Le lobbies dell’acqua minerale e delle bevande contro il nuovo design delle bottiglie di plastica che vorrebbe aumentarne la riciclabilità. I vertici delle multinazionali Coca-Cola, Danone, Nestlé e PepsiCo hanno scritto una lettera, che ilfattoquotidiano.it ha potuto visionare, indirizzata ai ministri europei chiedendo un dietrofront sulla misura relativa ai tappi delle bottiglie di plastica contenuta nella direttiva su quella monouso attualmente in discussione al Parlamento europeo. Una norma vincolante e obbligatoria che, se approvata, prevederà l’addio alle bottiglie così come le acquistiamo oggi, con il tappo separato e staccabile. Dovrà invece essere attaccato al contenitore in plastica. Un cambio che, secondo i giganti delle bevande, avrebbe alti costi e non altrettanti vantaggi rispetto ad altri sistemi già diffusi in alcuni Paesi europei.
LE RAGIONI DELLA NORMA – La proposta comunitaria è molto ambiziosa, ma è considerata anche necessaria per prevenire l’inquinamento da plastica e migliorare il tasso di riciclo. I tappi, infatti, si ritrovano spesso come rifiuti separati dalle bottiglie e possono essere interamente ingeriti da animali marini. Sono inoltre tra i primi 10 rifiuti in plastica monouso più frequentemente trovati sulle spiagge. Sono al settimo posto in base ai dati raccolti sulle spiagge italiane da Greenpeace con il progetto ‘Plastic radar’ durante l’estate 2018 e all’ottavo secondo i dati della stessa Unione europea. L’idea della Commissione europea di prevedere la vendita di sole bottiglie col tappo attaccato (si vuole replicare quello che avviene con la linguetta della lattina in alluminio) prevede che bottiglie e tappi siano prodotti con lo stesso tipo di plastica, cosa che oggi non avviene per la stragrande maggioranza delle bottiglie in commercio, che sono generalmente in PET, mentre il tappo è in HD-PE, ossia polietilene ad alta densità, un polimero termoplastico ricavato dal petrolio.
LE PROPOSTE DEI GIGANTI – Nella lettera inviata ai ministri le multinazionali propongono alcune alternative alla misura. Chiedono, per esempio, che si investa in sistemi di DRS (Deposit Return Schemes), quelli già presenti ed efficaci in tante nazioni europee (tra cui Germania e Norvegia). “I dati disponibili – scrivono le aziende – mostrano che schemi di raccolta performanti per bottiglie di bevande, piuttosto che la restituzione dei depositi (Germania) o i sistemi di responsabilità estesa del produttore (Belgio) sono la migliore garanzia per evitare il fenomeno dell’abbandono di bottiglie e tappi”. Come funzionano? Con il deposito su cauzione, per esempio, insieme al costo del prodotto il consumatore paga una somma che si vede restituire da macchine automatiche quando restituisce le bottiglie di plastica dopo l’utilizzo. “Ci impegniamo a monitorare e segnalare la proporzione di massimali restituiti con nuove tecnologie di misurazione in almeno 2 Paesi (ad esempio, Paesi Bassi e Germania) – propongono le multinazionali – entro marzo 2019 per dimostrare l’efficacia di tali schemi”. Se i dati mostreranno che vengono raccolti meno del 95% di tappi, le aziende si impegnano poi – eventualmente con incentivi finanziari – a lavorare a un nuovo software per le macchine automatiche “per garantire che i consumatori restituiscano i tappi con la bottiglia alla fine del 2021”. La responsabilità estesa del produttore (o EPR) implica invece che quest’ultimo abbia, appunto, la responsabilità anche della fase post-consumer, ovvero dell’intero ciclo di vita del prodotto, in particolare per il ritiro, il riciclo e lo smaltimento finale. Anche in questo caso, le aziende assicurano il massimo impegno e, ad esempio, l’introduzione di soluzioni digitali che offrano ai consumatori chiari incentivi per smaltire in modo efficiente bottiglie e tappi. Le aziende chiedono la possibilità di verificare l’efficacia di queste proposte e si danno un termine, la fine del 2021.
LA NECESSITÀ DELLA MISURA – Ma perché è invece tanto importante la norma che prevede il nuovo design per le bottiglie? “L’uniformità di materiali – spiega a ilfattoquotidiano.it Giuseppe Ungherese, responsabile della Campagna Inquinamento di Greenpeace Italia – aumenterebbe ancora di più il tasso di riciclo e consentirebbe di sviluppare delle filiere dedicate al recupero del solo PET che potrebbero tornare ad essere di nuovo bottiglie una volta riciclate”. Oggi questo non avviene visto che, in Italia, nella raccolta differenziata non separiamo i tipi di plastica (né tantomeno i tappi dalle bottiglie) e, una volta raggiunti gli impianti di riciclo, il mix di plastiche riciclato viene spesso utilizzato per produrre altri oggetti in plastica, come sedie piuttosto che tavoli da giardino, ma piuttosto raramente torna ad essere bottiglia per l’acqua o per le bevande. E le proposte delle multinazionali? “La restituzione dei depositi – replica Ungherese – non solo è già diffusa in diversi Paesi, ma è un sistema cui si dovrà in ogni caso ricorrere in tutta Europa”. Questo qualora venga approvato l’articolo della proposta di direttiva europea che prevede un tasso di raccolta differenziata del 90% per le bottiglie in plastica entro il 2025. “La lettera inviata dalle multinazionali – commenta Ungherse – rivela l’ostinata opposizione verso questa misura, proprio da parte delle quattro aziende i cui prodotti si trovano poi con maggior frequenza e in tutto il pianeta, tra i rifiuti abbandonati, come dimostrato da un recente report di Greenpeace”.
IL CASO DELLE BIOPLASTICHE COMPOSTABILI – Ma la questione dei tappi non è l’unica a destare qualche perplessità nell’ambito della discussione sulla direttiva europea sulla plastica monouso. Nell’impianto originario della normativa le bioplastiche, per i loro noti problemi di degradabilità in natura (analoghi alle plastiche tradizionali) e perché costituiti in gran parte da plastica derivante dal petrolio, erano incluse tra i tipi di plastiche da bandire. “In questi giorni però sono oggetto di numerose proposte di emendamenti da parte di europarlamentari italiani (bipartisan) per escluderle dalla direttiva”, spiega Ungherese. Elisabetta Gardini, Giovanni La Via, Nicola Caputo, Massimiliano Salini, Giuseppe Ferrandino, solo per citarne alcuni. Perché gli europarlamentari italiani sono particolarmente contrari all’inclusione delle bioplastiche nella nuova direttiva europea? “Su questa diatriba – conclude Ungherese – il ministro dell’Ambiente Sergio Costa ancora non ha espresso un parere e nemmeno esiste una posizione chiara da parte del nostro governo”.