Da oggi è la prima docente ordinaria di Scienze alla Normale di Pisa che da quando è stata fondata da Napoleone nel 1810 in quel posto aveva piazzato solo uomini. Annalisa Pastore, 61 anni, è chimica e biologa molecolare e nella sua attività di ricerca si occupa della struttura delle proteine coinvolte in malattie degenerative come l’Alzheimer. Parla al Corriere della Sera nel suo primo giorno da prof ordinario e all’indomani dell’intervista alla Nazione del rettore dell’università toscana, Vincenzo Barone, che ha parlato dei messaggi “offensivi, con espliciti riferimenti sessuali, volgari e diffamatori” contro le donne che vengono promosse alla Normale e contro le quali si scatenano “calunnie e insulti diffusi ad arte”.
“Sono contenta se posso essere un modello per le studentesse. Con la mia nomina la Scuola ha rotto il ghiaccio, ma si può fare ancora tanto”, dice Pastore che racconta di avere ricevuto offese sessiste nel corso della sua vita (“in particolare quando ero più giovane, come a tutte le donne purtroppo. Per questa nomina, che io sappia, no”) e di essere stata discriminata in quanto donna proprio in ambito universitario: “Nel Regno Unito, alcuni anni fa – racconta – sarei potuta diventare direttore di dipartimento, invece mi hanno preferito per ben due volte uomini inglesi. Non so se perché uomini, o perché inglesi”.
Poi spiega che nel settore della biologia le studentesse sono in numero maggiore rispetto ai colleghi maschi e se nell’ambito delle scienze pure le donne sono di meno è una questione di “tradizione. E poi – osserva – fino a poco tempo fa si scoraggiava l’accesso e l’ascesa delle donne”. E ricorda il caso che le ha raccontato suo marito, “anche lui chimico ora in pensione”: “Mi ha raccontato di aver assistito almeno a un caso, a Napoli, in cui a una studentessa è stata negata la lode solo perché donna”. Per Pastore la priorità è “bilanciare gli equilibri di genere quando si scelgono i docenti, ovviamente a parità di merito. E servono asili e servizi per permettere alle madri di lavorare”. Anche per questi i modelli, come può essere lei per le sue studentesse e come Marie Curie è stata per lei, “aiutano a capire che si può conciliare la ricerca con la vita famigliare. Certo, bisogna lavorare, ma è una scelta compatibilissima”.