Sono partiti in 160, ora sono almeno venti volte tanto. Vengono dall’Honduras, ma anche da Guatemala e El Salvador, risalgono il Centroamerica macinando 40 chilometri al giorno e stanno facendo infuriare Donald Trump. La carovana di migranti è partita venerdì 12 ottobre da una stazione degli autobus a San Pedro Sula, nel nord dell’Honduras: ha attraversato lunedì la frontiera con il Guatemala, e giovedì i primi caminantes sono giunti a Tecùn Umàn, cittadina guatemalteca al confine con il Messico. L’obiettivo, dichiarato, è entrare negli Stati Uniti. Si muovono perlopiù a piedi, ma sfruttano ogni passaggio: si ammassano a decine a bordo di camion, auto e furgoncini e salgono persino sui tetti degli autobus. Ci sono neonati allattati dalle mamme, donne incinte e bambini per mano ai genitori. Dormono in rifugi improvvisati o palestre messe a disposizione da associazioni locali, mangiando perlopiù il cibo che viene loro offerto da volontari lungo il cammino.
Il concentramento a Tecùn Umàn – Dopo 500 chilometri di cammino, la marcia ha raggiunto il confine tra Guatemala e Messico. È il primo vero banco di prova per i migranti: mentre dall’Honduras si può passare in Guatemala con un semplice documento d’identità, per entrare in Messico serve il passaporto. E ben pochi dei marciatori ne sono in possesso, riportava nei giorni scorsi l’Associated Press. Dopo aver attraversato il Guatemala passando per la capitale, i primi profughi hanno raggiunto giovedì la città di confine di Tecùn Umàn, nel dipartimento di San Marcos, attraversata dal rio Suchiate che segna il confine con il Messico. Il grosso della carovana, però, è arrivato nella giornata di venerdì 19: i migranti si stanno radunando nel parco centrale della città, da dove poi tenteranno tutti insieme di varcare il confine. Alcuni ci hanno già provato, imbarcandosi su natanti di fortuna per guadare il fiume.

Le autorità del Guatemala hanno messo a punto dieci rifugi provvisori per le persone radunate a Tecùn Umàn; volontari, organizzazioni e istituzioni distribuiscono cibo e generi di prima necessità. Alcuni migranti diretti verso la città a bordo di autobus sono stati fermati e fatti scendere dalla polizia lungo la strada. Trattenuti per il controllo dei documenti, hanno dovuto proseguire il viaggio camminando al bordo della carreggiata. Altri 200, invece, hanno deciso volontariamente di tornare in Honduras, ha comunicato la ministra honduregna per i diritti umani, Karla Cuevas. “Verrà loro assicurato un rientro assistito, le istituzioni li accoglieranno e faranno in modo che vengano riportati nelle loro città in condizioni degne, ha dichiarato”.
Il Messico schiera l’esercito al confine – Il governo messicano, intanto, si prepara a contenere il tentativo, con lo schieramento di centinaia di agenti di polizia al suo confine meridionale. Alla frontiera ci sono anche rappresentanti della Commissione nazionale per i diritti umani, incaricati di verificare il trattamento ricevuto dai migranti che cercheranno di entrare in Messico. Le forze dell’ordine non avranno compiti di “repressione” ma solo di “contenimento”, ha precisato il capo della polizia, Manelich Castilla, in una intervista a Foro TV. Intervenendo al Parlamento, il ministro degli Interni messicano Alfonso Navarrete ha anticipato di voler spiegare “con tutta la chiarezza possibile” al governo americano “che respingiamo qualsiasi tentativo di pressioni per cambiare le nostri leggi perché non intendiamo farlo”. Il governo di Andrès Lòpez Obrador ha anche annunciato la sua intenzione di chiedere all’Unhcr aiuto per individuare una soluzione “di carattere umanitario” per i migranti in arrivo, precidando che non consentirà l’ingresso dei migranti nel suo paese senza i necessari documenti. Non tutte le persone in arrivo potranno presentare richiesta per lo status di rifugiato, ma il Paese centro americano cercherà di fornire al numero maggiore possibile di loro “protezione umanitaria e il rispetto dei loro diritti umani”, ha precisato Navarrete.
