Lavoro & Precari

Caporalato, prima passata di pomodoro NoCap: “Mettiamo in contatto clientela sensibile con i produttori etici”

L'iniziativa è stata lanciata dall'ex bracciante che guidò la rivolta di Nardò, Yvan Sagnet, che dal 2011 ha iniziato a combattere per i diritti dei lavoratori nei campi: "Siamo passati dalla protesta alla proposta. Vogliamo creare una nuova fetta di mercato e farla crescere, così da imporre alla grande distribuzione e agli agricoltori un approccio etico"

Dare al consumatore la possibilità di scegliere un prodotto certificato per il suo valore etico, contribuendo allo stesso tempo a sensibilizzare compratori e produttori e, dall’altra parte, a mettere pressione sulla grande distribuzione, “quella che oggi decide i prezzi di mercato”. Con questi obiettivi Yvan Sagnet ha fondato, nel 2017, l’associazione NoCap che oggi ha eseguito la sua prima attività di controllo e apposto il suo primo bollino sulla prima passata di pomodoro etica in Italia. Sei mani, questo il simbolo, ognuna delle quali rappresenta uno dei principi cari all’associazione: etica, utilizzo di energie rinnovabili, limite alla produzione dei rifiuti, principio della filiera corta, lotta ai maltrattamenti sugli animali e quello che hanno ribattezzato “il valore aggiunto”, ossia la capacità dell’azienda di commercializzare anche i derivati dei prodotti che coltivano.

Sagnet ha alle spalle anni di militanza a sostegno dei diritti degli immigrati sfruttati nei campi del sud Italia, ma non solo, da quando nel 2011, lui stesso vittima del caporalato, ha guidato la rivolta dei braccianti di Nardò. Da lì le lotte nella Cgil, dove ha continuato a combattere per i diritti dei suoi ex colleghi. “Oggi siamo passati dalla protesta alla proposta – dice a Ilfattoquotidiano.it – Questa idea è nata da me e da altri amici impegnati nella lotta al caporalato. Abbiamo capito che il lavoro svolto dal sindacato era importante, e lo è davvero, ma che serviva anche un passo in avanti ulteriore: non bastava più concentrarci sugli effetti del caporalato, dovevamo indagare sulle cause e cercare di cambiare il sistema che ne è all’origine”.

Così, Sagnet ha capito che le responsabilità non erano da ricercare solo nei campi, andando a scontrarsi con i produttori che impiegano manodopera irregolare a basso costo, ma “nella grande distribuzione e nelle multinazionali che ormai assorbono gran parte del mercato e impongono ai contadini dei prezzi che non tengono conto dei costi di produzione. La necessità di trarre un guadagno dalle vendite spinge gli agricoltori, già colpiti dalla crisi del settore, a cercare di abbattere il più possibile i costi, anche sulla pelle dei braccianti”.

Così, il bollino NoCap vuole entrare nel mercato inserendosi in “un sistema perverso” cercando di cambiarlo dall’interno. “L’obiettivo è duplice: offrire a coloro che davvero sentono l’esigenza di consumare un prodotto ‘etico’ di avere a disposizione una certificazione che offra garanzie. Ma soprattutto cercare di sensibilizzare tutti gli altri clienti. La grande distribuzione comanda il mercato, ma c’è un attore che può influenzare le loro politiche: il consumatore. Se il consumatore inizia a chiedere loro delle garanzie sull’eticità del prodotto, dovranno adeguarsi”.

Per il momento, il marchio si svilupperà nella piccola-media distribuzione, cercando collaborazioni anche con le scuole e altri enti pubblici. “Qualche supermercato ci ha corteggiato – rivela Sagnet -, ma per il momento vogliamo svilupparci tra le piccole e medie imprese“.

E la prima ad aver richiesto il certificato etico sono state l’azienda agricola Giuseppe Vignola e l’azienda conserviera Biologica Vignola di Grassano, in provincia di Potenza, che hanno prodotto la prima passata di pomodoro NoCap. “Come avverrà con tutte le altre aziende che vorranno aderire – spiega Sagnet -, noi conduciamo una campagna di promozione nella speranza di attirare l’attenzione dei produttori e, parallelamente, offriremo ad alcuni di loro di sottoporsi ai nostri controlli per ottenere la certificazione. Una volta presi i contatti, con degli esperti scelti per ogni settore seguiremo tutto il processo produttivo, di eventuale lavorazione e di distribuzione e daremo un punteggio (da 1 a 5 come le dita delle mani scelte come simbolo, ndr) per ognuno dei sei principi tenuti in considerazione dal nostro bollino”. Il principio etico sarà quello che non potrà avere meno di cinque punti, una base dalla quale non si potrà prescindere.

Una volta ottenuta la certificazione, però, l’associazione, che si appoggerà anche a un soggetto terzo, non lascerà il suo marchio in mano a chi ha intenzione di sfruttarlo senza rispettare i principi NoCap: “Svolgeremo dei controlli periodici – assicura Sagnet – per verificare che i produttori rispettino i nostri principi. Se così non fosse, ritireremo il nostro marchio. Credo che questo sia un incentivo a rispettare le regole perché come associazione non offriamo solo una semplice certificazione ma, nel tempo svilupperemo ancora di più questo aspetto, ci stiamo ritagliando una nuova fetta di mercato che offriremo a chi aderisce alla nostra iniziativa. Perdendo la certificazione, perderanno anche il mercato”.