All'epoca dei fatti, era il comandante provinciale e fu lui a ordinare le verifiche interne su quanto accaduto in caserma nella notte tra il 15 e il 16 ottobre 2009, quando venne arrestato Stefano Cucchi
Comparirà anche il generale Vittorio Tomasone nell’aula del tribunale di Roma durante le prossime udienze del processo Cucchi. All’epoca dei fatti, era il comandante provinciale e fu lui a ordinare le verifiche interne su quanto accaduto in caserma nella notte tra il 15 e il 16 ottobre 2009, quando venne arrestato il geometra romano.
Ora Tomasone è comandante interregionale a Napoli e verrà chiamato a testimoniare dalla famiglia di Stefano Cucchi. L’annuncio è stato stato dal legale Fabio Anselmo, spiegando che il generale sarà ascoltato proprio in merito all’inchiesta amministrativa interna eseguita sulle cause del decesso del giovane e le rassicurazioni fornite all’epoca dei fatti ai familiari.
Tra gli altri, Tomasone, convocò anche il maresciallo Roberto Mandolini, comandante interinale della stazione Appia in quella notte e oggi a processo con l’accusa di falso e calunnia. Secondo Francesco Tedesco, il carabiniere che dopo 9 anni ha rotto il silenzio sul pestaggio subito daCucchi durante il fotosegnalamento, Mandolini sapeva che era stata redatta una annotazione di servizio – poi scomparsa – su quanto a suo dire avevano fatto Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, indicati da Tedesco come gli autori del pestaggio.
Secondo gli atti della Procura di Roma, riportati sull’edizione odierna del Fatto Quotidiano, quando Tomasone diede il via all’inchiesta interna, che non ha accertato nulla di quanto ora sta venendo a galla nel processo-bis, sentì “tutti i carabinieri coinvolti, in qualsiasi modo, nella vicenda Cucchi”. Tutti, tranne proprio Tedesco, l’autore della relazione scomparsa nella quale denunciava i colleghi. Secondo quanto detto dallo stesso Tomassone al Fatto, della relazione lui non seppe mai nulla.
Sulla vicenda, dopo la denuncia-querela presentata a giugno da Tedesco, i magistrati di piazzale Clodio hanno deciso di avviare accertamenti sulle eventuali omissioni legate all’annotazione fantasma, depositata in un armadio della stazione Appia e che, teoricamente, avrebbe dovuto essere trasmessa tempestivamente alla procura. Dove non arrivò mai.