Secondo gli inquirenti il capostipite della famiglia Niceta, Mario, e i figli, titolari di una serie di negozi di abbigliamento, avrebbero accumulato il loro tesoro grazie ai legami con Cosa nostra. Dopo il sequestro tutti i punti vendita hanno chiuso i battenti
Sotto sequestro dal 2013 adesso torna nelle disponibilità dei legittimi proprietari. I giudici della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo hanno dissequestrato il patrimonio degli imprenditori palermitani Niceta. Si tratta di società e immobili del valore di 50 milioni di euro. Per i Niceta è il secondo provvedimento favorevole. La corte d’appello aveva già annullato un sequestro disposto dal tribunale di Trapani.
Secondo gli inquirenti il capostipite della famiglia Niceta, Mario, e i figli, titolari di una serie di negozi di abbigliamento, avrebbero accumulato il loro tesoro grazie ai legami con Cosa nostra. Dopo il sequestro tutti i punti vendita hanno chiuso i battenti. A carico dei Niceta sono stati disposti due provvedimenti: uno su proposta del questore di Trapani che ha colpito i negozi “Blue Spirit” e “Niceta Oggi“, l’altro su proposta dei pm di Palermo che aveva ad oggetto l’intero patrimonio della famiglia.
A Trapani avevano contestato ai Niceta di essere prestanome del boss Filippo Guttadauro: tesi che non ha retto al processo d’appello. A Palermo a loro carico erano state prodotte le dichiarazioni del pentito Angelo Siino, che aveva indicato il capostipite della famiglia come prestanome di Giuseppe Abbate, capo della famiglia mafiosa di Roccella, e quella di Massimo Ciancimino che aveva raccontato di un summit con Bernardo Provenzano e padre, don Vito, a cui avrebbe partecipato anche Mario Niceta. Gli imprenditori erano difesi dagli avvocati Roberto Tricoli e Salvino Pantuso.