A Palazzo Chigi prima "cabina di regia" con le società statali per uno sforzo utile a convincere in extremis Ue e mercati. Conte parla di un impegno aggiuntivo di circa 20 miliardi. Di Maio: "Un assunto per ciascun lavoratore che esce dal mercato"
Eni, Enel, Saipem, Fincantieri, Ferrovie, Leonardo fino ad Ansaldo e Open Fiber. Era stata invitata anche Tim poi la convocazione dell’azienda telefonica è stata ritirata quando a Palazzo Chigi si sono accorti che ormai è partecipata solo al 5 per cento. I rappresentanti di tutte le partecipate dello Stato sono rimaste a colloquio, in un’inedita cabina di regia, per oltre due ore con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il suo vice Luigi Di Maio, ma anche molti altri componenti di governo: dal ministro Paolo Savona al sottosegretario Stefano Buffagni, da Giancarlo Giorgetti a Giulia Bongiorno. E’ così che il governo ha chiesto quello che Conte aveva già annunciato dal giorno della presentazione della Nota al Def: un “aiuto” allo Stato da parte delle sue aziende, con più investimenti e più assunzioni per non disattendere le prospettive di crescita contenute nel piano della manovra.
E’ stato il presidente Conte a prendere la parola per primo. Il capo del governo ha ribadito di voler puntare sulle infrastrutture materiali e immateriali, di voler creare un ambiente “più amico” per gli operatori economici, per favorire insomma quella “corsa” agli investimenti con cui M5s e Lega puntano a convincere, in extremis, Unione Europea e mercati finanziari.
Al termine del vertice Conte e i suoi vice Luigi Di Maio e Matteo Salvini assicurano: “Abbiamo avuto grande disponibilità e abbiamo convenuto che una manovra diversa avrebbe portato alla recessione“, spiega il presidente del Consiglio parlando di investimenti aggiuntivi, da parte delle aziende, pari a 20 miliardi con il piano delle riforme in campo. Mentre Di Maio sottolinea che, con la riforma quota 100, per “ogni pensionato si avrà più di un assunto“.
Nelle ore cruciali che danno avvio all’iter della legge di Bilancio in Parlamento, tuttavia, soprattutto l’ala grillina del governo punta parecchio, quasi tutto, sul ruolo di Cassa Depositi e Prestiti. E’ Cdp, che come una sorta di “nuova Iri” nella strategia del governo (e appunto in particolare in quella del M5s), potrebbe fare da volano agli investimenti delle partecipate. All’ad Fabrizio Palermo, di fatto, viene fatta firmare una cambiale in bianco che prevede un impegno, cospicuo, della società controllata per oltre l’80 per cento dal Tesoro. Al tavolo qualcuno dei dirigenti delle aziende fa notare che per completare un’opera servono anche dieci anni e quindi a tutte le partecipate il governo assicura in cambio un piano di riforme: da quella del codice degli appalti al riassetto del fisco, dalla riforma del codice civile a un massiccio piano di semplificazione burocratica. Cercheremo di cambiare le cose per gli investitori in modo operativo ma con una logica più micro che macro, è stato il messaggio del ministro dell’Economia Giovanni Tria.
L’ad di Eni Claudio Descalzi ha incontrato a parte Conte poco prima del tavolo con tutti gli altri. Le parole dell’amministratore delegato sono state le più “dolci” alle orecchie dei membri del governo. Con la quota 100 prevista dalla riforma della Fornero la società potrebbe far partire un piano di assunzioni di 3600 persone in 4 anni, cioè tre giovani ogni uscita.
L’unica a muoversi nel breve periodo, invece, potrebbe essere Cdp. Grazie alle riforme strutturali, è l’impegno di Palermo, nel quinquennio il piano di finanziamento per gli investimenti delle aziende potrebbe passare da 22,5 a 35,3 miliardi. Si tratterebbe di investimenti delle partecipate di Cdp ( i primi 22,5 sono quelli già previsti ai quali si aggiungerebbero 5,3 miliardi, che riguarderebbero investimenti attualmente bloccati per problemi amministrativi o normativi. Altri 7,5 miliardi sarebbero in via di pianificazione). In questo perimetro, scrivono i giornali, rientrerebbero Terna, Snam, Fincantieri, Italgas, Open Fiber, Ansaldo Energia. Non ci sono, invece, né Ferrovie né Poste.
Gli altri manager presenti non si spingono in stime né di assunzioni né di investimenti. Tra le altre partecipate non può che regnare la prudenza. L’ad di Enel Francesco Starace ricorda di voler portare da 6,1 a 8,3 miliardi il piano di investimenti dei prossimi tre anni, che sarà discusso il 20 novembre. E, chiaramente, nessuna disponibilità arriva sull’acquisto di titoli di Stato. “Non se n’è parlato, il tema è stato il livello di investimenti”, spiega l’ad di Eni Claudio Descalzi sottolineando come, dal governo “non ci siano stati richieste specifiche”.