I robot umanoidi hanno la capacità di plasmare le nostre idee e perfino la concezione stessa della vita: per questo rientrano nella nuova categoria delle “macchine allusive”, ovvero una classe di tecnologie capaci di spingerci in modo naturale e quasi impercettibile ad allargare i nostri orizzonti e sviluppare nuove credenze, perfino a riconsiderare il concetto di vita al di là dei tradizionali confini biologici. A indicarlo è uno studio della IT University of Copenhagen, presentato a Oslo in occasione della conferenza sull’interazione uomo-computer NordiCHI 2018.

I ricercatori hanno lavorato per cinque mesi nel laboratorio giapponese dove è nato il robot umanoide Alter, famoso in tutto il mondo per le sembianze e i movimenti estremamente naturali, che lo fanno sembrare quasi vivo nonostante abbia testa e braccia collegate a un tronco fatto di circuiti e fili a vista. Esaminando le sue interazioni con gli umani (ovvero i suoi sviluppatori e le persone del pubblico a cui viene spesso presentato), è emerso che Alter è in grado di modificare il loro modo di concepire la vita e le qualità che definiscono ciò che è vivente.

“L’interazione con il robot, che non è una forma di vita biologica, ci spinge ad allargare i nostri orizzonti e a sviluppare nuove concezioni”, commenta Antonio Frisoli, del laboratorio di robotica percettiva della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Non è la prima volta che la tecnologia cambia il nostro modo di pensare: “E’ il caso ad esempio dei videogame e soprattutto della realtà virtuale, che può farci vivere esperienze che ci toccano nel profondo anche a scopo terapeutico, ad esempio per cancellare un trauma o una fobia”. Per il momento l’impatto dei robot sulla nostra mente non è ancora così evidente “perché sono ancora confinati ai laboratori di ricerca – sottolinea Frisoli -. Ma dobbiamo iniziare a pensare a quello che accadrà in futuro, ad esempio quando gli anziani saranno assistiti da robot badanti: dobbiamo ancora capire che tipo di rapporto instaureranno con queste entità dotate di comportamenti autonomi”.

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