Non esiste un "ragionevole dubbio" sull'innocenza di Bossetti che "non ha avuto un moto di pietà e ha lasciato morire Yara da sola in quel campo". Così il sostituto pg della Cassazione Mariella De Masellis
Non esiste un “ragionevole dubbio” sull’innocenza di Bossetti che “non ha avuto un moto di pietà e ha lasciato morire Yara da sola in quel campo”. Così il sostituto pg della Cassazione Mariella De Masellis nella sua requisitoria nel processo a Massimo Bossetti nella quale ha chiesto la conferma dell’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio. La ragazzina era stata ferita diverse volte con un’arma da taglio e poi lasciata ad agonizzare nel campo, dov’era morta nella notte, sfinita dal freddo e dalla paura. Il suo corpo era stato trovato praticamente per caso tre mesi dopo da un aeromodellista, dopo che in suo mezzo telecomandato era caduto a pochi passi dalla ragazzina. “Per me Massimo Bossetti deve rispondere di calunnia” ha proseguito De Masellis, nella sua requisitoria ritenendo che il collegio debba accogliere il ricorso della Procura generale di Brescia contro l’assoluzione di Massimo Bossetti dall’accusa di calunnia, nei confronti di un collega: “Ha fornito indicazioni specifiche su un individuo con cui lavorava“, sviando le indagini nei suoi confronti.
L’imputato si è sempre dichiarato innocente
Otto anni dopo l’omicidio il caso della tredicenne di Brembate di Sopra, Yara Gambirasio, scomparsa il 26 novembre 2010 e ritrovata tre mesi dopo in un campo, è arrivato davanti ai supremi giudici. Bossetti, 47 anni, muratore di Mapello, condannato all’ergastolo in primo (1 luglio 2016) e secondo grado (18 luglio 2017), si è sempre proclamato innocente. A lui gli investigatori, coordinati dal pm di Bergamo Letizia Ruggeri, arrivano dopo 4 anni e dopo migliaia di test genetici. Il 15 giugno 2011 viene isolata una traccia di Dna maschile sui leggins e gli slip della ragazza. Nasce la ‘pista di Gorno’: viene estratto da una marca da bollo su una vecchia patente il Dna di Giuseppe Guerinoni, sposato e padre di due figli, morto nel 1999, simile a quello trovato sul corpo di Yara. Comparato con il suo nucleo familiare, non porta a risultati: da qui l’ipotesi di un suo figlio illegittimo. Sarà per mesi Ignoto 1. Il 16 giugno 2014 viene arrestato Massimo Bossetti. Due giorni prima gli era stato prelevato il Dna che era risultato coincidere con quello di Ignoto 1. A lui gli investigatori erano giunti attraverso la madre, Ester Arzuffi, che, secondo l’accusa, aveva avuto una relazione con Guerinoni.
Dna, difesa: “Perizia”, l’accusa: “Indagine perfetta”
Le speranze di Bossetti ruotano ancora una volta attorno alla prova del Dna. La sentenza, secondo l’avvocato Claudio Salvagni, storico difensore di Bossetti con il collega Paolo Camporini, potrebbe arrivare in serata o addiritura domani. Tre i possibili esiti: i giudici di piazza Cavour potrebbero confermare la condanna all’ergastolo per Bossetti, che diventerebbe definitiva, oppure annullare la sentenza con rinvio. Il fascicolo tornerebbe indietro e verrebbe celebrato un processo d’appello bis, questa volta però a Milano. L’unica sezione della Corte d’Assise e d’Appello di Brescia, infatti, si è già pronunciata sulla vicenda e gli stessi giudici non possono nuovamente analizzare lo stesso caso. I difensori Bossetti, gli avvocati Salvagni e Camporini, hanno presentato una memoria di oltre 600 pagine a cui una quindicina di giorni fa si è aggiunta una ulteriore memoria che contiene tre motivi d’appello aggiuntivi. Ancora una volta i legali torneranno a chiedere una “super perizia” sul Dna trovato sugli indumenti della ragazzina. “L’ipotesi che si sia voluto creare in laboratorio un Dna artificioso o contaminarlo, costituisce una congettura a livelli di fantascienza” ha detto la rappresentante dell’accusa che ha anche escluso un paragone con il caso dell’omicidio di Meredith Kercher: “Non è conferente il caso Knox, vicenda ben diversa”a ggiungendo che “l’indagine è stata perfetta, non ci sono rilievi da muovere”. “Gli accertamenti sono stati capillari”, i calcoli dei Ris “assolutamente dirimenti”. “Il Dna nucleare – ha proseguito l’accusa – è un’impronta genetica più identificativa dell’impronta digitale. Il profilo genetico con il quale si è arrivati a Bossetti “era corretto e assolutamente interpretabile”.
Le sfere di metallo, il camion, le fibre tessili
Ci sono anche altre prove in grado di provare le responsabilità di Bossetti secondo l’accusa: sui vestiti di Yara sono state trovate delle fibre tessili compatibili con quelle della tappezzeria dell’Iveco Daily di Bossetti e delle sferette di metallo del tutto simili a quelle trovate sul camioncinio. Non solo. Un mezzo del tutto simile a quello del carpentiere è stato filmato dalle telecamere di banche e negozi di Brembare di Sopra in un orario compatibile con quello della scomparsa di Yara e il cellulare di Bossetti ha agganciato proprio al cella di Brembate un’ora prima che venisse dato l’allarme. Senza contare le ricerche fatte su internet dal pc di casa di Bossetti su adolescenti in pose osè, elemento che confermerebbe l’ossessione del muratore per ragazzine. Prove e indizi che insieme sono stati sufficienti a condannarlo per ben due volte all’ergastolo. Adesso toccherà alla Cassazione stabilire se quella condanna debba diventare definitiva. “La prova del Dna non è la sola contro Massimo Bossetti” ha ricordato De Masellis che ha spiegato che da quanto emerso durante le indagini “Bossetti era sicuramente nella zona della palestra la notte della scomparsa della ragazza”. Poi aggiunge: “La sparizione di questa ragazzina ha travolto l’intera comunità. Il non ricordare dove ci fosse non è un’evenienza normale soprattutto quando altri dettagli si ricordano come il fatto che avesse, Bossetti, il telefono cellulare scarico, proprio quel giorno”.
L’udienza si è conclusa intorno alle 18, la decisione arriverà in tarda serata. Bossetti attende il suo destino in carcere a Bergamo: “È fiducioso nella giustizia – ha detto il suo avvocato, Claudio Salvagni – ma al tempo stesso molto timoroso. Chiede: ‘Mi facciano la perizia e scopriranno che non c’entro'”.