Cronaca

Inps, effetto incentivi: da revoche taglio di altri 10 milioni a malattia e invalidità. Capo personale: “Sistema complesso”

Solo quest'anno l'ente punta a tagliare prestazioni per 80 milioni di euro, l'11,4% in più rispetto all'anno scorso, anche grazie all'incentivo economico su malattia e invalidità civile inserito tra i parametri di valutazione dei 517 medici legali. "Nessun grande sindacato si è opposto", si difende il direttore del personale. Il giuslavorista Cerana: "Una aberrazione, il cittadino ha il dubbio che il beneficio gli venga negato in virtù del guadagno accessorio che il medico ottiene"

Dieci milioni di euro in meno solo quest’anno. Tanto vale il taglio delle prestazioni previdenziali pianificato dall’Inps nel 2018, da conseguire anche grazie al nuovo “incentivo di risultato” per il medico che le nega. Siamo all’apogeo di un sistema malato, dove lo Stato che arranca dietro i falsi invalidi si mette a gratificare il dottore che riconosce meno pensioni e periodi di malattia a tutti. La conferma è nei documenti e nei numeri ufficiali dell’Inps: la scure sulle prestazioni al 31 dicembre supererà gli 80 milioni di euro, oltre 10 in più rispetto ai tagli alle erogazioni praticati l’anno scorso. Sul sito dell’ente, tra le carte, c’è anche la tabella che indica dove colpirà di più. Un’altra conferma arriva poi dal capo del personale dell’Istituto: è vero, per la prima volta nella sua storia, l’ente riconoscerà un incentivo ai dirigenti dell’area medico-legale in base a quante prestazioni per malattia e invalidità riusciranno a revocare. Che siano spuntate queste due voci tra gli “indicatori di efficienza” che concorrono alle retribuzioni di risultato dei 517 medici-commissari dell’ente è scritto, nero su bianco, nel Piano triennale delle performance 2018-2020 approvato il 13 marzo dal presidente dell’Inps Tito Boeri (scarica). Che, pur avendo firmato il provvedimento, ha rifiutato di commentare.

Eppure non è banale, né secondario, il punto sollevato dall’Associazione nazionale dei medici Inps (Anmi) prima, e rilanciato ora da Vittorio Agnoletto. E’ anzi estremamente delicato: dare un incentivo al medico per negare o revocare un diritto pone il medico stesso di fronte a un problema deontologico, insinua poi nel cittadino-paziente il dubbio che il beneficio della pensione o malattia gli venga negato non per una valutazione oggettiva e imparziale, secondo “scienza e coscienza”, come recita il giuramento professionale, ma in virtù del guadagno accessorio che il medico ottiene. “Non conta il quantum”, precisa Agnoletto, “è sufficiente che già ora sappia che negare quel riconoscimento gli comporta un vantaggio economico”. Così, sostiene, si incrina la fiducia nel medico e in tutto il sistema.

Al posto di Boeri parla il direttore del personale dell’Inps, Giovanni Di Monde. Inizialmente non sembra prendere in considerazione le implicazioni etiche: “Nessuna delle sigle sindacali con cui abbiamo condiviso il piano e dovremo trovare gli accordi operativi per la definizioni degli incentivi ha posto questo tema facendo osservazioni o lamentele di carattere deontologico”. Se le cose stessero davvero così, ci sarebbe molto di cui preoccuparsi. De Monde parla dei falsi invalidi, snocciola cifre tristemente note. Quando gli si fa notare che nel “Piano” c’è già la voce premiale per le visite ispettive, come accertamento di prestazioni indebite, smorza così i rischi del pacchetto-premio al denegato riconoscimento: “Intanto l’input è arrivato dal Presidente, quindi noi ci occupiamo di tradurlo. Poi deve considerare che la premialità introdotta diventa parametro dentro un sistema di valutazione più complesso. Sarà una componente insieme ad altre voci e criteri di efficienza, sul piano gestionale e organizzativo, della presenza, ad esempio. In ogni caso la delibera presidenziale stabilisce i parametri, non quanto devo ridurre”.

Ma qui sono le carte a parlare. Nel Piano, a pagina 16, viene riportato il riepilogo nazionale degli “Indicatori di efficienza economico-finanziaria della produzione”. Le ultime due righe sono relative l’annullamento della malattia e la revoca di invalidità, dalle quali, per quest’anno, è previsto un “risparmio” per le casse dello Stato pari a 81.412.836, contro 72.988.947 che erano l’obiettivo 2017, vale a dire un 11,4% in più. L’Inps dice di non aver programmato le riduzioni, ma come detto una tabella riporta il riepilogo nazionale e un’altra anche l’ammontare su base regionale: per l’invalidità in Sicilia (10 milioni), Puglia (6,2), Campania (4), mentre per la malattia in cima alla classifica del risparmio da conseguire ci sono la Lombardia (2,7 milioni), Sicilia (2,3), Puglia (1,9), Calabria (1,8) ed l’Emilia Romagna (1,4). Soldi che lo stato cercherà di non spendere nelle prestazioni, salvo spendere di più per il medico che più asseconda questa indicazione. Bene, sulla pelle di quanti?