La fuga dei migranti – San Pedro Sula, la città da cui è partito il nucleo originario dei profughi, è la città più violenta dell’Honduras e una delle più pericolose al mondo: un rapporto pubblicato nel 2013 parlava di 169 omicidi ogni 100mila abitanti. Scappano dalla povertà, dal crimine di strada e dalla violenza del narcotraffico: alcuni marciano sventolando le bandiere bianche e blu dello stato centroamericano. È diffusa la rabbia verso il presidente nazionalista Juan Orlando Hernandez, considerato corrotto e incapace di contrastare in modo efficace il crimine organizzato. Hernandez, da parte sua, ha accusato i gruppi politici a lui rivali, e in particolare l’ex presidente Manuel Zelaya, di aver incoraggiato la carovana. “Ci sono settori della politica che vogliono destabilizzare il Paese, ma saremo decisi e non lo permetteremo“, ha dichiarato. Lunedì, a Esquipulas, 10 chilometri oltre il confine guatemalteco, le autorità del Paese hanno arrestato il portavoce del gruppo, il giornalista ed ex parlamentare honduregno Bartolo Fuentes, con l’accusa di non essersi registrato correttamente agli uffici d’immigrazione. La carovana è stata fatta fermare per un paio d’ore, ma alla fine ha potuto proseguire.
Trump: “Fermateli o ritiro gli aiuti” – La marcia, che è stimata coinvolgere 4mila persone, ha attirato giorno dopo giorno l’attenzione dei media di tutto il mondo. Martedì è intervenuto Donald Trump: il presidente Usa teme che la copertura mediatica incoraggi altri centroamericani ad unirsi al percorso, rendendo più difficile la gestione del loro arrivo quando e se raggiungeranno il confine con gli Usa. Inoltre, la minaccia ai confini rappresenta un ottimo argomento di propaganda in vista delle elezioni di medio termine, previste fra tre settimane. Trump ha dedicato alla questione un gran numero di tweet nelle ultime ore, minacciando di cancellare gli aiuti umanitari ai governi di Guatemala, Honduras e El Salvador se non impediranno ai profughi di proseguire.
“Oltre a interrompere tutti i pagamenti a questi Paesi, che sembrano non avere alcun controllo sulla propria popolazione, devo chiedere in modo deciso al Messico di fermare questo assalto“, ha twittato Trump. “Se non riusciranno a farlo, chiamerò l’esercito e sbarrerò i confini“. E se l’è presa con i democratici, colpevoli a suo dire di opporsi a leggi più severe sull’immigrazione: “È difficile credere che con migliaia di persone a Sud del confine che avanzano senza ostacoli verso il nostro Paese in grandi carovane, i Democratici non vogliano approvare leggi per la protezione delle frontiere. Sarà un importante argomento di campagna elettorale per i Repubblicani!”. Il vicepresidente Mike Pence ha fatto sapere di aver parlato con il presidente del Guatemala Jimmy Morales, incoraggiandolo a scoraggiare i propri connazionali dall’unirsi alla marcia.
Luis Navarreto, honduregno di 32 anni, intervistato dal Washington Post dice di aver saputo della furia di Trump verso la carovana di cui fa parte, ma di non essere spaventato. “Continueremo”, ha detto, “È Dio che decide qui, non Trump. Non abbiamo altra scelta se non di andare avanti”.
