“Se infrazione sarà, sarà infrazione“. Cioè? “Meglio pagare uno 0,2% di Pil di multa che perdere il 4% in un anno”. Il deficit al 2,4%? “È un numerino che non ha valore economico ma è un atto di disobbedienza“. E l’Unione Europea? “Vogliono rimetterci in ginocchio. Ma saremo in piedi”. Claudio Borghi e Alberto Bagnai, le menti economiche della Lega di Matteo Salvini, blindano la manovra. E preferiscono una procedura d’infrazione europea a qualsiasi cambiamento alla nota di aggiornamento del Def.
“Se infrazione sarà, sarà infrazione, e se le regole continueranno a essere quelle pagheremo la multa: ma è meglio pagare uno 0,2% o 0,5% di Pil di multa, o perdere il 4% in un anno solo perché fai una cosa assurda?”, dice Bagnai, presidente della commissione Finanze del Senato.”È meglio pagare un ottavo di quello che comunque paghi se dai retta a quelli che pensano di sapere come stanno le cose, e in realtà sanno solo come farsi i fatti loro alla faccia nostra”, ha continuato il leghista parlando a un’iniziativa della Lega a Firenze nell’auditorium del Consiglio regionale della Toscana. “Alla luce delle attuali regole europee – ha continuato – questa manovra non rispetta alcuni requisiti, e quindi è perfettamente probabile che si apra una procedura di infrazione. Non sarebbe la prima volta: ci sono Paesi che hanno più procedure di infrazione aperte di noi, ci sono paesi che violano altri parametri. Faremo un timido e rispettoso richiamo al fatto che forse vorremmo avere parità di trattamento. Dopodiché, se infrazione sarà, sarà infrazione”. Per Bagnai “il numerino 2,4 ha un valore che non è un valore economico, è il valore politico che segna il cambiamento di metodo e rappresenta un atto di disobbedienza rispetto a regole sostanzialmente assurde”. Secondo il senatore leghista, “se nel 2010 avessimo fatto un po’ più di deficit staremmo meglio, ci saremmo dimenticati la recessione e questo paradossalmente avrebbe avvantaggiato il Pd e il dibattito di chi si straccia le vesti per il deficit è quello di chi lo ha creato”.
Attacca Bruxelles con toni più duri, invece, Borghi. “Vogliono rimetterci in ginocchio, è evidente, avete visto ieri il Fondo Monetario Internazionale, l’Unione Europea, Juncker, e la Banca Centrale Europea: facciamo comodo in ginocchio, ma noi saremo in piedi”, dice il presidente della commissione Bilancio della Camera. Che poi replica Mario Draghi. Il presidente della Bce aveva detto – riferendosi al nostro esecutivo – che una manovra in deficit è più complicata “se la gente comincia a mettere in dubbio l’euro”. “Se fosse stato il governo con l’intenzione mirata di uscire dall’Euro sarei andato al governo, invece sono in Parlamento”, ha detto il deputato, che guarda addirittura con favore alle critiche provenienti dall’Unione Europea.”Le critiche dall’esterno significa che stiamo facendo bene all’interno, molto semplicemente, e peraltro l’Europa ha spesso interessi che sono contrapposti ai nostri. Certo che finché le manovre che faceva Monti quando prendeva 60 miliardi con l’Imu, con la Fornero, e poi li andava a dare ai fondi salvastati e poi li girava a banche tedesche e banche francesi, l’Europa era contentissima. Gli italiani un pò meno”. Dal canto suo il presidente del consiglio Giuseppe Conte, che ha parlato di un vertice di maggioranza in previsione del consiglio dei ministri di lunedì, si conferma “fiducioso” sulla manovra, “perché anche per attitudine mentale mi piace prima confrontarmi sui contenuti, poter spiegare i contenuti, e poi mi aspetto di poter discutere su quei contenuti. Fino ad ora questo non c’è ancora stato, perché con le istituzioni europee e con i nostri interlocutori europei non ci siamo ancora seduti ad un tavolo. Lasciateci il tempo di poterlo fare”.
Contrario a qualsiasi modifica della manovra è anche Bagnai secondo il quale “è del tutto fuori discussione cambiare qualcosa in questa cornice, nel Def, perché ogni singolo giorno si aggiungono elementi che ci danno ragione nell’approccio, è una manovra espansiva, quindi anticiclica in un momento in cui il ciclo economico sta rallentando”. Il presidente della commissione Finanze di Palazzo Madama ricorda poi che “anche la manovra di Padoan nel 2016 non venne validata dall’ufficio parlamentare di bilancio, e non è neanche sorprendente che la manovra del primo governo che rappresenta una discontinuità politica rispetto all’asse Ppe-Pse riceva delle censure”. Il senatore leghista attacca poi l’opposizione al partito di Matteo Salvini: sia quella nazionale che quella europea. “La Merkel – sostiene Bagnai – ormai è politicamente finita: avrebbe fatto meglio, ed è una lezione che speriamo di imparare ove mai dovesse servire a noi, ad andarsene al momento giusto, che era dopo aver preso atto del risultato delle precedenti elezioni politiche”. Il Pd, invece, per Bagnai è “un partito etnico, sono quasi tutti toscani. Non è che mi dispiaccia, ma al di là delle battute, mentre Salvini trasformava un partito che nasceva con un forte radicamento etnico in un partito nazionale, con attenzione anche a persone non di area, gli altri si asserragliavano nel fortino del loro capo che sceglieva solo i fedelissimi”. Alle critiche ricevute dagli altri partiti, invece, il senatore non replica: “A certi berci dell’opposizione mi chiedo se valga la pena rispondere. In questo momento loro non ci sono”.