Una correzione completa neurochirurgica della spina bifida in utero con una tecnica mai utilizzata prima in Europa. Un’équipe di ginecologi e neurochirurghi dell’ospedale San Raffaele di Milano l’ha eseguita con successo con un approccio innovativo che permette la riparazione definitiva del difetto dorsale congenito fetale con un impatto minimo a livello uterino e quindi rischi ridotti per la madre e la prosecuzione della gravidanza.

L’intervento è durato poco più di due ore ed è stato condotto con una tecnica a ridotta invasività volta a minimizzare la possibilità di traumi all’utero e garantire un’esposizione minima del feto, che rimane costantemente protetto dal calore materno. Gli specialisti, entrando nel sacco amniotico attraverso un’unica e piccola incisione dell’utero gravido, hanno esposto il dorso fetale con la malformazione ed eseguito la correzione totale, riparando con avanzati strumenti di micro-neurochirurgia le strutture anatomiche che non si erano congiunte a causa del difetto congenito. La mamma, una donna italiana alla 22esima settimana di gestazione, sta bene ed è stata già dimessa. Sarà costantemente seguita e monitorata fino al momento del parto, che potrebbe avvenire intorno alla 38esima settimana. La malformazione è stata invece diagnosticata alla 19esima settimana.

La spina bifida è un difetto congenito causato dalla chiusura incompleta di una o più vertebre. Per alcune anomalie di sviluppo, che in genere si verificano nelle prime 8-10 settimane di gestazione, fattori genetici, carenza di acido folico, la parte posteriore del canale neurale da cui si sviluppano il midollo spinale, le meningi spinali e le vertebre non riesce a chiudersi. Il difetto può essere di pochi centimetri o interessare una vasta porzione della colonna vertebrale. È una patologia che comporta disabilità motorie e funzionali come la perdita della mobilità degli arti inferiori, la difficoltà nel controllo degli sfinteri e altre complicazioni neurologiche. “Questo eccezionale intervento – sottolinea Massimo Candiani, primario di Ginecologia e Ostetricia e coordinatore dell’operazione – è un traguardo importante nel campo della terapia fetale perché permette migliori opportunità di cura rispetto ai risultati che oggi si possono ottenere con le terapie effettuate in epoca neonatale. Questa scelta terapeutica, non sperimentale e supportata da solide basi scientifiche, è un’opzione importante per le donne gravide a cui è stata diagnosticata tale malformazione fetale”. “Le evidenze scientifiche internazionali – aggiunge Pietro Mortini, primario di Neurochirurgia e anche lui coordinatore dell’operazione – dimostrano che i bambini con spina bifida operati in utero hanno meno conseguenze neurologiche dopo la nascita e maggiori possibilità di recupero rispetto a quelli operati da neonati. Il processo di riparazione prosegue infatti nelle settimane di gravidanza successive all’intervento portando verso la normalità le strutture e le funzioni neurologiche del feto“.

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