In campagna elettorale le parole, soprattutto quando sono riferite agli alleati, pesano. E pesano anche quelle di Jean-Claude Juncker, presidente uscente della Commissione europea che, in un’intervista rilasciata al quotidiano francese Le Monde, ha attaccato il compagno tra i Popolari europei, Viktor Orbán, invitandolo a rispettare i valori e gli ideali del principale gruppo politico del Parlamento europeo. “Anche se rispetto l’individuo – ha detto – vedo molte incompatibilità tra le sue parole e i valori cristiano-democratici su cui si fonda la famiglia del Ppe. A meno che non garantisca il rispetto dei valori fondamentali e il programma elettorale del Ppe, non ha più senso la sua presenza nel partito”.
Parole che avrebbero potuto scatenare un terremoto tra i Popolari, sorpresi come molte altre formazioni “tradizionali” dall’avanzata dei cosiddetti “neo-nazionalismi” o “nazional-populismi”, visto che il primo ministro ungherese dovrebbe garantire, secondo gli ultimi sondaggi, 14 seggi in quota Ppe. Invece no: secondo alcune fonti interne al gruppo sentite da Ilfattoquotidiano.it, le parole del presidente della Commissione rispecchierebbero il punto di vista della maggior parte dei membri. “È vero – dicono dal Ppe – Orbán è un alleato importante e influente, ma averlo dentro al gruppo chiudendo un occhio su certe dichiarazioni vuol dire perdere appoggio al centro e far storcere la bocca a tanti che non condividono le idee della sua ‘democrazia illiberale’. Quindi, avere il premier di Budapest in coalizione ha i suoi pro ma anche i suoi contro”.
Qualche bocca storta nel Ppe, dopo alcune dichiarazioni sopra le righe di Orbán, si è già vista. Ad agosto, per esempio, quando il leader di Fidesz atterrò a Milano per incontrare Matteo Salvini e dichiarò “vorrei conoscerlo di persona, è il mio eroe. Abbiamo dimostrato che i confini possono essere difesi. Ci siamo riusciti. È la prova che i migranti in terraferma possono essere fermati. Ora Salvini prova a dimostrare che i migranti possono essere fermati anche in mare. Sosteniamo Salvini in pieno. Bisogna riportarli a casa loro. La gente può essere salvata solo se la convinciamo a non partire”.
Un endorsement che non piacque affatto agli altri Popolari europei e che fece ipotizzare anche una possibile uscita dell’ungherese dal gruppo a favore della nascente coalizione sovranista in vista delle elezioni di maggio 2019. Le differenze d’opinione, anche sul tema immigrazione, si notano confrontando questa uscita del premier ungherese con le parole di Juncker a Le Monde: pur rinnovando la “solidarietà” dell’Europa nei confronti dell’Italia, in prima linea sulla questione migratoria, il capo dell’esecutivo europeo, alla domanda se fosse d’accordo con la posizione del presidente francese Emmanuel Macron che chiede il rispetto del diritto marittimo e rifiuta l’acceso ai suoi porti alle navi umanitarie con i migranti, ha però risposto che “le regole sono chiare: bisogna salvare la vita dei naufraghi e poi accostare in un porto sicuro. I porti francesi sono spesso troppo lontani”.
A mettere nero su bianco l’intenzione del Ppe di non cedere sui principi fondanti del gruppo c’è il voto di settembre sulle sanzioni all’Ungheria che ha stabilito l’esistenza di un rischio evidente di violazione dei valori su cui si fonda l’Unione europea: in quell’occasione, la maggioranza dei Popolari, esclusa Forza Italia e una minoranza all’interno del gruppo parlamentare, ha appoggiato la relazione Sargentini sulla minaccia allo Stato di diritto in Ungheria. In quell’occasione, la Lega e altri partiti sovranisti tentarono di tirare per la giacchetta il leader ungherese e portarlo dentro la nuova coalizione nazionalista, ma da parte di Orbán nessuna risposta. Segno che, probabilmente, fa più comodo a lui stare dentro al partito Popolare che a quest’ultimo snaturarsi pur di trattenere Fidesz. E i sondaggi sembrano dare ragione alla frangia moderata della principale formazione europea: “Solo in Italia – spiegano dal Ppe – avete l’impressione che alle prossime elezioni europee i sovranisti possano diventare la maggioranza. I numeri dicono che se le forze europeiste riusciranno a trovare un accordo proprio su questo principio base, ossia la lotta all’euroscetticismo, non ci sono nazional-populismi che tengano. Vi consiglio di smetterla di traslare la situazione politica italiana in Europa. Se si guardano i dati dell’Eurobarometro sul gradimento riscosso ancora oggi dalle istituzioni europee, possiamo smetterla con l’allarmismo”.