Cronaca

Yara Gambirasio, Bossetti condannato all’ergastolo chiede: “Vorrei lavorare per non impazzire”

Il muratore di Mapello dopo la condanna ha incontrato il cappellano e la moglie e ha passato la notte in lacrime. Dopo la sentenza grida e fischi all'interno del carcere di Bergamo

“Vorrei essere trasferito in un penitenziario dove poter lavorare. Per non impazzire chiedo di poter essere utile, di lavorare. Oggi non ho più nulla, mi resta il pensiero dei miei figli e della mia famiglia“. La richiesta di Massimo Bossetti arriva dopo la sentenza della Cassazione che ha confermato l’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio, la 13enne scomparsa il 26 novembre del 2010 a Brembate di Sopra e trovata uccisa tre mesi dopo, in un campo di Chignolo d’Isola, a qualche chilometro di distanza dalla sua abitazione. Il muratore 47enne di Mapello era stato condannato anche in primo e secondo grado. Dopo il verdetto giunto nella tarda serata di ieri, Bossetti avrebbe trascorso la notte insonne e in lacrime. Secondo la trasmissione di Retequattro Quarto Grado avrebbe inoltre incontrato il cappellano del carcere e la moglie. Venerdì sera, nel corso della diretta del programma fuori dal carcere di Bergamo, si sentivano fischi e grida provenire dall’interno del penitenziario. E c’erano anche quelle di un detenuto che urlava “giustizia”. Le immagini, poi, mostravano, ad un certo punto, un oggetto, posto all’esterno di una cella, a cui è stato dato fuoco.

La pg della Cassazione Mariella de Masellis nella requisitoria ha avuto parole dure nei confronti di Bossetti: “Non ha avuto un moto di pietà e ha lasciato morire Yara da sola in quel campo”. Ha spiegato che le indagini sono state ben condotte e che non vi è niente a che fare con “il caso Knox, vicenda ben diversa”, il cui esito fu ribaltato dalla Cassazione con l’assoluzione degli imputati. È stata “assolutamente corretta”, ha rimarcato, l’attività di estrazione e repertazione, contestata dalla difesa, che avrebbe voluto ripetere la perizia: si è trattato di “atti irripetibili e non differibili”, compiuti quando il fascicolo risultava ancora a carico di ignoti e il nome di Bossetti non era nemmeno ipotizzabile.

“Il metodo del Dna nucleare – ha aggiunto, replicando ai motivi del ricorso – è consolidato e utilizzato fin dal 1985″. In conclusione, de Masellis ha spiegato che “per dire che Bossetti è innocente dobbiamo dire che il dna di Ignoto 1 non è il suo, che Bossetti non è figlio di Guerinoni, che i Ris hanno modificato l’immodificabile, che è stata perseguita la necessità di trovare in Bossetti, una persona che nessuno conosceva, un capro espiatorio. Se tutto questo non lo possiamo dire non c’è ragionevole dubbio”.