Sport

Mondiali volley, Francesca Piccinini a 16 anni dal suo mondiale: “Come noi, questa squadra ha fatto innamorare l’Italia”

La schiacciatrice rivive oggi da spettatrice molte di quelle sensazioni del 2002 a Berlino, quando la pallavolo femminile per la prima volta salì sul tetto del mondo: "Il senso di rivalsa delle ragazze è molto simile. E come allora, hanno ribaltato tutti i pronostici. Ora c’è un ultimo ostacolo da superare per entrare nella storia"

“Un ultimo ostacolo da superare per entrare nella storia”. Di mondiale lei ne ha già vinto uno, ma l’attaccamento alla maglia azzurra è rimasto. Per vent’anni Francesca Piccinini, 40 anni a gennaio, schiacciatrice della Igor Gorgonzola Novara (in cui militano anche la capitana azzurra Cristina Chirichella e Paola Egonu), è stata una colonna della nazionale di pallavolo. Adesso, al primo mondiale senza di lei, da spettatrice rivive molte di quelle sensazioni vissute nel 2002 a Berlino, quando le azzurre di Marco Bonitta battendo gli Stati Uniti al quinto set e si aggiudicavano il primo mondiale dell’Italia femminile.

Piccinini, cosa prova guardando le ragazze di Davide Mazzanti?
Sicuramente provo orgoglio ed emozione. Quella maglia azzurra l’ho indossata per oltre vent’anni e comunque ti rimane sulla pelle. Sono davvero fiera di quanto stanno facendo le ragazze e del lavoro di Davide Mazzanti, sono stati ribaltati tutti i pronostici e l’Italia si è messa alle spalle formazioni assai più quotate come Cina, Usa, Russia, Brasile. Ora c’è un ultimo ostacolo da superare per entrare nella storia.

Riscopre qualche sensazione vissuta nel 2002 in Germania?
Il senso di rivalsa vissuto dalle ragazze simile a quello che accompagnò noi. Come noi sono partite in sordina, con le attenzioni rivolte altrove e poi una partita dopo l’altra, una vittoria dopo l’altra, sono riuscite nella doppia impresa di arrivare in finale e di far innamorare un’intera nazione. Chiedete a delle persone a caso se conoscono e apprezzano la nazionale femminile di volley e praticamente tutti vi diranno di sì. Appena un mese fa il risultato sarebbe stato molto diverso.

Quale nazionale era quella del 2002?
Era un gruppo unico, eccezionale, compatto e capace di trovare sempre delle risorse per venire fuori dalle difficoltà. Siamo riuscite a vincere i Mondiali ponendoci l’obiettivo di guardare un passo alla volta il nostro cammino e non il traguardo finale e credo che questo sia stato il segreto anche di questa nazionale. Quando sei una formazione “outsider” può essere un’arma importante: nessuno ti considera nei pronostici e tu per primo non ci pensi al risultato finale, ti concentri di volta in volta sul prossimo avversario mantenendo i piedi per terra.

Trova delle affinità o delle differenze tra voi e loro?
Difficile dirlo, per tanti motivi. Il gioco si è evoluto molto in questi 16 anni e le atlete che compongono questa nazionale sono sicuramente diverse da quelle del 2002, prese singolarmente, ma anche come collettivo. Non vivendo dall’interno la situazione non so come sia il gruppo ma se c’è una cosa che sicuramente abbiamo in comune, noi del 2002 e loro, è il carattere. Quello che mi auguro è che si possa avere in comune anche l’epilogo.

Come guarderai la finale?
Domenica mattina mi alleno con le compagne, a Novara, ma per fortuna a mezzogiorno finiamo. Giusto in tempo per metterci davanti alla Tv a fare il tifo. Magari la guarderemo tutte insieme negli spogliatoi, non abbiamo ancora deciso.

Che caratteristiche ha la Serbia?
È una formazione fortissima, non per niente considerata tra le favorite già alla vigilia del Mondiale da molti addetti ai lavori. Possono contare su un opposto eccezionale, come Boskovic, ma anche su un collettivo equilibrato in cui spiccano delle attaccanti molto forti sia in posto 4, come Mihaijlovic, sia al centro, come Rasic e Veljkovic che presto ritroverò come compagna qui a Novara. Sono fortissime ma credo che si possa riuscire nell’impresa di strappar loro la vittoria.