La modernità è abitata da un’intima contraddizione tra la ragione del calcolo e la ragione del cuore. La prima coincide con il profilo dell’homo oeconomicus forgiato dalle logiche individualizzati e acquisitive della nuova economia dello scambio. Alla stregua di Robinson, il grande mito fondativo del moderno, l’individuo figura ora come un atomo concorrenziale e calcolante, proiettato nell’egoistica e acquisitiva ricerca dell’utile personale: rispetto al quale l’altro stesso, in ogni sua forma, è considerato come medium. Irriducibile allo spirito calcolante, la ragione del cuore, dal canto suo, testimonia di un’insopprimibile alterità, collocata nel petto dell’uomo, rispetto alle logiche del do ut des. È la ragione relazionale dell’eros come apertura all’alterità e come ricerca di quell’unità duale in cui si risolve l’esperienza amorosa.
Come ho cercato di mostrare nel mio libro Il nuovo ordine erotico. Elogio dell’amore e della famiglia, essa segna il rovesciamento della ragione calcolante, non solo in quanto all’individualismo acquisitivo contrappone la gratuità di una relazione donativa e senza tornaconto, ma anche perché intrinsecamente sfugge alla presa della misurazione quantitiva. Alla prosa utilitaristica del calcolo, che tutto deve ricondurre al regno della cifra, si contrappone in maniera non conciliabile la poesia dell’amore, che sorge senza un perché ed eccede, per sua essenza, ogni meccanica della causa e ogni logica dell’algoritmo.
Tra le più significative e letterariamente riuscite espressioni dello iato tra queste due forze, sul cui conflitto viene strutturandosi il moderno, è la figura del giovane Werther tratteggiata da Goethe. Werther si trova a soffrire sulla propria carne viva la dolorosa esperienza della scissione: il suo corpo, per un verso, è abitato dal giovane innamorato che, senza calcoli, prodiga il suo tempo e si apre senza riserve all’alterità, con la quale vorrebbe instaurare l’unità duale dell’amore. E, per un altro, è animato dalla sterile condotta del grigio funzionario che tutto riconduce alle aride logiche del calcolo e della misurazione quantitativa.
Nella travagliata e tragica figura di Werther si affrontano, senza possibile conciliazione, l’economia borghese dell’accumulo quantitativo, che si mantiene a distanza di sicurezza da perdite e sprechi, e l’economia amorosa della dispersione non calcolata e della donatività priva di utili. Se l’uomo amoroso si realizza naturaliter nella donatività estroflessa e relazionale, l’homo oeconomicus, dal canto suo, dispiega appieno la propria essenza nel nudo valore di scambio e nell’egoismo predatorio autocentrato.
La mutua esclusione tra la dimensione del pensiero calcolante e le ragioni del cuore affiora già limpidamente, oltretutto, dalla fatale omissione operata da Cartesio, nelle pagine delle Meditationes de prima philosophia, nel tratteggiare le prerogative dell’ego cogitans, tra le quali manca, appunto, la dimensione dell’amare. Rovesciando l’identità istituita da Cartesio tra l’esse e il cogitare, potremmo avventurarci a condensare in queste parole l’alterità tra le due sfere del pensare calcolante e dell’amare donativo: a volte penso, a volte amo.
Si spiega anche in questa cornice di senso per quale ragione gli antichi greci concepissero l’amore alla stregua di una “divina mania” – così, ad esempio, in Platone (Fedro, 249 c-d) –, ossia di un dono supremo che, a differenza delle malattie umane, è massimamente benefico nell’introdurre un principio altro rispetto alla ragione e non rapportabile alle sue leggi. Ne conserverà memoria, tra gli altri, il Giordano Bruno degli “eroici furori” e, prima di lui, Dante.
La antitesi tra calcolo razionale ed eros antiutilitaristico, che attraversa il moderno, è stata oggi risolta, nell’evo del competitivismo assoluto e del capitalismo liquido-finanziario, mediante l’annullamento dell’economia amorosa: i cui spazi sono stati dissacrati e rioccupati dall’economia del calcolo quantitativo. Il liberismo ha spodestato la gratuità donativa della relazione amorosa, ridefinendola nella forma alienata del libertinismo individualistico degli atomi gaudenti, che nell’altro cercano solo il proprio plusvalore economico e il proprio plusgodimento erotico.
La relazionalità gratuita dell’amore come ricerca dell’unità duale e del donarsi interamente all’altro è annichilita dalla gelida ragione calcolante del discorso del neolibertino: il quale non fa che tradurre, sul piano dell’erotica, il programma del neoliberista, centrato sulla valorizzazione del valore, sulla deregolamentazione tesa al competitivismo estremo e senza limiti, sulla decostruzione di ogni stabilità a lungo termine.