Mondo
Migranti, la carovana che spaventa Trump: in 4mila marciano verso gli Usa. E il Messico invia l’esercito al confine
Il gruppo di 160 profughi partito giorni fa da San Pedro Sula si è moltiplicato di oltre venti volte risalendo l'America centrale. Sono giunti al confine con il Messico, e da lì vogliono negli Usa: dicono di scappare dalla povertà e dalla violenza del narcotraffico. Trump ha minacciato di ritirare gli aiuti umanitari ai governi di Honduras, Guatemala e El Salvador se non li fermeranno
Sono partiti in 160, ora sono almeno venti volte tanto. Vengono dall’Honduras, ma anche da Guatemala e El Salvador, risalgono il Centroamerica macinando 40 chilometri al giorno e stanno facendo infuriare Donald Trump. La carovana di migranti è partita venerdì 12 ottobre da una stazione degli autobus a San Pedro Sula, nel nord dell’Honduras: ha attraversato lunedì la frontiera con il Guatemala, e giovedì i primi caminantes sono giunti a Tecùn Umàn, cittadina guatemalteca al confine con il Messico. L’obiettivo, dichiarato, è entrare negli Stati Uniti. Si muovono perlopiù a piedi, ma sfruttano ogni passaggio: si ammassano a decine a bordo di camion, auto e furgoncini e salgono persino sui tetti degli autobus. Ci sono neonati allattati dalle mamme, donne incinte e bambini per mano ai genitori. Dormono in rifugi improvvisati o palestre messe a disposizione da associazioni locali, mangiando perlopiù il cibo che viene loro offerto da volontari lungo il cammino.
Il concentramento a Tecùn Umàn – Dopo 500 chilometri di cammino, la marcia ha raggiunto il confine tra Guatemala e Messico. È il primo vero banco di prova per i migranti: mentre dall’Honduras si può passare in Guatemala con un semplice documento d’identità, per entrare in Messico serve il passaporto. E ben pochi dei marciatori ne sono in possesso, riportava nei giorni scorsi l’Associated Press. Dopo aver attraversato il Guatemala passando per la capitale, i primi profughi hanno raggiunto giovedì la città di confine di Tecùn Umàn, nel dipartimento di San Marcos, attraversata dal rio Suchiate che segna il confine con il Messico. Il grosso della carovana, però, è arrivato nella giornata di venerdì 19: i migranti si stanno radunando nel parco centrale della città, da dove poi tenteranno tutti insieme di varcare il confine. Alcuni ci hanno già provato, imbarcandosi su natanti di fortuna per guadare il fiume.
Le autorità del Guatemala hanno messo a punto dieci rifugi provvisori per le persone radunate a Tecùn Umàn; volontari, organizzazioni e istituzioni distribuiscono cibo e generi di prima necessità. Alcuni migranti diretti verso la città a bordo di autobus sono stati fermati e fatti scendere dalla polizia lungo la strada. Trattenuti per il controllo dei documenti, hanno dovuto proseguire il viaggio camminando al bordo della carreggiata. Altri 200, invece, hanno deciso volontariamente di tornare in Honduras, ha comunicato la ministra honduregna per i diritti umani, Karla Cuevas. “Verrà loro assicurato un rientro assistito, le istituzioni li accoglieranno e faranno in modo che vengano riportati nelle loro città in condizioni degne, ha dichiarato”.
Il Messico schiera l’esercito al confine – Il governo messicano, intanto, si prepara a contenere il tentativo, con lo schieramento di centinaia di agenti di polizia al suo confine meridionale. Alla frontiera ci sono anche rappresentanti della Commissione nazionale per i diritti umani, incaricati di verificare il trattamento ricevuto dai migranti che cercheranno di entrare in Messico. Le forze dell’ordine non avranno compiti di “repressione” ma solo di “contenimento”, ha precisato il capo della polizia, Manelich Castilla, in una intervista a Foro TV. Intervenendo al Parlamento, il ministro degli Interni messicano Alfonso Navarrete ha anticipato di voler spiegare “con tutta la chiarezza possibile” al governo americano “che respingiamo qualsiasi tentativo di pressioni per cambiare le nostri leggi perché non intendiamo farlo”. Il governo di Andrès Lòpez Obrador ha anche annunciato la sua intenzione di chiedere all’Unhcr aiuto per individuare una soluzione “di carattere umanitario” per i migranti in arrivo, precidando che non consentirà l’ingresso dei migranti nel suo paese senza i necessari documenti. Non tutte le persone in arrivo potranno presentare richiesta per lo status di rifugiato, ma il Paese centro americano cercherà di fornire al numero maggiore possibile di loro “protezione umanitaria e il rispetto dei loro diritti umani”, ha precisato Navarrete.
