Il ritrovamento nelle campagne di Ghilarza, vicino Oristano, nel terreno in cui aveva lavorato uno dei cinque arrestati. Tra loro c'era anche chi voleva uccidere la madre dell'amico: "La prossima volta che mi denuncia le stampo un proiettile in testa"
È stato ritrovato il corpo di Manuel Careddu, il 18enne di Macomer ucciso l’11 settembre scorso. Fatto a pezzi e con il cranio fratturato, il cadavere era stato sepolto a 20 centimetri di profondità in un terreno nelle campagne di Ghilarza, vicino ad Oristano, a ridosso di un caseggiato rurale: lì aveva lavorato Cristian Fodde, uno dei 5 giovani tra i 17 e i 20 anni, arrestati la scorsa settimana per omicidio premeditato. Secondo l’ipotesi della Procura il movente è stato un debito di poche centinaia di euro che la vittima aveva con gli amici per questioni di spaccio. Secondo gli inquirenti, gli assassini gli avevano dato appuntamento alla stazione di Abbasanta la sera stessa della scomparsa, per poi ucciderlo.
In un primo tempo il cadavere era stato cercato nelle acque del lago Omodeo, a qualche chilometro di distanza. Ora invece il ritrovamento nelle vicinanze della cascina di Ghilarza (di cui sono originari quasi tutti gli arrestati). Sul posto il procuratore di Oristano Domenico Ezio Basso, i Ris e il medico legale. Il corpo, in avanzato stato di decomposizione, sarà sottoposto ad autopsia. Le ricerche, portate avanti con l’ausilio di cani, erano riprese all’alba di mercoledì: la notte precedente gli investigatori si erano concentrati su un’area circoscritta, dopo il ritrovamento di una scarpa del giovane a un centinaio di metri dal luogo in cui era sepolto il corpo. L’indicazione di cercare in quella zona era arrivata proprio da uno dei fermati. Nei giorni scorsi la madre di Careddu aveva fatto un appello per far ritrovare il corpo. Peraltro dalle intercettazioni dell’inchiesta è emerso che alcuni degli arrestati avevano pensato di uccidere anche lei: qualche giorno dopo il delitto, infatti, durante la conversazione in auto tra Fodde e altri amici, qualcuno aveva detto “Spariamo alla madre”, ribadendo che “la prossima volta che mi va a denunciare le stampo un proiettile in testa”.