“Così si finisce per minare  anche la fiducia nella professionalità del medico”, commenta l’avvocato Nico Cerana, giuslavorista, da oltre trent’anni attivo nell’ambito del pubblico impiego. “L’Inps sta montando un sistema perverso. Parlando di obiettivi, si afferma di operare nell’interesse della collettività, ma la collettività paga con la fiscalità generale i medici e l’Inps perché perché gli accertamenti sulle condizioni di salute delle persone più fragili rispondano a criteri di obiettività e correttezza professionale, sui quali non possono prevalere ragioni di mero risparmio. La retribuzione di risultato prevede che il 70% delle risorse sia destinato alla valutazione del grado di raggiungimento degli obiettivi di risultato assegnati, contro il 30% destinato alla valutazione delle competenze professionali e manageriali dimostrate. Nel caso del medico, l’elemento premiale avrebbe potuto incentrarsi nell’aumento del numero dei controlli, nella riduzione dei tempi di effettuazione degli accertamenti sanitari, di approvazione dei relativi verbali e di comunicazione degli esiti ai soggetti interessati. Questo ha senso sotto il profilo economico della prestazione. Con questi premi, invece, ogni risparmio conseguito si porta dietro il dubbio di un diritto negato dietro incentivo al medico”.

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Gentile Direttore,

in risposta ad articoli apparsi su Il Fatto Quotidiano online, riguardo a presunte distorsioni presenti nel sistema di misurazione e valutazione della Performance dei medici dell’Istituto, si precisa quanto segue.

Un recente pronunciamento del Consiglio di Stato ha previsto la necessità di garantire l’autonomia dell’attività professionale. Tale autonomia ha indotto ad adottare verso i professionisti del Coordinamento medico legale dell’Istituto meccanismi di valutazione della performance analoghi a quelli già in uso per le altre strutture dell’INPS.
Per questo, il Piano della performance del 2018 ha previsto che la retribuzione accessoria dei medici dell’Istituto, da quest’anno, contenga anche, ma ovviamente non solo, una valutazione sul contributo alla riduzione del debito pubblico, come quello previsto per i dirigenti dell’istituto e i professionisti legali.
Nel caso dei medici, tra i molteplici indicatori che valutano la loro attività, gli indicatori economico-finanziari considerano nello specifico gli effetti finanziari collegati alle attività relative alle “Revoche Prestazioni invalidità civile”, “Visite mediche di controllo”, “Azioni Surrogatorie”. Si noti che tale indicatore incide per mediamente il 6,7% della sola retribuzione accessoria.

L’obiettivo di questi incentivi è duplice. Da un lato, si vuole spingere il personale medico a contribuire, grazie alle sue competenze, a meglio identificare quali sono gli utenti che è più probabile vedano un mutamento in positivo della loro condizione di salute. Nel caso dell’invalidità civile, per fare questo il medico legale può, ad esempio, prevedere una revisione più frequente dell’invalidità rispetto allo standard previsto dalla legge.
Inoltre questo indicatore vuole rappresentare una leva gestionale per migliorare l’efficienza delle attività di revisione delle prestazioni legate all’invalidità civile attraverso una migliore programmazione delle visite allo scopo di effettuarle prima della scadenza della prestazione ed evitare il pagamento di mensilità indebite.
E’ evidente, quindi, la stretta correlazione tra numero di visite ed effetto finanziario conseguente. Negli scorsi anni si è infatti notato come l’aumento del numero di revoche in una data regione sia spesso accompagnato ad una maggiore efficienza delle visite (più visite svolte in un dato giorno).

Importante precisare che la performance relativa alle revoche è valutata a livello regionale. Ciò significa che concorrono quindi al risultato tutti i medici della regione. Per questo riesce arduo immaginare che un singolo professionista possa incidere sul risultato finale della retribuzione attesa, vista tra l’altro la bassa incidenza dell’indicatore in questione sulla performance complessiva.

Non c’è pertanto “un privato interesse economico che si scontra con il dovere professionale di agire secondo scienza e coscienza”. C’è invece un incentivo collettivo a essere più efficienti e scrupolosi nei giudizi medici e, soprattutto, nelle valutazioni relative al possibile mutamento della malattia che potrebbero comportare un miglioramento più rapido rispetto ai tempi standard previsti per legge e, pertanto, potrebbe tradursi in un risparmio per l’INPS e quindi per la collettività. Troviamo, infine, fortemente lesiva della professionalità dei medici Inps l’insinuazione secondo cui reagirebbero a questi incentivi non rispettando il codice deontologico, che ha da sempre ispirato ogni giudizio medico legale dell’istituto. Di questo comportamento rispondono alla giustizia penale e civile e allo stesso Ordine dei Medici da cui non abbiamo mai avuto segnalazioni di comportamenti non corretti.

LA NOSTRA RISPOSTA
Ringraziamo l’ente per la precisazione che non smentisce nulla di quanto scritto.  La scelta di premiare i medici che tagliano le prestazioni è stata prontamente condannata dall’Ordine dei Medici e da diverse associazioni di invalidi che l’hanno bollata come “dirompente” e “inaccettabile”. Poco conta, allora, se al fondo ha ragioni economiche, organizzative o di altro genere, neppure che il quantum dell’incentivo promesso sarà modesto o come venga distribuito tra i medici: il punto è che il medico non può essere premiato per i “risparmi” che fa conseguire all’ente, meno che mai sulla pelle dei cittadini.