La fuga dei migranti – San Pedro Sula, la città da cui è partito il nucleo originario dei profughi, è la città più violenta dell’Honduras e una delle più pericolose al mondo: un rapporto pubblicato nel 2013 parlava di 169 omicidi ogni 100mila abitanti. Scappano dalla povertà, dal crimine di strada e dalla violenza del narcotraffico: alcuni marciano sventolando le bandiere bianche e blu dello stato centroamericano. È diffusa la rabbia verso il presidente nazionalista Juan Orlando Hernandez, considerato corrotto e incapace di contrastare in modo efficace il crimine organizzato. Hernandez, da parte sua, ha accusato i gruppi politici a lui rivali, e in particolare l’ex presidente Manuel Zelaya, di aver incoraggiato la carovana. “Ci sono settori della politica che vogliono destabilizzare il Paese, ma saremo decisi e non lo permetteremo“, ha dichiarato. Lunedì, a Esquipulas, 10 chilometri oltre il confine guatemalteco, le autorità del Paese hanno arrestato il portavoce del gruppo, il giornalista ed ex parlamentare honduregno Bartolo Fuentes, con l’accusa di non essersi registrato correttamente agli uffici d’immigrazione. La carovana è stata fatta fermare per un paio d’ore, ma alla fine ha potuto proseguire.
Trump: “Fermateli o ritiro gli aiuti” – La marcia, che è stimata coinvolgere 4mila persone, ha attirato giorno dopo giorno l’attenzione dei media di tutto il mondo. Martedì è intervenuto Donald Trump: il presidente Usa teme che la copertura mediatica incoraggi altri centroamericani ad unirsi al percorso, rendendo più difficile la gestione del loro arrivo quando e se raggiungeranno il confine con gli Usa. Inoltre, la minaccia ai confini rappresenta un ottimo argomento di propaganda in vista delle elezioni di medio termine, previste fra tre settimane. Trump ha dedicato alla questione un gran numero di tweet nelle ultime ore, minacciando di cancellare gli aiuti umanitari ai governi di Guatemala, Honduras e El Salvador se non impediranno ai profughi di proseguire.
“Oltre a interrompere tutti i pagamenti a questi Paesi, che sembrano non avere alcun controllo sulla propria popolazione, devo chiedere in modo deciso al Messico di fermare questo assalto“, ha twittato Trump. “Se non riusciranno a farlo, chiamerò l’esercito e sbarrerò i confini“. E se l’è presa con i democratici, colpevoli a suo dire di opporsi a leggi più severe sull’immigrazione: “È difficile credere che con migliaia di persone a Sud del confine che avanzano senza ostacoli verso il nostro Paese in grandi carovane, i Democratici non vogliano approvare leggi per la protezione delle frontiere. Sarà un importante argomento di campagna elettorale per i Repubblicani!”. Il vicepresidente Mike Pence ha fatto sapere di aver parlato con il presidente del Guatemala Jimmy Morales, incoraggiandolo a scoraggiare i propri connazionali dall’unirsi alla marcia.
Luis Navarreto, honduregno di 32 anni, intervistato dal Washington Post dice di aver saputo della furia di Trump verso la carovana di cui fa parte, ma di non essere spaventato. “Continueremo”, ha detto, “È Dio che decide qui, non Trump. Non abbiamo altra scelta se non di andare avanti”.
