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Ecco come mi hanno censurato in prima serata su Rai 3

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Diceva Gramsci che quando il potere perde il consenso e sopravvive come mero dominio deve di necessità ricorrere alla violenza e al “meccanico impedimento”. Come in molti altri casi, aveva ragione. È quanto, nel mio piccolo, ho sperimentato ieri sera in prima serata, nella trasmissione di Gramellini Le parole della settimana.
È stato davvero tragicomico essere censurato in prima serata sulla tv di Stato. Come è accaduto? Lasciate che ve lo spieghi celermente. Può, forse, giovare a una comprensione di come funziona la società dello spettacolo.

Mi invitano a parlare della parola “eros” e del mio nuovo libro Il nuovo ordine erotico. Elogio dell’amore e della famiglia (Rizzoli). Due ore prima della trasmissione, mi dicono che non è possibile essere in studio da Roma per il collegamento su Milano perché hanno tutti gli studi occupati (dal giorno prima fino a quel momento pare fossero liberi e resta un mistero come si siano riempiti tanto repentinamente). Sicché dicono che dovrò collegarmi via Skype col mio cellulare. Già questo mi pare assai strano, in effetti. Transeat.

Inizia il collegamento verso le 21.25. Con la mia usuale compostezza olimpica, prendo a esporre pacatamente il mio punto di vista. Chiarisco quali sono le basi della società dello spettacolo e del funzionamento del giornalismo: con le grammatiche di Essere e Tempo di Heidegger, tali basi sono chiacchiera, curiosità, equivoco. È la cifra del “si dice” impersonale e di una chiacchiera che resta sempre sulla superficie di ogni cosa. Senza peritarsi di approfondire. Rivelando come di fatto operano molti di coloro i quali impropriamente si definiscono giornalisti: e che meglio andrebbero appellati nichilisti che non credono in nulla e parlano di tutto, sempre compattamente seguendo – sia chiaro – le correnti del politicamente corretto. E diffondendo falsità conclamate, come l’affaire dei troll russi (a proposito, che fine avrebbero fatto?) o delle inesistenti armi di distruzione di massa. Vi ricordate dell’Iraq? E della Siria? In studio si scatena visibilmente il panico. Glielo si legge dipinto nel volto. Mentana ringhia nervosamente sovrapponendosi e impedendomi di seguitare nella mia argomentazione. Gli argomenti e la traiettoria del pensiero non sono evidentemente graditi, lo si capisce agevolmente. Occorre impedirmi di seguitare nel ragionamento. Come? Ma è semplicissimo. È saltato il collegamento Skype.

In verità, si vede benissimo nel video che potete trovare in rete: il collegamento non salta, ma viene fatto sfumare gradualmente. È palese che il problema non è tecnico, lo capirebbe anche un bambino. E, soprattutto, se salta un collegamento Skype con un ospite (a cui peraltro, presumo coi danari del pubblico canone, si sono pagati alloggio e viaggio) non varrebbe la pena fare almeno un tentativo di ripristino? Anche in considerazione del fatto che avevo appena principiato a parlare. E anche in ragione del fatto che una così brusca interruzione, in quel momento, può assai facilmente passare per censura. Insomma, molte domande e, temo, anche molte risposte. Il conduttore chiude dicendo che mi inviterà di nuovo, con quella distratta cordialità di chi intanto pensa tra sé e sé alla figura appena fatta in diretta nazionale. Ero stato invitato a parlare di “eros”, ma forse la parola della settimana era un’altra: censura.

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