“Le condizioni proposte da la Verità sono umilianti“. Parola di Panorama. Era il 27 settembre quando l’editrice del quotidiano di Maurizio Belpietro presentava a Mondadori l’offerta irrevocabile per l’acquisto del ramo d’azienda relativo al settimanale. E il cda di Segrate, riunitosi il giorno stesso, aveva detto di sì. Mercoledì 10 ottobre, a due settimane dall’ok, l’acquirente ha scoperto le carte: la proposta include una riduzione del costo lordo del lavoro di 960mila euro (il 30% del totale) da ottenere con l’azzeramento di qualifiche e superminimi. Insomma, tutti retrocessi a semplici redattori ordinari, con lo stipendio ridotto al minimo contrattuale: un taglio medio del 45% per ogni dipendente.
Condizioni che l’assemblea di redazione di Panorama, spiega un comunicato, rigetta all’unanimità, dando il via a dieci giorni di sciopero. È questa, dunque, la clausola sospensiva tenuta segreta fino all’ultimo, e che i sindacati avevano chiesto più volte di conoscere. Se l’acquirente non otterrà il risparmio voluto, la proposta irrevocabile potrà essere revocata senza danno. L’assemblea dei giornalisti aveva denunciato fin dal 4 ottobre, “con preoccupazione e rabbia, la nuova aggressione al lavoro dei giornalisti e ai loro salari”, proclamando lo stato di agitazione. E ciò nonostante il taglio temuto fosse addirittura più lieve di quello poi proposto: “Già avremmo considerato terribile un taglio del 30%, simile a quello previsto dall’accordo raggiunto dall’azienda con i dipendenti di TuStyle e Confidenze“, spiega Paolo Papi, membro del Comitato di redazione Mondadori. I due periodici erano stati a un passo dalla vendita al piccolo imprenditore croato Angelo Aleksic, che per i sindacati non offriva alcuna garanzia di occupazione. Poi, quest’estate, si era trovata la quadra: i giornalisti avevano accettato l’azzeramento di cariche e superminimi, per un taglio medio di circa il 30% alla retribuzione.
Diversa la situazione di Panorama, la cui redazione conta 30 dipendenti tra giornalisti, editoriali, grafici e segreteria. L’acquirente si è offerto di assorbirli tutti: ma la composizione della busta paga è tale che le condizioni imposte implicano un taglio ben più consistente di quello subito dai colleghi. Belpietro – già direttore di Panorama tra il 2007 e il 2009 – contattato dal fattoquotidiano.it, respinge nettamente le voci secondo cui avrebbe fatto più di un sondaggio tra i suoi ex giornalisti, per sapere chi è disposto a restare e chi invece accetterebbe una buonuscita: “Noi non diamo buonuscite a nessuno, se qualcuno vuole darle sono affari suoi. Non ho chiamato nessun dipendente di Panorama, qualcuno si è fatto vivo con me, ma non abbiamo parlato di stipendi. L’obiettivo era e resta quello di riassorbire tutti, dando un taglio netto al costo del lavoro, che ora è molto alto”.
“Le condizioni, non previste dalle norme per la cessione del ramo d’azienda e mai applicate ad alcuna vendita di testata della Mondadori, sono un ignobile tentativo di ricattare i giornalisti dopo anni di lavoro con la minaccia della chiusura”, si legge in ogni caso nel comunicato dell’assemblea di redazione. I sindacati sono convinti che sulla pelle di Panorama si giochi una partita ben più grande, che riguarda tutto il rapporto tra editoria e giornalisti. “Se riescono a imporre queste condizioni ai dipendenti del più grande gruppo editoriale d’Italia – dice una fonte del sindacato interno dei giornalisti, il Cdr – come potranno ribellarsi i giornalisti che lavorano per piccoli editori? Peccato che i privilegi e la malagestione siano imputabili ai direttori che si sono succeduti, creando cariche su cariche per tenersi stretti i propri favoriti, e facendo lievitare i costi. Ora si vorrebbe far pagare questa gestione dissennata a tutti”.