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Mondo
Trump ferma gli aiuti militari a Kiev. Zelensky: “Pronto a firmare intesa e tregua immediata”. Von der Leyen: “Piano per difesa da 800 mld”
Politica
Indagini sottratte ai pm, la notizia del “Fatto” al centro dell’incontro Meloni-Anm. I magistrati: “Sconcertati”. Vertice a Palazzo Chigi: rischio trappola per le toghe
Zonaeuro
Qatargate, la procura del Belgio chiede revoca dell’immunità per le eurodeputate Pd Moretti e Gualmini. Che si sospendono dal gruppo Ue
Milano, 4 mar. (Adnkronos) - Milan, Inter e Lega Serie A sono state ammesse come parti civili nel processo abbreviato a carico di 16 persone, tra cui gli ex capi delle curve di Milan e Inter arrestati lo scorso 30 settembre. Le due società sportive e la Lega Serie A secondo la giudice di Milano Rossana Mongiardo sono, in astratto, "soggetti danneggiati" da chi avrebbe messo a rischio la sicurezza nello stadio e non avrebbe rispettato i valori dello sport.
L'udienza di oggi - nell'aula bunker di fronte al carcere di San Vittore - è stata un'udienza tecnica: un imputato ha chiesto di patteggiare, mentre nella prossima udienza - fissata per il 27 marzo - la giudice dovrà decidere se concedere l'abbravviato condizionato all’ascolto di alcuni testimoni. Tra gli imputati del processo a porte chiuse figurano, tra gli altri, Marco Ferdico e Andrea Beretta (quest’ultimo collaboratore di giustizia) per la curva nerazzurra e Luca Lucci capo della Sud milanista, oltre ad altri ultrà accusati a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata ad una serie di reati, tra cui aggressioni ed estorsioni. Associazione con l'aggravante mafiosa per i tifosi interisti alla sbarra.
Islamabad, 4 mar. (Adnkronos/Afp) - Due attentatori suicidi si sono schiantati con auto cariche di esplosivo contro un complesso militare nel nord-ovest del Pakistan, innescando enormi esplosioni. Lo ha riferito la polizia pakistana, precisando che "gli attentatori hanno speronato il cancello d'ingresso del Bannu Cantonment. Successivamente, diversi militanti hanno tentato di assaltare il complesso".
Roma, 4 mar. (Adnkronos) - "Le prime dichiarazioni della Von der Leyen sul programma ReArm Europe che sarà oggetto del prossimo Consiglio Europeo non mi convincono affatto. La Difesa Comune è un obiettivo ragionevole, ma non credo si possa promuoverla semplicemente favorendo la corsa nazionale al riarmo e soprattutto tagliando risorse alla spesa sociale”. Lo scrive sui social il deputato del Pd, Roberto Speranza.
Roma, 4 mar. (Adnkronos) - “Di fronte alla rottura in politica estera dell’amministrazione Trump e dopo tre anni di sforzi per aiutare l’Ucraina, è necessario prepararsi a continuare a sostenere lo sforzo militare di Kiev e dotarsi di strumenti militari per la difesa dei Paesi europei come indicato dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Ma il piano ReArm non deve pregiudicare un salto in avanti in termini di politica estera e di difesa comune da compiere al più presto per rafforzare l’Unione Europea e garantire una vera razionalizzazione della spesa militare”. Lo afferma il segretario di Più Europa Riccardo Magi.
“E rafforzare l’Europa vuol dire anche ribadire i suoi valori fondanti: difesa dello stato di diritto, della democrazia e delle libertà. Ecco perché è importante proprio ora continuare a sostenere militarmente l'Ucraina, anche velocizzando il suo ingresso nell’Unione europea, e non fare passi indietro sulle sanzioni alla Russia”, conclude Magi.
Roma, 4 mar. - (Adnkronos) - E' boom di pellegrini a Roma per il Giubileo ma gli affari per alberghi e strutture ricettive sono inferiori alle aspettative. Questa la fotografia scattata da SoloAffitti, il primo gruppo italiano di consulenza, gestione e tutela della rendita immobiliare. Secondo lo studio, il numero di prenotazioni non è schizzato - come molti avevano previsto- ma è rimasto in linea con lo scorso anno. La crescita dell’offerta – che ovviamente c’è stata - non è stata però finora sostenuta dal previsto aumento della domanda, determinando una dispersione delle prenotazioni tra le diverse strutture e una conseguente riduzione del tasso medio di occupazione degli alloggi, che risulta pari al 70%, il -8% rispetto allo stesso periodo del 2024.
