“Non è una bufala”. Donald Trump ci ripensa e, dopo aver detto di tutto sul cambiamento climatico nel corso degli anni, in un’intervista rilasciata a Lesley Stahl, reporter di 60 Minutes, noto programma televisivo in onda sulla Cbs, ammette che “qualcosa sta cambiando”. Non si tratta di un dietrofront totale, ma i toni sono di certo meno duri rispetto a quando, non ancora presidente degli Stati Uniti d’America, il tycoon postava sui social frasi del tipo “Bisogna smetterla con questa costosissima cagata del riscaldamento globale”. Una linea più morbida probabilmente dovuta all’avvicinarsi delle elezioni di metà mandato con le quali gli americani rinnoveranno il Congresso e i governatori dei loro Stati federati e che si terranno il prossimo 6 novembre.
Un appuntamento già delicato per qualsiasi presidente, perché si tratta di uno strumento con il quale si cerca un riequilibrio dei poteri, anche rispetto all’amministrazione in carica. In questo caso la posta in gioco è ancora più alta. Alle elezioni di medio termine Trump, che alla Casa Bianca due anni fa arrivò con una maggioranza risicata, si gioca tutto: perché una eventuale riconquista della Camera da parte dei democratici potrebbe avvicinare il presidente Usa alla messa in stato d’accusa e rendere più pressanti gli appelli della base democratica per l’impeachment.
L’INTERVISTA ALLA CBS – Questo il contesto, che spiega la ragione di alcune sue affermazioni rilasciate alla Cbs. “Penso che stia succedendo qualcosa. Non penso che sia una bufala”, ha detto nell’intervista, contraddicendo quanto dichiarato a più riprese da circa 6 anni. “Il concetto del riscaldamento globale è stato creato dai e per i cinesi”, tanto per citare una delle sue frasi più discusse. Affermazione (vera) smentita poi durante la campagna elettorale contro Hillary Clinton.
Anche queste nuove esternazioni potrebbero essere dunque legate al consenso. Ma non solo: perché un peso enorme hanno anche gli effetti sull’opinione pubblica dei danni causati solo pochi giorni fa dall’uragano Michael che si è abbattuto su Florida e Georgia, lasciandosi alle spalle morte e devastazione e riaprendo il dibattito pubblico proprio sul legame tra le azioni dell’uomo e i fenomeni atmosferici sempre più ingestibili. Negare il cambiamento climatico ora non sarebbe stata certo una buona mossa.
TRUMP: “NON SO SE DIPENDA DALL’UOMO” – Tuttavia, neppure le ragioni elettorali hanno potuto più di tanto. Non si tratta, infatti, di un ripensamento su tutta la linea. In primo luogo perché il tycoon continua a non riconoscere le responsabilità dell’uomo nel riscaldamento globale e poi perché ritiene che possa trattarsi di un fenomeno reversibile. “Tornerà indietro nuovamente”, ha detto, non si sa bene in base a quale dato scientifico. “Non so se il cambiamento sia stato provocato dall’uomo. Direi questo: non voglio dare trilioni e trilioni di dollari, non voglio perdere milioni e milioni di posti di lavoro, non voglio essere messo in una posizione di svantaggio”, ha continuato a sostenere nell’intervista.
Ed è proprio per queste ragioni che non farà passi indietro rispetto a quella che è stata la sua politica finora e che l’ha portato a fare uscire gli Stati Uniti dall’accordo sul clima di Parigi e a rilanciare l’utilizzo delle energie fossili. Una politica, però, lungi dall’essere lineare. Già lo scorso anno, infatti, dopo una riunione a Montreal sui cambiamenti climatici con oltre 30 ministri, promossa da Canada, Cina ed Unione Europea, gli Usa dichiararono che si sarebbero ritirati dall’accordo Cop21 se non avessero avuto condizioni più favorevoli.