Il maltempo in arrivo nella zona in cui si è sversato l’olio combustibile dopo la collisione delle due navi tra la Corsica e l’isola di Capraia rischia di rendere più difficoltoso il recupero. A lanciare l’allarme è l’Ispra, spiegando che la sostanza inquinante potrebbe inglobare goccioline d’acqua e finire sotto la superficie del mare coinvolgendo così specie animali e vegetali. L’Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale scrive sul proprio sito web, pubblicando la risposta fornita alla Capitaneria di Porto, che “questo tipo di prodotto, arrivato in prossimità dei litorali, può inglobare eventuale materiale sedimentario in sospensione e affondare, coinvolgendo le biocenosi del fondo (complesso di popolazioni animali e vegetali che vivono e interagiscono fra loro nello stesso ambiente) e determinando un’ulteriore difficoltà di recupero”.
La collisione fra le due navi, il traghetto Ulysse della Ctn e la portacontainer Cls Virginia, avvenuta verso le 7,30 di domenica mattina nel mar Tirreno al largo della Corsica, a 14 miglia da Capo Corso in acque territoriali francesi, ha provocato lo sversamento di carburante che si è esteso in un’area lunga di circa 27 chilometri nella zona del Santuario internazionale dei cetacei – triangolo di mare racchiuso tra Nord della Sardegna, Corsica, Toscana e Liguria, fin quasi a Tolone, in Francia – dove “sono stati osservati sia la balenottera comune che il capodoglio“, ricorda Greenpeace.
Ora, a causa del previsto peggioramento delle condizioni meteo-marine, l’Ispra avverte circa il rischio che ad essere coinvolte siano anche le coste. L’Istituto spiega che “considerando che si tratta di un olio combustibile pesante, e conoscendo il comportamento in mare di questa categoria di miscela oleosa, fintanto che le condizioni meteo-marine rimangono tranquille (mare calmo e vento assente), il prodotto continuerà a galleggiare lungo una linea, secondo la direzione della corrente” che al momento procede in direzione nord-ovest. A queste condizioni, come sta già avvenendo, potrà essere recuperato.
“Qualora, come previsto per i prossimi giorni, potrà verificarsi un peggioramento delle condizioni meteo-marine – avverte l’Ispra – l’aumento del moto ondoso non permetterà un agevole recupero del combustibile che ingloberà goccioline di acqua (fino all’80% del volume totale) favorendone altresì lo spostamento sotto la superficie del mare”. In questo caso, la chiazza nera non verrebbe “vista dai sistemi di rilevamento” e potrebbe “apparire solo quando (sarà, nda) in prossimità della costa”. Ed è qui che può “affondare, coinvolgendo il complesso di popolazioni animali e vegetali che vivono e interagiscono fra loro nello stesso ambiente e determinare un’ulteriore difficoltà di recupero”.
Al momento, Francia e Italia hanno circoscritto l’enorme chiazza di idrocarburi e assieme hanno avviato le operazioni di pulizia della marea nera. La scia di olio si è allungata per una ventina di chilometri al largo di Capo Corso, e si è allargata anche di 300 metri per un totale di diverse centinaia di metri cubi. Sotto il coordinamento delle autorità francesi e in applicazione del piano d’intervento RamogePol – tra Francia, Italia e Principato di Monaco per la lotta contro gli inquinamenti marini accidentali nel Mediterraneo – la Guardia Costiera italiana continua il monitoraggio dell’area con mezzi aerei e navali per la messa in sicurezza del tratto di mare. E prosegue il recupero dell’olio in mare da parte di uno dei tre mezzi antinquinamento della società consortile Castalia, convenzionata con il ministero dell’Ambiente.
Preoccupazione viene espressa anche dal sindaco de La Maddalena, Luca Montella: “L’ incidente ci dice che non sono solo le navi cisterna il problema, ma tutte le navi di certe dimensioni, le quali mettono l’ambiente a rischio solo già solo per il combustibile per la trazione che trasportano nei loro serbatoi”. Uno sversamento di tale dimensioni “non possiamo permettercelo”, aggiunge il sindaco auspicando “ora che qualcosa si muova, prima e non dopo, magari incentivando, come richiesto dall’Organizzazione Marittima Internazionale anche l’impiego del pilota a bordo per il transito nelle Bocche di Bonifacio, dove transitano annualmente oltre 3.000 navi, di cui circa l’80% sono considerate ad alto rischio ambientale proprio per il combustibile a bordo”.