“Abbiamo assistito a un chiaro ‘effetto annuncio’, con un aumento dell’offerta di affitti brevi già diversi mesi prima dell’inizio del Giubileo, – dichiara Silvia Spronelli, CEO di SoloAffitti – ed un aumento dei canoni di locazione residenziale che ha iniziato a manifestarsi ben prima dell’inizio dell’evento stesso. I primi mesi dell’Anno Santo hanno visto un risultato in termini di prenotazioni inferiore alle aspettative, anche se è ancora presto per fare un vero e proprio bilancio. Uno dei motivi di questo andamento è legato alla tipologia di turismo giubilare: molti pellegrini scelgono alloggi più economici o strutture religiose, riducendo l’impatto del Giubileo sulle locazioni turistiche tradizionali.
Chi già affittava il proprio immobile per brevi periodi sta quindi guadagnando meno rispetto all’anno scorso, mentre i proprietari che hanno recentemente convertito le loro proprietà all’affitto breve con l’aspettativa di profitti facili rischiano di vedere deluse le proprie aspettative. Nonostante ciò, i costi degli affitti brevi continuano a lievitare. Con un prezzo medio a notte di 199 euro, in crescita del 5% rispetto all’inizio del 2024, l’affitto breve appare sempre più allettante per i proprietari. Questo fenomeno ha avuto conseguenze dirette anche sul mercato della locazione residenziale: molti proprietari hanno infatti trasferito la propria offerta dal mercato degli affitti a medio-lungo termine a quello degli affitti brevi, in previsione di una maggiore domanda generata dal Giubileo.
Secondo l’indagine di SoloAffitti, il 17,5% dei proprietari che in precedenza affittavano a medio-lungo termine ha scelto di convertire il proprio immobile in affitto breve. Questo ha contribuito ad aggravare l’emergenza abitativa della Capitale, caratterizzata da una domanda in forte crescita da parte di famiglie, lavoratori e studenti, a fronte di un’offerta sempre più ridotta. Questa situazione ha prodotto due effetti rilevanti sul mercato della locazione residenziale. Il primo è l’aumento dei canoni di locazione. Lo squilibrio fra una domanda in aumento e un’offerta insufficiente e in contrazione, ha determinato un aumento dei canoni di locazione fra i più sostenuti in Italia. Con un +13% rispetto ad un anno fa, il canone di locazione medio a Roma ha raggiunto quota 14€ al metro quadro; gli aumenti sono stati più consistenti nelle zone centrali, dove il canone dei bilocali ha superato quota 1.200 euro al mese e quello dei trilocali quota 1.500 euro al mese.
Il secondo è l’aumento della permanenza media degli inquilini negli immobili in affitto. Mentre a livello nazionale la permanenza media di un inquilino nello stesso immobile è pari a 26 mesi, a Roma questo dato sale a 31 mesi. Il timore di non trovare una nuova casa o di dover affrontare un aumento significativo del canone scoraggia molti inquilini dal trasferirsi, anche quando le proprie esigenze abitative cambiano (necessità di un’abitazione più grande, spostamento in un’altra zona della città, ecc.). Questo ulteriore irrigidimento del mercato riduce ulteriormente la disponibilità di alloggi.
L’Anno Santo è però appena agli inizi: si prevede che l’afflusso di pellegrini aumenterà nei prossimi mesi, a partire da marzo, con l’intensificarsi degli eventi giubilari previsti per la primavera. Il picco è atteso durante l’estate, in particolare in concomitanza con il Giubileo dei giovani, che si svolgerà dal 28 luglio al 3 agosto 2025. Se si considerano le zone di pregio (Centro Storico, Prati, Parioli, Flaminio, Pinciano, Trieste) si arriva anche a un aumento del 21% per i trilocali, passando da 1.300 a 1.573. Un bilocale nel 2023 costava 1066, lo scorso anno 1227. Gli aumenti maggiori si sono riscontrati a Monteverde, Aurelio, Monte Mario, Trionfale: qui per un bilocale si è passati da 917 a 1214 con un rincaro del 32%. Un trilocale nel 2023 costava 1.167 e lo scorso anno si è arrivati a 1.514.
