuori, si radicalizza il conflitto, gettando ancora benzina sul fuoco.