Sono un autore di film semplici e improvvisati, come semplice è la vita, questo fenomeno biologico che merita tutto il nostro talento di improvvisatori. Moriamo perché siamo nati. C’è nulla di più semplice? La semplicità lascia senza fiato prima o poi. Anche la bellezza lascia senza fiato, infatti oso dire: la vita è bellezza. E nessun timore o tumore riuscirà a farmi cambiare idea.
Uno dei tanti aspetti che la bellezza può assumere è l’amicizia. Io e Silvano siamo amici da quasi 20 anni, lui è la mia scuola di cinema, il mio tappeto rosso, il mio Festival di Cannes, non ho bisogno d’altro, mi basta una sua telefonata, un suo messaggio, un appuntamento e mi sento in pace, in armonia con la vita. Sto bene con Silvano, quando sono con lui c’è sempre un bambino che passa, che cade e si rialza.
Il mio amore per lui si rinnova ogni volta, il rispetto che ho per lui, per un uomo che da 60 anni vive e si esprime in totale libertà, da uomo indipendente e da autore di film lancinanti di grazia e tenerezza. La sua gentilezza lucida, la sua poesia congenita, il suo sguardo tattile sulle enigmatiche presenze e assenze che popolano questo mondo martoriato dall’ipocrisia.
Questo autore della propria vita e del proprio cinema è un lottatore, perché non c’è vera libertà senza lotta. Il suo ultimo film documentario Ora e sempre riprendiamoci la vita è sintesi di lotta e amore per l’essere umano, il racconto per immagini del decennio (e non decade come dicono in tanti, decade significa dieci giorni) che va dal ’68 al ’78, dalle lotte studentesche di Valle Giulia all’omicidio di Aldo Moro, l’energia di quegli anni, le proteste, il senso di appartenenza a un ideale, le stragi di Stato fatte per innescare la repressione, la rabbia condita con l’amore, la rivolta, i cortei fiammeggianti, i manganelli della società borghese, tutto questo magma di emozioni e aspirazioni che Silvano è riuscito a imbrigliare e nello stesso a sprigionare in un film che gli è costato due anni di montaggio.
Un lavoro di montaggio lungo e necessario per prendere le distanze, per rendersi quasi assente e donare un concentrato in purezza di quegli anni, da affidare alle nuove generazioni. “Come hai fatto a filmare certe scene senza essere manganellato?” gli ho chiesto dopo la visione del film e lui mi ha risposto con disarmante astuzia: “Andavo dal capo della polizia e lo toccavo, gli parlavo, gli stavo vicino il tempo necessario per farmi riconoscere dai poliziotti, così quando mi vedevano filmare avevano verso di me una sorta di rispetto, ero pur sempre l’uomo che aveva toccato e parlato con il loro capo!”. L’astuzia al servizio della verità di quegli anni. L’astuzia e la poesia.
Silvano ogni volta che presenta questo suo nuovo film ci ricorda che non si trattava di cambiare il mondo, ma di proteggerlo da chi voleva depredarlo. Proteggere il mondo, la vita, la libertà, in definitiva: l’essere umano, questo sconosciuto! Il film è attualissimo anche se parla di tempi ormai lontani, i predatori sono sempre attuali, le forme del potere organizzato non si stancano mai di ridurre l’essere umano a cosa fra le cose.
Per i giovani questi film dovrebbe essere un viatico, mettete meno like, prendete, anzi, riprendete in mano la vostra vita e lasciate stare il telefonino per un attimo, tornate a lottare, a condividere un ideale e non una foto da postare sui social, non smettete mai di sognare a occhi aperti, anche se i sogni prenderanno freddo, ci sarà la libertà a riscaldarli, non abbiate paura di essere voi stessi, non sarà un selfie a rendervi ciò che siete, perché l’essere umano esiste solo sul cammino della libertà, libertà dai dogmi borghesi, libertà dal ridurre l’amore a un contratto matrimoniale, libertà dalla falsa immagine che avete di voi stessi, per tornare a sentire il mistero sconvolgente ma penetrante di “un cervello che incontra il proprio corpo”, senza mai dimenticare il cuore che pulsa fra le vertigini dell’annientamento.
Il film uscirà in una cinquantina di sale italiane, distribuito dall’Istituto Luce, andate a vederlo, non per vedere un semplice film, andate per riscoprire il senso liberatorio di ogni forma di lotta.