“Quello che auspichiamo – sottolinea Spronelli - è che gli immobili in precedenza sfitti, entrati nel mercato della locazione breve grazie al Giubileo, possano, al termine dell’evento, essere destinati alla locazione residenziale, contribuendo a riequilibrare una situazione che vede una grande richiesta di case in affitto a medio-lungo termine a fronte di un’offerta insufficiente. Affittare a medio-lungo termine, oggi conviene, grazie a una fiscalità agevolata garantita dalla combinazione fra applicazione della cedolare secca e ricorso al canone concordato. A Roma ci sono, secondo l’ISTAT, più di 330.000 abitazioni sfitte, a fronte di una richiesta di affitti in continua crescita. Spesso i proprietari non affittano o scelgono l’affitto breve per paura della morosità. Da tempo noi siamo impegnati nel dare risposta a questa criticità, attraverso i nostri sistemi di tutela della rendita immobiliare, come SoloAffittiPAY, che annullano il rischio di morosità”.
Tel Aviv, 4 mar. (Adnkronos) - Un uomo armato è stato ucciso a colpi di arma da fuoco dopo aver sparato alle forze israeliane di stanza al checkpoint di Homesh in Cisgiordania. Lo ha riferito l'Idf, aggiungendo che nessun soldato è rimasto ferito.
Roma, 4 mar.(Adnkronos) - Prosegue il viaggio itinerante della campagna antiviolenza di Rai Radio 1 e Gr 'Come un’onda - Contro la violenza sulle donne'. Prossima tappa a Sassari, il 12 marzo nella sede dell’IIS - Polo Tecnico Devilla. A dare il via all’incontro con gli studenti, il direttore Francesco Pionati e l’ideatrice e coordinatrice della campagna Elena Paba. In apertura, la squadra Rai mostrerà al pubblico di studenti e docenti il video dell’incontro al Quirinale con il presidente Sergio Mattarella e farà ascoltare il messaggio inviato da Papa Francesco: segno del consenso istituzionale unanime intorno all’iniziativa che va avanti ormai da oltre un anno e sta raccogliendo sostegno in tutto il Paese.
Numerosi gli interventi, in presenza e online, previsti presso l’Auditorium del Polo Tecnico a partire dal racconto degli inviati sul territorio con la Tgr Sardegna. Ad aprire il dibattito la testimonianza di Gino Cecchettin, presidente della Fondazione Giulia Cecchettin, il contributo della costituzionalista Carla Bassu e la testimonianza di una donna vittima di violenza, raccolta dalla capo redattrice centrale del Giornale Radio Rai Carmen Santoro. A seguire, i racconti delle detenute Giovanna, Lucia e Catia, rispettivamente dalle carceri di Catania e Secondigliano.
Eleonora Sanna, psicologa e responsabile del progetto Aurora del Centro Antiviolenza di Sassari, interverrà su 'Il sommerso della violenza', ovvero tutto il lavoro 'invisibile' e complesso che i centri antiviolenza portano avanti in mezzo a tante difficoltà. Un tema, questo, su cui interverranno anche Patrizia Desole del Centro Antiviolenza di Olbia, la psicoterapeuta Carla Concas, Francesca Marras, responsabile Cav Donna Eleonora e la psicologa Laura Cossu. Sabrina Mura, avvocata, affronterà il delicato tema di immigrazione e tratta delle donne. Lo sguardo, poi, si allargherà sul mondo con l’intervista (trasmessa in collegamento) all’attivista Parisa Nazari del movimento italo-iraniano Donna, Vita e Libertà. Inoltre, sarà trasmessa l’intervista realizzata da Elena Paba a Caroline Darian, figlia di Gisele Pelicot, testimone di un caso che ha scosso l’opinione pubblica mondiale.