Modifiche per evitare l'inefficacia o addirittura la violazione della Costituzione. Il Daspo anticorrotti - per una lunga serie di reati da colletti bianchi - è arrivato all'esame della Camera. E oggi in audizione dalle Commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera sono state ascoltati pareri di magistrati e avvocati
Modifiche per evitare l’inefficacia o addirittura la violazione della Costituzione. Il Daspo anticorrotti – per una lunga serie di reati da colletti bianchi – è arrivato all’esame della Camera. E oggi in audizione dalle Commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera sono state ascoltati pareri di magistrati e avvocati. Il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, che costituisce il cuore del ddl Bonafede, “risulterà inefficace” perché interviene solo dopo la sentenza definitiva, “e con le lungaggini del processo permetteremo così che anche chi ha confessato potrà continuare a contrattare con la pubblica amministrazione per molti anni” ha detto il presidente dell’Anm Francesco Minisci. Il numero uno della Associazione nazionale magistrati chiede di modificare l’istituto, per renderlo più stringente, e di introdurre altri interventi per accelerare i processi. Per evitare che la misura interdittiva arrivi troppo tardi, si potrebbe pensare, ha spiegato Minisci, di farlo scattare “già nella fase delle indagini preliminari”, come misura cautelare, dunque prima della sentenza di primo grado.
C’era un altro problema da affrontare per impedire che il Daspo rimanga “lettera morta”. Nel testo del governo era previsto solo per le persone fisiche non per le società per quindi Minisci ha sottolineato che sarebbe bastato “cambiare emissario per continuare a corrompere indisturbate”. E ancora: il Daspo “va escluso, fuori dai casi di non punibilità già previsti, per chi collabora con la giustizia, pur essendo condannato per un reato contro la pubblica amministrazione. Diversamente nessuno fornirà più il proprio contributo alle indagini, visto che la conseguenza in caso di condanna è la pena accessoria di non poter contrattare a vita con la pubblica amministrazione”. A monte resta il fatto che “se si vuole incidere veramente” sulla corruzione serve “l’accelerazione dei processi”, ha sottolineato Minisci, avvertendo che proprio per le lungaggini, “oltre il 40% dei giudizi in appello finisce con la prescrizione“. E tra le misure suggerite c’è quella di inserire la corruzione tra i reati per i quali viene esclusa la rinnovazione dei dibattimenti quando cambia uno dei giudici. Se il giudizio complessivo è comunque positivo sul ddl (“migliora le cose, ma può essere migliorato significatamente”), Minisci vede dei pericoli in alcune norme. E invita a fare “attenzione” all’introduzione dell’agente sotto copertura, un “istituto molto delicato, facilmente utilizzabile in maniera distorta”.
Gli scopi del ddl anticorruzione sono condivisibili, ma il provvedimento contiene “criticità” , come gli automatismi sulle misure accessorie, a cominciare dal Daspo, che “vanno in violazione con l’articolo 27 della Costituzione” (l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva, ndr ) sulla funzione rieducativa della pena, ha sostenuto il presidente del Consiglio nazionale forense Andrea Mascherin. I rilievi mossi riguardano dunque la norma che fa scattare l’interdizione dai pubblici uffici e la incapacità di contrarre con la pubblica amministrazione dopo una condanna superiore ai due anni, senza che sia possibile graduare gli interventi in relazione alla maggiore o minore gravità del reato commesso. Il presidente del Cnf ha suggerito anche di “definire meglio i limiti” di intervento dell’agente sotto copertura, per evitare che possa “sfociare nell’agente provocatore”. E in generale ha invitato a combattere soprattutto le cause della corruzione, “liberando gli amministratori e i cittadini dalle pastoie burocratiche“.